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La minaccia neonazista e suprematista e l’informazione a targhe alterne

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Torniamo a piangere nuove vittime innocenti dell’odio antisemita, religioso e razzista. Il killer della sinagoga di Halle, nella Germania orientale, aveva pianificato una strage e, grazie a Dio, l’obiettivo di un massacro di molte persone, soprattutto di molti ebrei, non è stato raggiunto, ma due morti e diversi feriti sono comunque già troppi. Semplicemente, quelle due persone non meritavano di morire così, per mano di un ventisettenne neonazista affamato di sangue. Stephan Balliet, l’autore dell’attacco, ha preso di mira, oltre alla sinagoga, anche il cimitero ebraico ed un negozio turco di kebab, rivelando disprezzo per la vita umana e finanche rancore nei confronti dei morti. Sin da subito è apparsa chiara la natura neonazista ed antisemita dell’attentato, e giornali e televisioni, doverosamente e più che giustamente, non hanno esitato nel descrivere tutte le infauste posizioni ideologiche del killer. Prima fra tutte, quella secondo cui gli ebrei sarebbero il male assoluto del mondo. Qui su Atlantico abbiamo le idee piuttosto chiare in merito al neonazismo e all’antisemitismo. Sono cancri da estirpare, e chi si richiama a queste terribili ideologie, deve essere isolato e stigmatizzato politicamente, se non commette reati, mentre deve essere assicurato alla galera se nuoce all’incolumità altrui. È giusto chiamare le cose con il loro nome e guai ad ignorare la minaccia rappresentata da pochi, ma pericolosi infatuati, ancora oggi, di una delle più sanguinose vicende politiche del Novecento.

La minaccia neonazista o suprematista è reale, ed oltre a quanto accaduto pochi giorni fa in Germania, lo abbiamo già tristemente constatato tramite il norvegese Breivik, la strage di Christchurch in Nuova Zelanda e i fatti di sangue avvenuti negli Stati Uniti. Mai infilare la testa nella sabbia di fronte ai seminatori di morte, qualunque sia la loro natura politica o religiosa, pertanto sarebbe opportuno che determinata informazione usasse la medesima chiarezza, ed appunto, chiamasse le cose con il loro nome, anche quando si trova a riportare e analizzare crimini compiuti da singoli o gruppi appartenenti al fondamentalismo islamico. Gli integralisti musulmani, nelle loro varie forme e organizzazioni terroristiche, sono, o dovrebbe essere già assai nota la cosa, l’altra faccia della stessa medaglia in cui compaiono Breivik, Balliet ed altri invasati. Come o anche molto peggio degli estremisti bianchi, cercano lo sterminio di massa, soprattutto di innocenti, sono portatori di morte e il razzismo esasperato è di casa presso i soldati di Allah. Chi non è con loro è un cane infedele, e se questo non è razzismo, non sapremmo sinceramente come definirlo in altro modo. L’intenzione è quella di piegare tutto il mondo al loro oscurantismo e l’odio verso gli ebrei è atavico e viscerale.

Tuttavia, alcuni responsabili dell’informazione, se non tentennano nel descrivere, doverosamente ribadiamo, un attacco armato ad opera di estremisti “bianchi”, faticano invece a raccontare la vera natura di un crimine perpetrato da terroristi islamici. Si cerca perlomeno di ritardare la vera notizia, provando nell’immediato a scrivere di non meglio definiti ribelli, provenienti da chissà quale parte del mondo, di guerriglieri, di lupi solitari o di disagiati mentali. La scusa della follia torna sempre utile per confezionare notizie e processi. La matrice religiosa degli attentatori, se arriva, arriva molto in ritardo. L’informazione è obbligata a raccontare il male, ma solo i professionisti seri del settore lo presentano in tutte le sue reali sfaccettature.

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