Qualche giorno fa il presidente francese Macron ha affermato, senza peli sulla lingua, che “la Nato si trova in uno stato di morte celebrale”.
Un’affermazione durissima, figlia anche delle divisioni che l’Alleanza Atlantica ha mostrato davanti all’incursione turca nel nord della Siria. La Francia, come l’Italia, ha duramente criticato quella operazione, mentre il presidente americano Trump l’ha sostanzialmente sostenuta. Erdogan, da parte sua, ha poi utilizzato le stesse parole di Macron per sostenere che in “stato di morte celebrale” si trova il presidente francese e non la Nato. Affermazione che ha portato alla convocazione dell’ambasciatore turco a Parigi.
La durissima presa di posizione di Macron sulla Nato, per alcuni, potrebbe anche essere giustificata. È infatti dalla fine della Guerra Fredda che la Nato cerca una nuova anima e, purtroppo, non sono bastate le numerose campagne contro il terrorismo islamico e gli allargamenti ai Paesi dell’Europa orientale per mettere d’accordo tutti i partner dell’Alleanza. Macron ha quindi ragione? No e, al contrario, quanto da lui affermato è drammaticamente pericoloso.
Chi come Macron propone nei fatti il superamento della Nato sogna la creazione di una difesa europea sostanzialmente guidata proprio da Parigi. Un vecchio sogno francese che, nel corso delle varie Repubbliche, non è mai tramontato. Fondamentalmente la Francia si vede ancora come un impero e, naturalmente, è portata alla ricerca di una egemonia continentale. Purtroppo per Parigi, la creazione di un esercito europeo veramente efficace è destinata a restare un sogno. Ciò perché, al di là delle unioni monetarie, i Paesi europei sono prigionieri di geopolitiche molto diverse. Ergo, nonostante le convergenze sviluppate durante gli anni, restano comunque guidati da interessi nazionali diversi e talvolta addirittura contrapposti. Basti qui menzionare proprio quelli di diversi Paesi dell’Europa orientale che, dopo decenni di comunismo, ora sono quasi totalmente impegnati a contrastare la rinascita della Russia, entrando così in contrasto con i Paesi europei della sponda sud del Mediterraneo e con la stessa Germania, a parole capofila del contrasto a Putin, ma nei fatti economicamente fortemente legata a Mosca.
Ecco allora che proprio la Nato resta il solo bastione capace di unire insieme tutte queste geopolitiche differenti. Proprio la guida americana dell’Alleanza – ovvero di un attore estraneo al continente europeo – garantisce la capacità dell’Alleanza Atlantica di mettere intorno allo stesso tavolo attori estremamente diversi. Una guida esterna che, però, ha con i partner membri della Nato una forte comunanza di valori, la sola vera garanzia della tenuta di questa alleanza (senza valori comuni, infatti, nessuna alleanza è destinata a durare veramente nel tempo). Con tutti i suoi limiti e le sue divisioni interne, la Nato resta quindi un pilastro insostituibile per tenere insieme l’Occidente, un pilastro che, una volta tirato giù, nessuno sarà più in grado di rimettere insieme.
Ovviamente, questo pilastro ha bisogno di manutenzione e di ritrovare un’anima. È chiaro a tutti che la lotta al terrorismo non basta più, perché il mondo fatica a trovare una definizione univoca di terrorismo. La Turchia, partner geograficamente prezioso della Nato, ha una definizione di terrorismo diversa da quella francese e anche italiana, includendo gruppi curdi siriani, indirettamente legati al PKK turco. La Russia stessa sembra essere un nemico comune debole. Un po’ per necessità energetiche, ma anche per visioni ideologiche diverse, davanti al pericolo russo non si riesce a creare un’anima forte per tenere insieme tutti i membri della Nato. Come suddetto, sulla Russia le preoccupazioni dell’Italia e della Germania non possono certamente essere quelle della Polonia e della Repubblica Ceca.
Ovviamente, nonostante tutte le differenze, la Nato deve restare ferma nelle sue posizioni di contrasto al terrorismo e alle interferenze russe in Occidente. Su questo non è possibile abbassare la guardia. Allo stesso modo, è sulla Cina e sull’Iran che la Nato deve concentrare le sue strategie future, per cercare di trovare un’anima comune. Contrastare la nuova Via della Seta, infatti, deve essere una priorità geopolitica di tutto l’Occidente, al fine di impedire che si crei un earthland – una isola-mondo – a guida cinese, in grado di assorbire praticamente tutta l’Eurasia (Russia compresa) e penetrare nel Mediterraneo. Contrastare l’Iran khomeinista può essere un obiettivo comune non solo per bloccare la nuova Via della Seta, che include anche Teheran, ma anche per unire tutti i partner contro un attore che non solo finanzia il terrorismo e intende sviluppare l’atomica, ma che ha come preciso scopo quello di esportare la rivoluzione islamica, proprio per abbattere i valori occidentali su cui la Nato si fonda.
È tempo di andare oltre le esitazioni e proteggere veramente l’unica alleanza militare capace di andare oltre le barriere geografiche e geopolitiche. Se la Nato è in stato di “morte celebrale”, serve allora fare un miracolo e impiantarle un nuovo cervello, se necessario. Come suddetto, una volta caduto questo pilastro, nessuno potrà sostituirlo e allora le forze esogene e divergenti rischieranno davvero di creare una implosione imprevedibile all’interno dello stesso Occidente.