Dall’account Twitter dell’ambasciata d’Italia in Iran apprendiamo che lo scorso 8 dicembre, l’ambasciatore Perrone ha incontrato Mohammad Bagher Qalibaf, speaker del Parlamento iraniano e possibile prossimo candidato alla presidenza della Repubblica Islamica nel 2021. Nel tweet, l’Ambasciata d’Italia ringrazia per l’incontro che, riferisce, è stato caratterizzato da spirito amichevole e volontà di aumentare la collaborazione bilaterale.
In un tweet, però, non si può raccontare chi sia Qalibaf. Per prima cosa, l’attuale speaker del Parlamento iraniano è stato sindaco di Teheran, ma soprattutto un comandante Pasdaran e manager director della holding principale delle Guardie Rivoluzionarie, la Khatam al-Anbia, che controlla una buona parte dell’economia nazionale. Non serve nemmeno riportare le posizioni politiche di Qalibaf. Qui basti sapere che, mentre da Roma la Farnesina sostiene gli Accordi di Abramo, Qalibaf li ha duramente attaccati, bollandoli come un tradimento dell’islam.
Vediamo ora cosa la stampa iraniana ha riportato dell’incontro. Secondo Tasnim News, Qalibaf si è lamentato con l’ambasciatore italiano del recente comunicato del gruppo E3 (Francia, Germania e Gran Bretagna), in cui veniva espressa preoccupazione per la recente legge del Parlamento iraniano in cui viene chiesto di aumentare il livello di arricchimento dell’uranio e di sospendere le ispezioni dei tecnici dell’Aiea ai siti nucleari iraniani.
Qalibaf ha respinto le accuse del gruppo E3 e chiesto all’Italia di “non permettere ai tre Paesi europei di adottare posizioni per tutta l’Europa”. Apparentemente, sembra che Teheran veda nell’Italia l’anello debole dell’Europa, sulla scorta di quanto affermato da Rouhani nel 2013 quando, ricevendo l’allora ministro degli esteri, Emma Bonino, disse che Teheran vedeva nell’Italia la “porta d’ingresso verso l’Europa”.
L’incontro tra Perrone e Qalibaf arriva poche ore dopo la videoconferenza tra il segretario generale della Farnesina Elisabetta Belloni e il vice ministro degli esteri iraniano Araghchi. Anche in questo caso, i temi principali sono stati le relazioni bilaterali, il nucleare e solo alla fine il tema dei diritti umani. È abbastanza probabile che il meeting tra Perrone e Qalibaf sia stato la naturale prosecuzione della videoconferenza tra Belloni e Araghchi.
Che il tema dei diritti umani fosse in fondo all’agenda della Belloni non sorprende. È in corso una campagna mondiale per salvare la vita al ricercatore medico Ahmadreza Djalali, ingiustamente condannato a morte con la falsa accusa di spionaggio, in realtà per non aver voluto diventare un agente dell’intelligence iraniana in Europa. Vogliamo credere che il tema sia comunque entrato nella conversazione, anche perché – almeno per una volta – la Farnesina ha pubblicato un comunicato ufficiale per esprimere preoccupazione per la possibile imminente esecuzione di Djalali. Visto il comunicato ufficiale, tra i messaggi dell’ambasciatore italiano a Teheran ci sarebbe dovuto essere quello di esprimere ufficialmente l’insoddisfazione del capo della Farnesina per la vicenda. Così, almeno pubblicamente, non è stato.
Se ha dimenticato i diritti umani, l’ambasciatore Perrone si è ovviamente ricordato dei rapporti economici. Il 20 novembre scorso, infatti, si è tenuto un business forum tra Italia e Iran, promosso anche dall’ambasciata italiana a Teheran, con la partecipazione di oltre 130 rappresentanti economici di piccole e medie imprese italiane.
Ancora una volta, come nel 2015, Roma sembra accelerare i tempi, per provare ad accaparrarsi uno spazio per promuovere relazioni privilegiate con Teheran, probabilmente dando per scontato che sotto la presidenza Biden si riapriranno le porte dell’accordo nucleare e verranno sospese le sanzioni imposte da Trump. Ancora una volta, però, Roma rischia di fare il passo più lungo della gamba, non solo perché il Jcpoa è stato un fallimento e la storia è andata avanti – e anche Biden dovrà tenerne conto – ma anche perché quando le porte verso Teheran erano state lasciate totalmente spalancate da Obama, l’El Dorado iraniano si rivelò un fiasco, con decine di imprese nazionali che hanno rischiato di finire sotto sanzioni americane, per essersi ritrovate inconsapevolmente a fare affari con società legate a doppio filo con i Pasdaran…