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La piazza di Torino e la sentenza di Roma: due strade, un bivio per le opposizioni

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La giornata di sabato scorso sarebbe potuta diventare una delle peggiori per il Movimento 5 Stelle da quando è al governo. Non sarà forse paragonabile alla “Marcia dei 40 mila” colletti bianchi Fiat del 1980, ma sabato, dalla bella manifestazione “Sì Tav” di Piazza Castello a Torino era arrivato un civile e trasversale “vaffa” all’ideologia della decrescita, al regressismo dei cinquestelle. Una piazza senza insegne di partito, ma a cui molti partiti non hanno fatto mancare la loro partecipazione, dal Pd a Forza Italia, per arrivare alla Lega, passando per Fratelli d’Italia. Non una piazza “contro”, ma “per”. Per le opere, per le infrastrutture, per gli investimenti, quindi per il lavoro e la crescita.

L’attesa condanna del sindaco di Roma Virginia Raggi per falso avrebbe potuto rappresentare per il Movimento 5 Stelle un secondo potente schiaffo, che avrebbe potuto portare anche alle dimissioni del primo cittadino della capitale, mettendo in chiara difficoltà il Movimento in vista dell’appuntamento elettorale del prossimo anno. Invece, è arrivata un’assoluzione, che ha in parte oscurato la piazza di Torino e regalato un’immeritata rivincita morale e politica al sindaco Raggi e ai vertici grillini rispetto al “fango” dei mesi scorsi sparato a tutto ventilatore dai loro avversari politici e mediatici.

Anche i cinquestelle si sono resi protagonisti di sciacallaggio politico contro i loro avversari, per qualche esponente, o papà, solo indagato che poi è stato assolto? Certo, ma era un motivo in più per distinguersi da loro… Invece, purtroppo, sembra che fare i garantisti con gli amici e i giustizialisti con gli avversari sia ormai uno sport generalizzato, una tentazione a cui è difficile resistere. Un altro lascito che viene da lontano… Da Mani Pulite, se non prima.

A proposito di giustizia, ora il sindaco Raggi, il suo capo Di Maio e il ministro Bonafede avrebbero materia su cui riflettere: e se la prescrizione fosse stata sospesa dopo il primo grado già nella scorsa legislatura dai loro avversari? La Raggi avrebbe rischiato di passare tutto il mandato, e forse oltre, sotto processo (e gogna mediatica) da presunta innocente.

Roma è sempre più allo sbando, “sgovernata”, il degrado è crescente, di giorno in giorno, ma non si può negare che venga da lontano e che dipenda non solo dai sindaci. L’ordine pubblico, per esempio, è competenza dei prefetti, quindi del Ministero dell’interno. Ma puntare sulla via giudiziaria, sulla demonizzazione dell’avversario, anziché su proposte concrete, si è rivelato ancora una volta miope per l’opposizione, un boomerang nella giornata di sabato e, probabilmente, nelle settimane e nei mesi a venire.

Inoltre, dopo l’assoluzione, i referendum consultivi che si sono tenuti ieri a Roma sul trasporto pubblico locale, sebbene condivisibili nel merito (la messa a gara del servizio), si sono rivelati un altro regalo alla Giunta Raggi e all’Atac, una municipalizzata decotta. Per vincere una battaglia politica non serve solo che le proposte siano “giuste”, ma occorre anche saper scegliere le armi e il terreno di scontro più congeniali. Il flop annunciato dei referendum, per la loro bassissima affluenza, è un altro boomerang che consentirà alla Raggi, ma non solo a lei (anche al Pd, che ha sostenuto i quesiti di Radicali italiani ma che non si è mai sognato di proporre simili soluzioni nei lunghi anni in cui ha amministrato la capitale), di difendere lo status quo.

Molto più che uno schiaffo al Movimento 5 Stelle, quindi, la giornata di sabato può essere vista come una salutare sveglia per le opposizioni su quale strategia dovrebbero adottare. Un buco nell’acqua la scorciatoia giudiziaria accarezzata a Roma, mentre di proposte concrete, e non di manichini o bandiere che bruciano, era animata la piazza di Torino.

Certo, a patto di non banalizzare quella piazza, di non metterle lo stucchevole cappello retorico dell’antifascismo, della “società civile”, della riscossa morale, dell'”Altra Italia”, quella perbene da contrapporre al popolo rozzo e ignorante, sporco e cattivo, che non sa votare.

Le opposizioni sceglieranno la piazza di Torino, le sue idee e i suoi toni, come loro linea? Non ci scommetterei un euro. Ci hanno messo poche ore infatti a tornare al solito copione. Persino un Berlusconi tornato in versione mini-Nazareno, con la sua dichiarazione sul rischio dittatura, riciclando tristemente i logori argomenti dei suoi avversari di dieci o vent’anni fa. La Lega sembra più pronta a farsi interprete di quelle istanze, a farsi forte nella dialettica interna alla maggioranza di governo dell’energia e delle ragioni di quella piazza.

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