La solita doppia morale dei postcompagni che esultano per l’operazione di polizia del pensiero di Facebook

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Sbaglia, di grosso sbaglia chi esulta perché “Facebook uccide i fascisti”, come la chitarra di Woody Guthrie; chi, di fronte alla censura sulle pagine di CasaPound e Forza Nuova sghignazza, ammicca e pensa: tanto meglio, si fa pulizia. Sbaglia perché nella sua superficialità ideologica non vede alcune cose che stanno sotto, particolarmente inquietanti. Sbaglia perché se una azienda privatissima si pone come vetrina disponibile a tutti, l’arbitrio di decidere chi ne è degno a prescindere è a sua volta un fascismo più grande. Sbaglia perché, casomai, certe formazioni debbono essere estromesse con le procedure democratiche, vale a dire con forza di legge, non di pregiudizio social; ma finché queste formazioni vengono regolarmente elette, sia pure in proporzioni minime, e non commettono reati, non può decidere Facebook della loro esistenza. Sbaglia, perché a questo punto, ed è fin troppo facile osservarlo, parità morale vorrebbe venissero oscurati anche siti di intolleranza ideologica inversa, il che quasi mai accade e comunque non in questo modo organizzato, sincronizzato e tempestivo: mentre la sinistra torna al governo, senza titolo elettorale, fortemente contestata da milioni di cittadini che non sono, evidentemente, tutti smaniosi di un improbabile neofascismo. Sbaglia perché se il criterio fondativo è “l’odio”, allora si può discriminare sulla base di una nuvola: come quando difendono l’incredibile uscita del giornalista Rai Sanfilippo con la seguente argomentazione: ma Salvini sparge odio, quindi ben gli sta. Talmente pretestuoso da svuotare ogni obiezione: se uno decide che un altro sparge odio, a quest’ultimo si può riservare qualsiasi trattamento, e sarà sempre meritato. Ecco, la azione moralizzatrice, da santa inquisizione, di Facebook funziona così: qualcuno ha deciso che qualcun altro, e solo lui, “sparge odio”: iuris et de iure, senza prova contraria, quest’ultimo sia maledetto in eterno, la lingua inchiodata al portale. L’odio che gliene viene, non conta: sarà, anzi, ampiamente legittimato da quanti si definiscono buoni a prescindere.

Tra chi esulta, in modo anche scomposto, per l’operazione di polizia del pensiero di Facebook (già, ma chi è Facebook? Chi decide, chi fa partire gli oscuramenti? Non si sa, l’azienda non si dice, bella democrazia) si distinguono marxisti-leninisti veraci come Laura Boldrini e Valeria Fedeli, le quali avvertono: bene ma non basta, subito una legge per impedire a questi soggetti di parlare, di palesarsi, di esistere. Con loro, pseudointellettuali, artistucoli, fanatici, gente che, nel nome dell’antifascismo, non si fa problemi, se è il caso, a sfilare con frange estreme di esagitati da centro sociale anarcoide insurrezionalista, buoni a nulla ma capaci di tutto. È gente nota per la propria tolleranza a senso unico. Come mai a Chef Rubio, cuoco rivoluzionario, che vuole l’estinzione di Israele e l’eliminazione dei sovranisti, nessuno tocca niente? È la prima volta che i postcompagni, sempre un po’ compagni, del Pd e i suoi derivati inneggiano alla totale, incontrollata autorità di una società privata invece di demonizzarla in favore del potere pubblico. Una bella dimostrazione di potenza, senza dubbio: perfino Facebook Italia si adegua ai desiderata del nuovo Politburo. La sinistra in terza media delle Fedeli, le Bellanova, gli Zingaretti (e, invero, moltissimi altri, colti per autodefinizione) si sdegna, minaccia di morte chi si permetta anche la più garbata ironia su abiti da cerimonia o titoli di studio, ma torna sprezzante, volgare se a migliaia esercitano la liturgia sulla quale il populismo socialcomunista si è retto per tutto il dopoguerra repubblicano, vale a dire protestano in piazza: “Ignoranti da terza media, sottosviluppati, decerebrati” sono le attenzioni più delicate, più riferibili lette sui social dai buoni, i restiamo umani, i facciamo rete che non tollerano obiezioni sui curriculum rossi.

Sbaglia chi se la cava osservando che “per qualche fascista in meno su Facebook c’è solo da rallegrarsi”. Non solo perché, dai neofascisti, la censura si va estendendo su chiunque in odor di dissidenza, cattolici non bergogliani, leghisti, sovranisti, conservatori. Ma anche perché questo processo alle intenzioni, alla stessa esistenza “virtuale”, ma neanche troppo, è un vaso di Pandora, difficile da chiudere una volta spalancato. Insomma domani potrebbe toccare anche a loro, secondo il glorioso copione delle purghe sovietiche, cinesi, cambiogane o semplicemente post sessantottine.

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