Una democrazia matura e sana prevede che le principali forze di un Paese, (maggioranza, opposizione, amministratori locali, parti sociali), abbandonino per un periodo l’ordinario confronto politico e costituiscano un tutt’uno di fronte a situazioni emergenziali che sconvolgono la quotidianità di tutti. L’Italia, come è tristemente noto, si trova intrappolata da giorni nella morsa del coronavirus, con un numero esorbitante di contagiati e di vittime, e al momento non si intravede ancora quella famosa luce in fondo al tunnel. Quindi se le opposizioni, Salvini e Meloni in primo luogo, non chiedono, per ovvie ragioni, elezioni subito e dimissioni immediate del premier Conte, non si possono tuttavia nemmeno tacere in assoluto le gravi mancanze dell’azione di questo governo. Una volta terminata l’emergenza sanitaria, e speriamo con tutto il cuore che ciò avvenga molto presto, bisognerà fare i conti con la gestione giallo-rossa. Giuseppe Conte e il resto dell’Esecutivo dovranno rispondere agli italiani di aver alternato, durante un tempo drammaticamente lungo (in piena emergenza una sola settimana può corrispondere ad un’eternità), pericolose sottovalutazioni ad improvvise drammatizzazioni. La comunicazione si è rivelata fallimentare su più fronti, producendo, per esempio, quel disastroso esodo al Sud nella notte fra il 7 e l’8 marzo scorsi.
Non si è trattato di piccoli ed innocenti svarioni, magari possibili in una concitata fase di crisi. Restiamo in allerta anche per il dopo, perché è ormai certo come il Covid-19, oltre a provocare la morte di migliaia persone, stia uccidendo anche l’economia italiana. Non ci sono dubbi, prima viene l’urgenza di fermare questo contagio maledetto e salvare più vite possibili, ma poi bisognerà risollevare un’economia a brandelli, che già non godeva di ottima salute. La crescita quasi impalpabile, le piccole e medie imprese viste come nemiche dallo Stato, il fisco iniquo e la burocrazia, sono brutti aspetti con i quali l’Italia convive da anni, ma se prima dell’esplosione del coronavirus qualche eroe della piccola imprenditoria poteva ancora resistere, d’ora in poi vi potranno essere solo fallimenti e chiusure a raffica, se non giungerà in tempo un’azione forte da parte del governo. Purtroppo, oltre alla solidarietà soltanto di facciata di un’Unione europea più dannosa che utile, questo governo appare inadeguato per le azioni forti in economia, anche a causa dell’impostazione dei partiti che lo sostengono.
Le dichiarazioni di Conte e del ministro dell’economia Gualtieri sulla necessità di aiutare le famiglie e le imprese travolte dal coronavirus non hanno finora né rassicurato e nemmeno generato una qualche fiducia. Intanto, da uno stanziamento iniziale di 7,5 miliardi sono giunti a 25 miliardi, dando indirettamente ragione a Salvini, che chiedeva appunto più soldi. Inoltre, per dare una speranza a chi vede già i propri libri contabili in tribunale, sarebbe opportuno essere un po’ più chiari, ovvero iniziare a parlare di qualche misura specifica e non solo dello stanziamento in generale di una certa somma, che può significare tutto o anche nulla. Non si va nello specifico perché forse manca ancora l’idea di come procedere concretamente. Per dare una minima certezza, anche in un momento come questo, non si può promettere la sospensione, giusta di per sé, di bollette, tasse e mutui, senza assicurare che non ci si troverà nei prossimi mesi a dover pagare in un blocco solo quanto è stato rimandato a causa del coronavirus con tutti gli adempimenti successivi del periodo post-crisi. Sarebbe come dire: “Non ti uccido ora, ma solo fra sei mesi”.