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La transizione green in Costituzione: si prepara un nuovo attacco alle nostre libertà

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Dall’emergenza sanitaria all’emergenza climatica, dalla follia Covid-zero alla follia emissioni-zero. Ogni restrizione in nome dell’ambiente sarà giustificata ora che è in Costituzione

Lo ammettiamo, ammettiamo i nostri limiti: con le nostre forze, su questo piccolo vascello che è Atlantico Quotidiano, non riusciamo a trattare e approfondire tutti i temi che vorremmo, ma cerchiamo nel nostro piccolo di mantenere la rotta della libertà e dei valori occidentali solcando le acque incerte di questi tempi.

Se c’è un tema che abbiamo colpevolmente sottovalutato in questi mesi – e ce ne scusiamo con i nostri lettori – è l’introduzione in Costituzione della tutela dell’ambiente. Arriviamo a danno fatto. Martedì la Camera dei deputati ha approvato la legge di revisione costituzionale che modifica gli articoli 9 e 41 (testi a confronto qui sotto), introducendo, appunto, la tutela dell’ambiente. Si trattava dell’ultima lettura e la riforma è passata con 468 voti a favore e una manciata di astenuti e contrari. Superato il quorum dei due terzi (420), che in precedenza era stato superato anche al Senato, quindi non sarà nemmeno sottoposta a referendum.

Sorprende la leggerezza, la superficialità con la quale deputati e senatori dei partiti di destra, che in teoria dovrebbero essere immuni alle sirene dell’ideologia ambientalista, hanno votato questo testo. Con un’enfasi, nelle loro dichiarazioni di voto finali, degna di una Greta Thunberg, evidentemente non comprendendone appieno le implicazioni. E ancor più grave, senza almeno impedire che il testo andasse a toccare l’articolo 41 della Costituzione, restringendo ancora di più il perimetro, già molto angusto, del diritto di proprietà.

L’iniziativa economica privata è infatti già sottoposta ad ampie limitazioni, non potendo essere “in contrasto con l’utilità sociale” o “recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, concetti vaghi interpretati dal legislatore e dai giudici con la discrezionalità che conosciamo, come si vede ad esempio con il prolungato blocco degli sfratti o nella vicenda Ilva. Ora, altri due limiti, altrettanto vaghi, vengono introdotti: non può recare danno alla salute e all’ambiente. E l’attività economica pubblica e privata dovrà essere “indirizzata e coordinata” dalla legge non solo “a fini sociali”, ma anche a fini “ambientali”.

Insomma, hanno introdotto in Costituzione la transizione green aprendo di fatto e di diritto le porte alle formule più radicali: qualsiasi misura di compressione dell’iniziativa economica privata e, badate bene, anche delle libertà personali, sarà giustificata in nome del “diritto all’ambiente”, inserito nella Carta con pari valore degli altri.

Il nuovo articolo 9 è più declamatorio, ma solo apparentemente meno gravido di conseguenze, come vedremo, laddove si afferma che la tutela dell’ambiente è “nell’interesse delle future generazioni” e si dispone che la legge dello Stato disciplini “i modi e le forme di tutela degli animali”.

Questo intervento di revisione rientra senz’altro nello spirito che permea la nostra Carta costituzionale, per qualcuno “la più bella del mondo” (salvo averla calpestata in ogni modo in questi due anni). La nostra infatti è una Costituzione che a malapena rientra nel solco del costituzionalismo liberale: più che a porre dei limiti al potere del governo e delle maggioranze parlamentari, in modo da tutelare le minoranze e preservare la libertà e i diritti naturali della più piccola minoranza, l’individuo, è il manifesto programmatico di uno Stato etico e pone dei pesanti limiti alle libertà dei cittadini per favorirne la realizzazione. L’articolo 41 ne è una delle più lampanti dimostrazioni e così l’introduzione del limite ambientale. “L’uomo, anche nella nostra Carta, riconosce che sono necessari limiti alla propria azione, pena la catastrofe”, ha twittato il ministro Andrea Orlando, mostrando il completo ribaltamento in atto del senso di una costituzione moderna, il cui scopo dovrebbe essere limitare il potere, non i cittadini.

L’approvazione di questa riforma costituzionale segna in qualche modo il passaggio dall’emergenza sanitaria, in via di esaurimento, all’emergenza climatica. Se in questi due anni le restrizioni che abbiamo subito sono state motivate con la tutela della salute, intesa ovviamente in versione collettivizzata, ignorando la dimensione individuale, ci aspettano nel prossimo futuro, anzi le stiamo già sperimentando, restrizioni motivate con la tutela dell’ambiente. E l’introduzione dell’ambiente in Costituzione, al pari della salute già tutelata, rappresenta una formidabile arma per respingere e, anzi, reprimere, qualsiasi opposizione.

Ovviamente, salute e ambiente sono concetti che si possono portare all’estremo travolgendo tutte le altre libertà e diritti, in teoria almeno altrettanto tutelati dalla Costituzione, come abbiamo sperimentato in questi due anni di pandemia. Abbiamo toccato con mano quanto può essere pericoloso, quanto possa condurre ad esiti paradossali, orwelliani, un approccio “rischio zero” per la salute. Ora, sperimenteremo – e anzi lo stiamo già sperimentando con la crisi energetica in corso – quanto lo sia in relazione all’ambiente: il “rischio zero” per il pianeta, l’obiettivo emissioni zero. Se “la nostra casa brucia”, come ama ripetere Greta, non vorrete mica anteporre i vostri egoistici interessi, i vostri miseri stili di vita, le vostre proprietà, case o auto che siano, le vostre libertà personali, alla necessità di spegnere l’incendio (molto presunto) costi quel che costi?

Il problema è che ogni attività umana, si può sostenere, arreca un danno alla salute e/o all’ambiente. Quasi tutti i piaceri della vita non sono salutari, ma cosa sarebbe la nostra esistenza senza di essi? Da quando l’uomo è sulla Terra trasforma l’ambiente che lo circonda: costruire un ponte, una casa, un gasdotto, ma anche spostarsi, viaggiare, qualsiasi attività umana consuma energia e, quindi, arreca un danno all’ambiente. Anche nutrirsi e vestirsi.

Prendete una bistecca alla fiorentina, riunisce in sé tutte le tipologie di danno: alla salute, all’ambiente e, ovviamente, agli animali (la cui tutela è citata espressamente nel nuovo articolo 9). Ebbene, il consumo di carne potrebbe essere tra le prime abitudini a subire forti limitazioni dando seguito ai principi appena introdotti in Costituzione.

Dunque, si apre una pericolosa backdoor in quello che dovrebbe essere il firewall, il “sistema di difesa” delle nostre libertà e dei nostri diritti naturali. Lo abbiamo visto con l’estensione dell’uso del Green Pass, la nostra è diventata una libertà condizionale: è il governo a concederci o non concederci la libertà di andare in un posto o di svolgere un’attività a seconda di cosa consideri pericoloso per la salute pubblica in un dato momento. Tutto lascia presagire che farebbe lo stesso per tutelare l’ambiente.

Oggi le persone non vaccinate non possono cenare in un ristorante, andare in palestra, alcune nemmeno lavorare e ricevere uno stipendio, perché il governo ha deciso che sono pericolosi per la salute, degli altri e di se stessi. Allo stesso modo si potranno giustificare limitazioni di alcune attività indicate a discrezione dei governi come pericolose per l’ambiente. E ovviamente la discrezionalità è potenzialmente illimitata, si possono presentare come “evidenze scientifiche” anche dei dogmi di fede, come è stato fatto con il Covid. A nostro insindacabile giudizio non rispetta l’ambiente? Non si può fare. Basterà citare il “parere degli esperti” per zittire e vilificare come ignorante, irresponsabile ed estremista qualsiasi dissenso, secondo il nuovo metodo di governo di cui ci ha parlato Max Balestra.

Se il sistema di scambio delle quote di emissioni di Co2 (ETS) sta già producendo i suoi effetti – prezzi dell’energia elettrica e del gas schizzati alle stelle, interi settori produttivi in ginocchio e ulteriore impoverimento della classe media – c’è chi ha già proposto di istituire un mercato delle quote personali di carbonio (personal carbon allowances).

Per raggiungere l’obiettivo emissioni zero entro il 2050, ad ogni adulto verrebbe attribuita a inizio anno una quota di Co2 da “spendere”. Stili di vita, consumi, cibi, uso di auto, treni o aerei, farsi una doccia, qualsiasi attività andrebbe ad erodere la quota personale stabilita a inizio anno. La quota sarebbe anche negoziabile, cioè si potrebbe vendere o comprare. Ed esiste già una piattaforma tecnologica pronta all’uso per la gestione dei nostri crediti ambientali: il Green Pass. Che succede una volta esaurita la quota? La morte civile? Sarebbe del tutto in linea con il dettato costituzionale, così come emendato due giorni fa dal Parlamento.

Non sono fantasie né esagerazioni, la proposta è stata già sdoganata negli ambienti che contano, se ne discute in ambito accademico, mediatico e governativo, è già approdata nei consessi multilaterali come l’ultima Cop26 di Glasgow.

Ci aspetta un mondo in cui i ricchi potranno ancora permettersi di recarsi ai più disparati eventi a bordo dei loro jet privati, acquisendo quote maggiori sul mercato, ai politici e agli alti burocrati saranno riconosciute delle indennità, ma per la maggior parte delle persone diventerà proibitivo farsi una vacanza, possedere una casa o un auto. E un lusso persino mangiarsi una bistecca…

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