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“La trattativa Stato-Islam”: come e perché in Europa è vietato disturbare l’islamizzazione

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Esce in questi giorni in libreria il bel libro della giornalista del quotidiano Il Tempo Francesca Musacchio, “La trattativa Stato-Islam” (Curcio Editore). Un saggio inchiesta coraggioso che dice cose che si pensano un po’ ovunque ma non si ha il coraggio di dire apertamente. Come fu negli anni ’70, quando, a detta di Francesco Cossiga, il governo italiano fu costretto a concedere una sorta di lasciapassare ai terroristi palestinesi su suolo italiano (in un accordo chiamato Lodo Moro), in cambio di una specie di salvacondotto sugli attentati, anche in questi anni potrebbe essere successa una dinamica simile. Non scritta, né detta. Ma tacita. L’Isis, che ha insanguinato mezza Europa coi suoi attentati barbari e disumani, ha risparmiato l’Italia. Solo un caso? Secondo Francesca Musacchio ovviamente no. E però, c’è stato un prezzo da pagare. L’Islam salafita e sunnita, quello più pericoloso, quello legato all’estremismo wahabita, sembra godere in questo paese di una sorta di immunità. Chi vive nelle grandi città, a Roma per esempio, come il sottoscritto, non può non aver notato la trasformazione (per quanto mi riguarda respingente) che alcuni quartieri hanno subito negli ultimi anni. Nella capitale, in particolare, due dell’area est: Tor Pignattara e il Pigneto. Intere strade assomigliano sempre più a Riad che a Roma. E gli odori della cucina mediorientale riempiono l’aria (fortissimi, ad esempio, nei pressi del mercato coperto di piazza Vittorio) e ci proiettano in un altro luogo. Se si trattasse di semplice esotismo estetico, di folklore, il cittadino medio (non consultato da nessuno rispetto a questa invasione pianificata di interi quartieri) potrebbe pure assuefarsi. Purtroppo il prezzo da pagare è e sarà diverso e sempre più terribile. Lo dico da anni ormai, ne va delle nostre libertà personali, faticosamente conquistate in anni e anni di battaglie laiche. L’Islam, lo insegna la storia, ma purtroppo gli ignoranti o quelli in malafede oggi sono tanti, non si è mai accontentato di uno spazietto dove risiedere. L’Islam è una religione tutt’altro che di pace; è conquista e sottomissione, lo dice la parola stessa. Le sue mire in Europa, e non solo, sono talmente evidenti che solo uno stupido potrebbe non accorgersene. Uno stupido o, lo ripeto, qualcuno (e forse più di qualcuno fra i nostri conterranei) in perfetta malafede. Con buona pace degli intellettuali convertiti.

ADRIANO ANGELINI SUT: Partiamo dalle leggi vigenti in Italia. Lei nel libro dice: “Ciò che incuriosisce, però, sono alcuni provvedimenti non presi dai vari governi italiani nel corso di questi anni, come per esempio non sono mai state regolarizzate le posizioni delle moschee illegali o clandestine. La legge sul divieto di portare il burqa in pubblico è stata affossata ancor prima che potesse vedere la luce. Non risultano inchieste giudiziarie sui finanziamenti alle moschee che arrivano, come è noto, da Iran, Qatar, Arabia Saudita e altri Stati della Lega araba e che approdano, in Italia, attraverso un giro di banche che coinvolge tutta
l’Europa”. Sembra davvero poco una svista burocratica. Il governo del cambiamento potrebbe invertire il trend?
FRANCESCA MUSACCHIO: Ogni governo potrebbe invertire la rotta di questo sistema se solo lo volesse. Intervenire su questo tema, però, richiede competenza e soprattutto consapevolezza. Consapevolezza di un problema che esiste e che per troppi anni si è fatto finta di non vedere. La presenza dell’Islam in Italia è un tema scottante e qualunque politico o governo decida di affrontarlo sarà costretto a mettere le mani in una vicenda che ha molteplici connivenze.

AAS: Lei ha avuto modo di confrontarsi con autorevoli esponenti dell’intelligence che per ovvie ragioni non ha citato, e il quadro della presenza islamica e del pericolo terrorismo anche sul nostro territorio che le hanno fatto non è dei più rosei, sembra. Ci vuole spiegare?
FM: Nel mondo dell’intelligence e delle investigazioni in genere sull’Islam, esiste molta consapevolezza del problema. I nostri servizi segreti, così come le forze dell’ordine, monitorano costantemente e in modo incessante la realtà della presenza musulmana in Italia, soprattutto dopo la comparsa dell’Isis. Nessuno ha mai sminuito l’entità del problema, anzi. Purtroppo, però, la politica decide e governa e quindi certe “operazioni” non vengono autorizzate. E così si fa di necessità virtù e si aprono “collaborazioni” con la realtà islamica per carpire quante più informazioni possibili che possano aiutare nell’intercettazione di soggetti a rischio. Il sistema di propaganda online dell’Isis, inoltre, ha dato paradossalmente agli investigatori un aiuto insperato con la possibilità di scovare individui anche insospettabili che altrimenti sarebbe stato quasi impossibile trovare.

AAS: Mi ha colpito molto questa sua affermazione che faccio totalmente mia: “Tra non molto potrebbe comparire un nuovo gruppo, da qualche parte in Medio Oriente, che non si chiamerà Isis o Al Qaeda, ma che avrà gli stessi obiettivi. È nel DNA di una religione che non ha nessuna voglia di evolvere. Forse tra duecento anni, l’illuminismo attraverserà le menti di questa gente. Nel frattempo, l’Occidente e l’Italia saranno destinati a soccombere, sì, perché certe trattative non possono andare avanti per sempre”. Ecco, siamo stupidi, impotenti o in malafede?
FM: Siamo vittime inconsapevoli di un sistema che impone un pensiero dominante. La politica (anche quella internazionale, e quindi non solo quella nostrana) non racconta la verità. Per giustificare i suoi “affari” ci ha fatto credere che deve per forza esistere un mondo globalizzato in cui il sistema di democrazia è unico. Ma questa è una perversione che causa guerre. Il terrorismo di matrice islamista non verrà sconfitto a breve, anzi. Nella vocazione della jihad, il fine ultimo è la conquista e la conversione dell’Occidente infedele al volere di Allah. E non si fermeranno, perché il problema non è rappresentato solo dai miliziani che imbracciano un kalashnikov o dal martire che si fa esplodere. Il vero vulnus è l’islamizzazione dal basso messa in campo da Paesi come il Qatar che con ingenti somme di denaro finanziano l’invasione in Occidente, sotto ogni aspetto.

AAS: La sinistra, che pare abbia un filo diretto più privilegiato con l’Islam rispetto ad altre forze politiche, si diverte ad accusare di razzismo e xenofobia chi pone problemi di sicurezza, di legalità, chi vorrebbe giustamente porre un argine all’immigrazione e io sottolineo in particolare all’immigrazione dai paesi islamici. Ma non eravamo uno stato laico a detta proprio della sinistra? Non si doveva togliere il crocefisso dalle aule? E perché devo consentire a delle ragazzine che nemmeno sanno perché lo fanno di indossare il velo in classe, alle donne di girare coperte in segno di sottomissione al maschio, perché le femministe non si pronunciano mai su queste oscenità? Semplice calcolo politico elettoralistico o fa parte del patto?
FM: É molto più facile accusare qualcuno di razzismo e xenofobia piuttosto che affrontare i problemi e risolverli. Personalmente ritengo che la sinistra abbia sfruttato e alimentato il “patto” anche e, soprattutto, per un mero calcolo elettoralistico. Detto questo, a sinistra manca da parecchio un leader che possa avere una visione da statista, quindi di lungo periodo. In realtà questa figura è assente in generale dal panorama politico.

AAS: Parliamo dei predicatori. Dei predicatori di odio. È curioso sa, in Germania e in Inghilterra, ma pure in Svezia, in questo periodo si preoccupano tanto degli haters sui social, li multano, li puniscono, li vanno a visitare a casa addirittura con la polizia postale (come certe notizie di cronaca hanno dimostrato) non appena qualcuno dice qualcosa contrario al multiculturalismo, al meticciato, e in particolare sui musulmani, e invece si preoccupano molto meno dei veri haters, degli odiatori che dalle moschee arringano i loro poveri adepti che poi un giorno o l’altro si faranno esplodere in qualche centro commerciale o con l’auto uccideranno vite innocenti come a Barcellona, Nizza e via dicendo.
FM: Nei paesi europei, come in Italia, al momento ciò che domina è la paura. Siamo pieni di musulmani e il timore che uno di questi, perché magari si sente vessato in qualche modo, possa commettere atti ostili è davvero grande. Ecco allora che compare il “patto”: per non indispettire i musulmani si preferisce adottare una linea morbida nei confronti della loro presenza sul territorio europeo con moschee lasciate libere di proliferare (anche se in alcuni casi sono contro la legge), accettazione di stili di vita non conformi alla tanto invocata “democrazia” e tanto altro ancora. Persino gli imam salafiti, che nel periodo del Ramadan diffondono il loro credo travestiti da pacifici predicatori, i tabligh, vengono monitorati ma non disturbati.

AAS: Parliamo delle scuole italiane e della presenza degli immigrati e delle ragazze immigrate; degli immigrati in generale e di quelli di religione musulmana. Ci sono tabelle sintomatiche (del Ministero dell’istruzione) nel suo libro, tabelle che sbugiardano tutta la narrazione progressista sulla voglia di integrazione, sugli sforzi che in particolare la comunità musulmana starebbe facendo; una narrazione che smentisce i vari opinion maker lilli-gruberiani. Ce ne vuole parlare?
FM: Il tema delle bambine musulmane è davvero importante, ma non meno di quello dei coetanei maschi. L’integrazione dovrebbe passare, a mio avviso, soprattutto dalla scuola. Esistono, però, classi dove la presenza di bambini stranieri (di varie provenienze) supera la soglia prevista dal Miur. Accade così che la didattica subisce rallentamenti. Ma non solo. Le imposizioni della dottrina islamica prevedono che una bambina, una volta entrata fisicamente nell’età adolescenziale, si copra il capo con il velo e il corpo con abiti consoni ai dettami religiosi. Così facendo si creano disparità, rotture, diversità con le coetanee italiane. Mentre le nostre figlie si aprono ai vezzi femminili propri dell’età che vivono, le altre sono costrette alla mortificazione del proprio corpo. E questo non vuol dire autorizzare la “prostituzione” delle adolescenti. Bensì lasciare spazio alla crescita e al confronto con i propri coetanei. Le ragazze musulmane, dunque, da un certo punto in poi non possono fare certe cose, non possono vestire come le amichette di classe. Non possono, non possono, non possono… perchè Allah non vuole. Con quale stato d’animo possono mai crescere le seconde e terze generazioni? La scelta è tra il rifiuto della propria origine e l’allontanamento dalla famiglia, oppure l’esclusione sociale che certi divieti impongono. E guai ad innamorarsi di un cristiano (questo vale per maschi e femmine)…

AAS: Chiudiamo con la domanda che riporta al titolo del libro. Davvero possiamo parlare di un patto segreto fra Stato Italiano e Comunità Islamica, un patto di non aggressione, diciamo così, in nome di una convivenza che tutti noi sappiamo impossibile?
FM: Quando ho iniziato a scrivere il libro, per prima cosa ho cercato elementi che potessero smentire la mia tesi. Ma andando avanti con ricerche e interviste ho capito invece che qualcosa di vero nel mio “teorema” esiste. Vede, bisogna camminare per le strade delle nostre città per rendersi conto del cambiamento che il tessuto sociale sta subendo. Bisogna vivere nei quartieri dove la presenza islamica è più alta per sentire sulla propria pelle le concessioni di cui godono. Il grido di aiuto che arriva dai residenti che vivono nelle periferie e che devono accettare le moschee nei garage, è ignorato dalle istituzioni. Mi chiedo: come può uno Stato, che si definisce tale, permettere che esista una sacca di illegalità diffusa a scapito dei cittadini?