L’approccio realista di Biden: Kiev sacrificata, spazio ai leader europei

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Che Joe Biden fosse un esperto di politica estera già si sapeva. Vale tuttavia la pena di notare che il suo approccio “minimalista” al problema ucraino è meno disastroso di quanto molti commentatori fanno trapelare. L’anziano presidente Usa ha infatti scelto di mettere sul tavolo parecchie piccole mosse che, forse, hanno indotto Putin a scegliere una strategia meno muscolare. Anche se è presto per dirlo, giacché lo zar del Cremlino ha spesso dimostrato di essere imprevedibile.

Da quanto si capisce la presenza delle truppe russe al confine dell’Ucraina sembra ora meno minacciosa. Biden, come si diceva, ha scelto di muoversi con cautela, inviando piccoli contingenti nei Paesi Nato, pur ribadendo di non essere disposto ad intervenire direttamente in un eventuale conflitto.

Ha però invitato i cittadini americani a lasciare l’Ucraina e, al contempo, ha spostato l’ambasciata da Kiev a Leopoli, che un tempo si chiamava Lwow ed era in territorio polacco, prima che i confini venissero ridisegnati alla fine del secondo conflitto mondiale. Si tratta di una mossa di grande effetto, giacché riconosce che i russi, se solo lo volessero, potrebbero conquistare l’attuale capitale ucraina senza eccessivi sforzi. Un riconoscimento, insomma, della grande forza della ex Armata Rossa, alla quale le forze armate ucraine non potrebbero opporre una valida resistenza.

Biden ha pure lasciato mano libera ai leader europei – e a Olaf Scholz in primis – affinché parlassero con Putin e Lavrov di persona. Altro segnale per far capire agli europei che devono smettere di invocare lo scudo americano e prendersi cura direttamente dei loro interessi.

Il presidente Usa è cosciente che il pericolo principale viene dalla Cina comunista e dal suo proposito di annettere Taiwan, azione che gli Stati Uniti non possono assolutamente permettere pena la perdita della loro – già traballante – egemonia nel Pacifico.

Sa benissimo, inoltre, di essere a capo di un Paese terribilmente diviso, con i Democratici che lo contestano e i Repubblicani in mezzo al guado, in attesa delle prossime mosse di Trump. Nessuno è in grado di prevedere come si presenterà il Partito repubblicano alle prossime elezioni.

Stretti tra la tenaglia di Putin e Xi Jinping, gli Usa altro non possono fare che prendere tempo, sperando che l’asse tra i due autocrati si indebolisca (prospettiva tutt’altro che certa). Viste le loro attuali condizioni, d’altro canto, non possono sperare di affrontare contemporaneamente russi e cinesi, perché rischierebbero di perdere l’influenza che ancora mantengono a livello globale.

Fermo restando che non si può formalmente impedire all’Ucraina di entrare nella Nato, occorre convincere Putin che un’invasione comporterebbe un prezzo troppo alto, anche considerando i sentimenti anti-russi che animano gran parte della popolazione, soprattutto nella parte occidentale del Paese. Putin, che è molto scaltro, deve averlo ha capito. L’Ucraina non è la Bielorussia né il Kazakistan, e l’invasione rischia di essere lunga e sanguinosa. Non si è ancora capito bene cosa Biden possa offrire allo zar, forse un impegno informale a non accogliere Kiev nell’Alleanza Atlantica. Anche tenendo conto della dipendenza energetica dell’Unione europea dalla Federazione Russa.

Magari verrà tutto smentito e vedremo davvero i tank di Mosca dilagare nelle pianure del granaio della ex Unione Sovietica. Ma è un dato di fatto che Biden, forte della sua lunga esperienza in materia di politica estera, ha scelto un approccio realista che potrebbe avere successo.

Resta, sullo sfondo, la grande debolezza della Ue che, ancora una volta, risulta incapace di proporsi sulla scena internazionale come potenza in grado di imporre una sua linea. Né era lecito attendersi altro, visto il modo in cui è nata e si è sviluppata.

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