Una sindacalista grillina dall’immaginifico, non ho detto immaginario, curriculum viene fatta ministro per divisione cellulare e, colta alle prese con una massiccia clonazione di testi della sua tesi, s’indigna si sdegna s’atteggia a martire. Il modo che ha questa Lucia Azzolina di discolparsi è tutto un programma: “Salvini è un ignorante, non ha mai letto un libro, io sono ad Auschwitz loro non ci sono mai andati”. Inferocita, perché chi va a Roma arraffa la poltrona. Tutta qui l’autodifesa? Sì, tutta qui. Naturalmente non possono mancare gli indignati speciali, la banda degli onesti via Twitter, “ah quanto sessismo contro una donna!”, e i dirottatori morali, “e allora i 49 milioni di rubli”?
Questa miracolata di un movimento esoterico risultava pure partecipante a un concorso per dirigente scolastico pur facendo parte della Commissione Istruzione della Camera. Messa davanti alle proprie responsabilità, ha risposto: ma io mi sono fatta il mazzo, ho studiato per anni. È il nuovo concetto di onestà a 5 Stelle: per me garantisco io, capito, nazisti e analfabeti? La supponente Azzolina eredita, a mezzo servizio, il ministero lasciato dal predecessore Fioramonti, uno che in quattro mesi è riuscito a inventare: il venerdì grillino, di sciopero “per il pianeta”, la tassa sulle merendine, la tassa sulle bibitine e infine si è dimesso perché il governo non tassava abbastanza. Dopo, dal cilindro della ditta hanno preso questa fanciulla che continua la radiosa tradizione dei sindacalisti all’Istruzione.
Ha copiato la tesi, la ministra? Il docente universitario, linguista, critico, e autentico ficcanaso Massimo Arcangeli giura di sì e porta riscontri imbarazzanti dei passi controversi, letteralmente succhiati da manuali specialistici; dall’interessata non è dato capire, le smentite sono grillesche, tutta una supercazzolina e c’è chi rispolvera il solito patetico ritornello: per molto meno altrove si dimettono, si sono dimessi. Ma altrove è altrove e qui al limite si può lasciare per faccende deliranti, tipo che non tassano abbastanza il popolo più tassato del mondo; non certo per questioni etiche, specie se si fa carriera sbraitando “onestà”. Basta la parola, come per quel famoso confetto lassativo.
Aspettiamo comunque l’intervento risolutivo del Fatto Quotidiano, che, col consueto puntiglio, ci spiegherà che Azzolina è in regola con la coscienza e con la scienza perché Craxi era un socialista, Berlusconi andava a puttane, Salvini organizza Olocausti, Maria Elena Boschi faceva la rapinatrice di banche e così via… Inoltre, sempre a sostegno di Azzolina, la prescrizione è una barbarie e chi non ha i soldi per pagarsi un avvocato deve finire come Cagliostro, alla rocca di San Leo. Lucia Azzolina non è una paragnosta a 5 stelle, è una Giovanna d’Arco, una Caterina da Siena, una santa Teresa delle fotocopie. E non è giusto sia lei a pagare per tutti: le parole sono pietre, ma il vezzo di scippare parole è talmente diffuso da queste parti che diventa complicato trovare uno in grado di scagliarla, la prima pietra. Ci cascano ministri, filosofi, scrittori, verseggiatori e ricordo un ex direttore di giornale musicale, oggi decaduto, leggendario nello scansionare interi articoli altrui, il quale immancabilmente si discolpava così: “Le parole sono di tutti”. Era diventato una figura mitica e anche la ministra Azzolina passa giustamente in fama di eroina, che fa rima; di perseguitata, perché le hanno fatto il torto di scoprirne l’attitudine clonatoria.
Comportamento che tecnicamente suggerisce un furto: di buona fede, se non altro, perché se fai il ministro su presupposti fittizi è un po’ prendere in giro il Paese intero, per non dire della imprescindibile Costituzione, dove c’è qualcosa che ha a che fare col prestare fedeltà alle istituzioni. Ma quello, volendo, si può evitare di copiarlo. Un po’ patetica, in effetti, anche la forsennata richiesta da parte dei leghisti di immediati chiarimenti in aula: c’è il rischio che la ministra Azzolina porti il discorso di insediamento di Francesco De Sanctis, omologo nei governi Cavour IV e Ricasoli I del Regno d’Italia (1861). Tanto chi se ne accorge.
L’importante è che la nuova ondata è in marcia, la tecnopolitica è una realtà, la Casaleggio è uguale per tutti ma per qualcuno è più uguale e chi si sofferma su dettagli di nessun valore, come una ministra col presunto vizio del copiaincolla, è un disfattista, un sabotatore, diciamo pure un sovranista, che racchiude tutte le nefandezze possibili, e non parliamone più. “È il lavoro più bello del mondo”, ha commentato Azzolina subito dopo aver giurato nelle mani del nostro Mattarella. Forse si riferiva alle tante ore eccitanti spese in biblioteca, a compulsare le fonti.