A lungo abbiamo assistito al dibattito sull’ecotassa voluta dal “governo del cambiamento”. Molto abbiamo discusso, sui pro e sui contro, immaginando quali potessero essere le conseguenze nel breve, medio e lungo periodo. In queste ore, passate due settimane dall’approvazione della legge di bilancio, emergono le prime, vere, criticità.
Dal 14 al 27 gennaio, a Detroit, va in scena una delle più importanti kermesse riguardanti il settore dell’automotive, il North American International Auto Show e, proprio in questa sede, sono stati riscontrati i primi effetti del provvedimento inserito nella neonata finanziaria giallo-verde, i quali non riguardano l’ambiante, bensì il piano triennale da cinque miliardi di investimenti annunciato da Fca lo scorso 30 novembre.
Mike Manley, erede di Sergio Marchionne e nuovo amministratore delegato di Fca, ha dichiarato che – a causa della nuova ecotassa – si troverà costretto a rivedere tale piano di investimenti per l’Italia, riguardante il periodo 2019-2021. Questo, sempre stando alle dichiarazioni del top manager inglese, andrà rivisto insieme al piano di piena occupazione negli stabilimenti italiani entro il 2021, pensato prima dell’introduzione dell’ecotassa (prevista per il primo marzo).
A questo punto la Fiat Chrysler Automobiles (Fca) appare sempre più lontana dall’Italia, il nuovo numero uno – al contrario del suo predecessore – guarda alla nostra penisola senza alcun legame, ragionando esclusivamente in termini di costi e benefici. Sarebbe stato necessario un trattamento diverso da parte del nostro governo nei confronti di un’azienda così importante per la nostra economia, occorreva sin da subito instaurare un dialogo costruttivo.
Adesso speriamo che i nostri rappresentanti non siano costretti a raccogliere i cocci di una situazione gestita male, perché come ha dichiarato Marco Bentivogli, numero uno della Fim Cisl, fare le auto elettriche è la cosa più semplice, ma infrastrutture ed ecosistema per realizzarle e farle funzionare sono in Italia all’anno zero.