Quando mi è stato proposto di riflettere sulle azioni che il prossimo Parlamento dovrebbe mettere in campo per migliorare le sorti del nostro Paese ho pensato immediatamente alla possibilità di dare finalmente attuazione al principio di sussidiarietà orizzontale codificato nel quarto comma dell’articolo 118 della Costituzione repubblicana.
Il mio auspicio, cioè, è quello che in occasione della nuova legislatura i parlamentari, da un lato, possano prendere atto della necessità di liberare tutte le potenzialità che si annidano dentro la società e, dall’altro, possano, una volta per tutte, assumere la consapevolezza che lo Stato italiano nell’attuale declinazione burocratica e amministrativa ha oramai fatto il suo tempo.
L’augurio, in altre parole, è che Governo e Parlamento compiano un gesto di fiducia nei confronti dei cittadini italiani e si convincano fermamente della possibilità di affidare alla cooperazione sociale lo svolgimento della maggior parte delle attività considerate d’interesse generale. La Carta costituzionale offre, a tal proposito, uno strumento il cui utilizzo è stato previsto espressamente quanto meno a far data dalla riforma costituzionale del 2001, ma che, in realtà, si può ben considerare annidato dentro le originarie nome della nostra Grundnorm dal 1948.
Il principio di sussidiarietà orizzontale, infatti, dispone che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà”.
Si tratta, come è facile osservare, di un criterio che dovrebbe guidare l’azione dei pubblici poteri al fine di obbligarli dapprima a stimolare la libera iniziativa di singoli individui e formazione sociali per lo svolgimento di attività di interesse generale e, solo dopo avere registrato il fallimento di tali iniziative, ad intervenire in via diretta per mezzo degli apparati amministrativi o delle organizzazioni comunque riconducibili ai soggetti pubblici.
Le radici culturali del principio di sussidiarietà orizzontale risalgono al pensiero liberale autenticamente inteso e a quello cattolico liberale originariamente espresso nell’Enciclica papale “Quadrigesimo anno”. Queste fondamenta sorreggono la convinzione che l’Autorità pubblica abbia diritto d’intervenire nel concreto svolgimento delle relazioni sociali esclusivamente per sopperire ad eventuali deficit organizzativi dell’iniziativa individuale e di quella delle imprese economiche e delle varie organizzazioni collettive.
Ma quali sono le attività d’interesse generale il cui svolgimento deve essere lasciato, in prima battuta, alla libera iniziativa di singoli, imprese e formazioni sociali?
Forse il principio di sussidiarietà orizzontale deve essere relegato, come è accaduto sino adesso in Italia, alla legittimazione di qualche comitato di cittadini costituitosi per intraprendere autonomamente la pulizia di un parco pubblico, di una piazza o la custodia di un bene d’interesse culturale?
O più correttamente per “attività d’interesse generale” devono intendersi tutte quelle attività, anche di rilevanza economica, che spaziano dall’erogazione del servizio radio televisivo, al trasporto locale e nazionale, alla gestione del servizio idrico, alla raccolta e smaltimento dei rifiuti ed a tutto ciò che può essere svolto anche da un soggetto che non sia pubblico?
Occorrerebbe, in buona sostanza, una legge che elencasse in maniera tassativa le attività propriamente amministrative che dovrebbero essere svolte solo dalle autorità pubbliche (giustizia, difesa, sicurezza e poco altro ancora) e che lascerebbe alla libera iniziativa dei singoli, delle imprese e delle formazioni sociali qualsiasi altra attività di interesse generale, tanto sul piano economico quanto su quello sociale assistenziale, all’interno di una cornice di regole predisposta alternativamente dalle autorità pubbliche o dagli stessi soggetti coinvolti nella cooperazione sociale.
Ne deriverebbe, più nel dettaglio e solo per fare qualche esempio, l’obbligo per tutti i soggetti pubblici di spogliarsi (entro una data fissata dalla medesima legge di attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale) dell’esercizio dell’attività non strettamente amministrative e di conseguenza quello di: privatizzare la Rai TV, affidare in gestione (previa procedura concorrenziale) tutti i servizi di trasporto locali, il servizio idrico integrato, la raccolta e smaltimento rifiuti e tutte le attività che ancora oggi sono esercitate da società a parziale o totale capitale pubblico. Non potrebbero rimanere fuori da questa rivoluzione l’istruzione, la sanità, l’assistenza sociale e persino la realizzazione di comunità urbane su iniziativa privata. Sempre che, è bene ricordalo, gestori e realizzatori operino comunque all’interno di un quadro di norme delineato dall’autonomia privata o, in via sussidiaria, dal legislatore e da tutte le altre amministrazioni regolatrici d’interessi pubblici.
Verrebbe, così, superata (per fare un altro esempio concreto) l’idea, ancora oggi affermata motivatamente dai Tribunali amministrativi, secondo la quale gli affidamenti in house rappresentano una modalità come un’altra per la gestione delle attività d’interesse generale e non già un’eccezione da giustificare in presenza di fattispecie del tutto particolari.
In Italia il dibattito politico non è ancora pervenuto alla determinazione di affidare allo Stato e alle altre amministrazioni la tutela degli interessi generali esclusivamente per il tramite della fissazione delle regole del gioco e non già necessariamente in virtù della gestione diretta dell’erogazione di beni e servizi da parte di elefantiache strutture pubbliche all’interno delle quali il potere politico può dispiegare tutto il suo arbitrio e la fame di clientelismo a buon mercato che da sempre lo contraddistingue.
E’ proprio l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale a potere rappresentare, invece, la dimostrazione tangibile che la classe politica opera per la realizzazione dell’interesse collettivo e non già per la costruzione di strutture di potere (pubbliche amministrazioni e società partecipate) all’interno delle quali spadroneggiare esclusivamente per un tornaconto di casta.
Niente più potere sulla televisione pubblica, niente più potere sulle nomine nei consigli di amministrazione di enti e società partecipate, niente più potere sulle assunzioni di migliaia di dipendenti, niente più potere sulla determinazione del valore di mercato di immobili e terreni, niente più potere sulle destinazione di ingenti risorse economiche, niente più monopolio della produzione normativa.
Una legge d’attuazione della sussidiarietà orizzontale; questo è quello che servirebbe. L’unica legge con un’impronta marcatamente antipolitica che, senza inseguire allo stesso tempo le derive populiste, valorizzerebbe un bene supremo, la libera iniziativa privata.