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L’ennesima iniziativa in nome della “pace” per sostenere, in realtà, la causa palestinese

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Si è svolta ieri, alla Camera, l’audizione dell’ambasciatore dell’Autorità palesinese a Roma, la signora Abeer Odeh, davanti alla Commissione Affari esteri. Il tema era la possibile annessione da parte israeliana di una parte della Cisgiordania, in particolare la Valle del Giordano, che Israele definisce “estensione di sovranità”.

L’ex presidente della Camera Laura Boldrini, oggi deputata del Pd, è intervenuta a sostegno delle posizioni palestinesi, ma ha anche approfittato dell’occasione per annunciare la nascita di un intergruppo parlamentare “per la pace in Medio Oriente”. Sempre con un pathos da prossimo scoppio di una guerra mondiale, ha invitato tutti i parlamentari che hanno a cuore la pace tra israeliani e palestinesi, a prescindere dal loro orientamento politico, ad iscriversi all’intergruppo.

Tutto buono e giusto: chi potrebbe mai schierarsi contro un interguppo che vuole la pace in Medio Oriente? Chi non vorrebbe che si arrivasse alla pace fra israeliani e palestinesi? Peccato però che l’integruppo, in realtà, sia l’ennesima iniziativa della Boldrini per prendere le parti di una sola fazione, quella palestinese.

Il nome stesso dell’intergruppo è fuorviante. Davvero qualcuno pensa che la causa della pace in “Medio Oriente” possa coincidere con l’area del conflitto tra israeliani e palestinesi? Davvero qualcuno pensa, ancora, che la questione palestinese sia la madre di tutti i problemi del Medio Oriente? La pace tra israeliani e palestinesi, per esempio, risolverà il conflitto tra sciiti e sunniti? Il Libano si libererà di Hezbollah e diventerà uno Stato normale? L’Iran la smetterà di riempire di milizie sciite le città arabe come Baghdad, Damasco e Sanaa? Teheran rinuncerà a portare avanti un programma nucleare clandestino e un programma missilistico che minaccia in primis i vicini arabi del Golfo?

Se la questione palestinese ha avuto la centralità che ancora oggi si pretende che abbia nell’equazione mediorientale, è solo per il suo essere funzionale al discorso ideologico anti-occidentale e agli interessi delle potenze regionali. Una narrativa ad hoc, che è servita a distogliere lo sguardo da regimi corrotti internamente, che hanno fondato e fondano tuttora il loro sistema di potere sulla violazione dei diritti umani e dello stato di diritto, o peggio sul terrorismo, e che hanno sfruttato e sfruttano la causa palestinese per aumentare la loro influenza regionale. Il conflitto permanente con Israele è servito e serve ancora oggi a questi attori per giustificare stati di emergenza, repressioni e ingerenze a fronte di un nemico esterno che è di fatto solo immaginato.

Ecco perché l’intergruppo appena formatosi alla Camera è una presa in giro. L’ennesima messa in scena di chi, in realtà, ha già scelto da che parte stare e da parecchi anni. Legittimo schierarsi, ma perché pretendere di rappresentare tutti, di essere gli unici interpreti dell’unica pace possibile?

Se la questione palestinese è ancora aperta, infatti, si deve essenzialmente a tutti i rifiuti degli stessi palestinesi – a cominciare dalla spartizione Onu del 1947, fino all’offerta di pace di Olmert – mal consigliati e mal incoraggiati dai loro sponsor. Il vero nemico della pace nell’area, infatti, ha un nome: Repubblica Islamica dell’Iran. Quella che promuove quotidianamente la distruzione di Israele, che nega la Shoah e, soprattutto, da cui i palestinesi non hanno ancora preso le distanze. Cosa che non ha fatto nemmeno S.E. Aber Odeh, l’ambasciatore dell’Autorità palestinese in Italia, durante l’audizione di ieri, decidendo di non rispondere alle domande dei deputati Billi (Lega) e Orsini (Forza Italia).

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