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L’Europa che odia, o ignora Israele rinnega la sua stessa storia

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Anni fa l’indimenticabile Marco Pannella sosteneva l’ingresso di Israele nell’Unione Europea. Era un’idea bella ed affascinante, più sul piano teorico che su quello pratico e infatti essa è rimasta soltanto teoria. Tutto questo a causa soprattutto dell’UE di allora e di quella attuale che ha subìto ulteriori involuzioni. Un’Unione Europea dedita al piccolo cabotaggio ed incapace politicamente e culturalmente di accogliere un’idea alta come quella pannelliana in merito a Israele. Se otto o nove anni fa le contraddizioni di questa UE erano magari meno evidenti, oggi è abbastanza diffusa la consapevolezza circa gli obiettivi primari delle istituzioni comunitarie e pure delle classi dirigenti di importanti Paesi del Vecchio Continente come Francia e Germania. Non vi è molto spazio per la politica nel senso più nobile di questo termine, per la cultura, per una visione lungimirante del futuro e per quegli Stati Uniti d’Europa sognati da Altiero Spinelli e dallo stesso Pannella. Esiste un nucleo di Paesi più forti che cerca di trarre vantaggio il più possibile dalle debolezze di altri membri UE, fra i quali l’Italia, afflitti da malgoverno e da una cronica fragilità politico-economica.

Un’Unione più del tirare a campare che spinta da grandi principi non può avere la determinazione sufficiente per affrontare una sfida storica come potrebbe essere l’ingresso dello Stato ebraico nella comunità europea. Ma c’è anche dell’altro. Questa Europa di forti sulla tenuta economico-finanziaria di un ristretto club di Paesi, ma debosciati per quanto riguarda la difesa dei valori occidentali di libertà, vuole fare affari a tutti i costi con i principali nemici di Israele, primo fra questi l’Iran degli ayatollah. Questi ultimi hanno un sogno: la cancellazione definitiva dello Stato ebraico. I vertici europei cercano quindi di non essere mai troppo offensivi ed aggressivi verso Teheran e i suoi sodali palestinesi. Non a caso, gli attacchi di Hamas e le frequenti uccisioni di militari e civili israeliani non suscitano grande sdegno pubblico da parte di Bruxelles, ma in compenso le reazioni di Israele sono sempre, chissà perché, sproporzionate. Le colonie israeliane sono un crimine contro l’umanità, ma le impiccagioni e le repressioni varie in Iran possono anche essere ignorate. Che l’UE non abbia seguito Trump nel sostenere Gerusalemme come unica Capitale dello Stato ebraico, non ha destato nemmeno troppa sorpresa perché in coerenza con l’equidistanza vigliacca di chi governa l’Europa in questo tempo.

Sul fronte del business internazionale occorre fare un po’ di chiarezza. E’ possibile fare affari anche con regimi illiberali del mondo musulmano e del resto del pianeta, tuttavia non bisogna mai perdere la dignità. Rimanendo in Medio Oriente le democrazie devono, dovrebbero dire: parlo in nome della realpolitik anche con chi comprime la libertà e non disdegno occasioni di eventuali scambi commerciali, ma sappiate che il mio sistema di valori e le mie radici sono rappresentati dallo Stato liberale e laico d’Israele, non certo dalla teocrazia sciita iraniana e nemmeno, sia chiaro, dalle monarchie sunnite del Golfo. Questa distinzione è netta per gli Stati Uniti e assai più sfumata, purtroppo, per l’Unione Europea.

Infine una certa intellighentia presente in politica, nella cultura e nell’informazione, è mossa da pregiudizi di fondo circa Israele che rasentano l’antisemitismo vero e proprio. Questa componente dell’Europa è persino più insidiosa ed odiosa degli estremismi, rossi e neri, che si dichiarano palesemente anti-sionisti essendo però antisemiti. Almeno gli estremisti sono riconoscibili da lontano, mentre l’intellighentia radical-chic si guarda bene dal riconoscere che in fondo odia questi ebrei che sono riusciti a resistere a storiche e tragiche persecuzioni. Anzi, è in prima linea ad ogni celebrazione della Shoah, salvo poi mettere Israele sullo stesso piano dei suoi nemici terroristi. E’ l’ipocrisia di chi ama tanto gli ebrei soprattutto se sono morti. Gli ebrei vivi invece hanno reazioni sproporzionate oppure hanno istanze che è opportuno ignorare per non farci troppi nemici.

Gli europei, più che ignorare Israele o le arrabbiature di Netanyahu, ignorano anzitutto la loro stessa storia. Lo Stato ebraico ha le proprie radici più in Europa che negli altri continenti. L’odierno Israele è stato formato da famiglie immigrate provenienti soprattutto dal Vecchio Continente. Se l’antisemitismo è un dramma che affligge l’Europa da prima ancora dell’avvento del nazismo in Germania, il Giudaismo ha caratterizzato fortemente l’identità del continente tanto quanto il Cristianesimo e non è un caso infatti che si parli di radici giudaico-cristiane dell’Europa. Proprio tutto il male che è stato fatto agli ebrei prima e durante il nazismo, dovrebbe eliminare ogni esitazione nelle menti dei vertici europei di oggi, democratici e forse “liberali”, sul fronte della doverosa solidarietà verso lo Stato d’Israele.

Theodor Herzl, il padre del sionismo e David Ben Gurion nacquero in Europa e non a Washington o Toronto, ma oggi gli israeliani e gli ebrei in generale si sentono certamente più a loro agio in Nord America che nella parte di mondo ove hanno le radici maggiori. E’ triste doverlo ammettere, soprattutto per chi vive in Europa, ma questa UE, dalla quale è fuggito il Regno Unito, non merita Israele e probabilmente agli stessi israeliani conviene rimanerne lontani.

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