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Libertà individuale contro la “nuova normalità”, una tirannide mascherata dal pandemicamente corretto

Zuppa di Porro: rassegna stampa del 27 novembre 2019

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La pandemia ha smosso gli appetiti di molti, verrebbe da dire, e ognuno – a modo suo – ha cercato di cogliere il momento per una propria affermazione.

Il principio di tutto, dunque, fu il virus come opportunità. Un climax ascendente fatto di dichiarazioni, commenti sui social, costruiti su basi ambigue ove è stato immaginato uno scenario apocalittico dal quale sarebbe sorto un mondo nuovo, un mondo diverso da quello attuale sul quale scaricare ogni colpa: l’uomo è sempre e comunque responsabile, e dalle ceneri della pandemia dovrà sorgere una società diversa, distanziata, misurata (anche nei pensieri), igienizzata e possibilmente ecologista (ammesso che vi sia qualcuno che ami l’inquinamento).

Insomma una società più bella, per così dire, dove Biancaneve è vittima di un “bacio non consensuale” oppure dove si può rifilare un TSO ad un adolescente che rifiuta di indossare la mascherina in classe.

La chiamano “nuova normalità” e ne avevamo già parlato proprio qui su Atlantico Quotidiano.

Concettualmente, di nuovo c’è bene poco. Questa “nuova normalità” è una quotidianità intessuta di concessioni, autorizzazioni, visti, controlli, delazioni, segnalazioni, un ritorno epocale a secoli passati, non un balzo in avanti: ci si è sperticati in affermazioni su come ne “saremmo usciti migliori” ma in realtà ci ritroveremo invorticati in una malcelata tirannia, con uno Stato che ci dice cosa fare, come comportarci, dove andare e dove al contrario non poter andare: nella “nuova normalità” il discorso di fine anno lo terrà direttamente Fedez, accompagnato da uno stuolo di intellò benpensanti, attorcigliati su battaglie per i diritti civili, secondo una retorica trinariciuta ma purtroppo mainstream.

E in questa sagra dal politicamente correttissimo verrà sacrificato il diritto sull’altare dei diritti, con buona pace per le libertà sociali e costituzionali (la tutela del privato in tutte le sue forme, il lavoro, la libertà di pensiero e di parola), e il Ddl Zan è lì a ricordarcelo ogni giorno: la libera espressione delle proprie opinioni sarà filtrata e misurata secondo regole stabilite preventivamente, dunque di libero ci sarà veramente poco e le opinioni saranno confezionate e acquistabili online.

Per questo abbiamo lanciato un manifesto, con una visione schiettamente improntata alla difesa dell’individuo, della libera concorrenza, della proprietà e delle prerogative di ogni soggetto quale cittadino e lavoratore. Eccone il testo già pubblicato su queste pagine qualche giorno addietro:

È una strenua difesa della libertà individuale verso il recupero di quello prerogative di cui siamo stati privati in nome di uno Stato onnipresente, che inchioda in eterno la società a condizioni di dipendenza dalla mano pubblica, ma anche a causa di un’emergenza sanitaria senza fine, che è stata il pretesto di una certa sinistra per sospendere quella Costituzione tanto declamata come “la più bella del mondo” e lanciare un proprio progetto politico.

L’articolo del 3 del manifesto ci ricorda le nostre libertà individuali:

Da uomini liberi, siamo consapevoli che la libertà è innanzitutto responsabilità individuale. Per questo respingiamo la visione di uno Stato che possa surrogarsi alla volontà individuale e che possa eticamente ergersi a buon padre in grado di ‘proteggerci’ dai rischi e dalle connesse responsabilità.

Dunque meno regole, meno burocrazia, meno saggi e guru televisivi con il ditino alzato a raccontarci cosa è moralmente riprovevole: la costruzione di una “nuova normalità” è un passo verso la coartazione degli uomini, e ci avvicina verso la tirannide, mascherata dal pandemicamente corretto quale novello dogma laico, che stabilisce a priori cosa è giusto e sbagliato.

Non esiste una “nuova normalità”, se non nel triviale progressismo di chi guarda al futuro come un mondo in cui poter ingessare il libero pensiero all’interno di steccati (e divisioni) ideologici, dal quale noi certamente ci allontaniamo.