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Libertà, individualismo, architettura: Frank Lloyd Wright tra America e Italia

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Volare alto è facile, quando si organizza una mostra dedicata al genio di Frank Lloyd Wright (1867-1959), l’architetto e progettista statunitense che amava l’Italia, tantissimo. A Torino, la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli presenta fino al prossimo primo luglio l’esposizione “Frank Lloyd Wright tra America e Italia”, a cura di Jennifer Gray. Attraverso fotografie, oggetti, cataloghi, litografie e disegni originali, la rassegna, divisa in sei sezioni, esplora il pensiero di Wright in merito all’architettura organica a partire dal suo primo soggiorno in Italia nel 1910 fino alla sua ultima visita nel 1951, portando l’accento sul suo coinvolgimento nel dibattito architettonico, urbanistico e paesaggistico italiano.

Nato a Richland Center, nel Wisconsin, Wright visitò a lungo l’Europa: stabilitosi per sei mesi a Fiesole, vicino a Firenze, rimase colpito dall’architettura tanto da dichiarare, nel suo saggio “The sovereignty of the individual in the cause of architecture”, che in Italia “non vi è prova più grande di un felice abitare”. Per Wright, i palazzi, i dipinti e le sculture sembrano “nascere come fiori al lato della strada e cantare la loro esistenza”. Il rapporto tra architettura, democrazia e natura, oggetto del saggio, diventerà un tema centrale della ricerca di Wright e influenzerà il dibattito architettonico degli anni a venire. Nel gennaio del 1935, a Torino, il direttore di “Casabella”, Edoardo Persico, tenne una lezione in cui Wright fu assunto ad arbitro della libertà, dell’individualismo e della diversità, mentre alla fine della guerra, nel 1945, Bruno Zevi fondò assieme tra l’altro a Luigi Piccinato, Mario Ridolfi e Pier Luigi Nervi, l’Associazione per l’Architettura Organica, testimonianza formale dell’esistenza di una scuola wrightiana in Italia: Wright rappresentava l’ideale di democrazia e libertà che doveva guidarli nel progetto di ricostruzione del paese.

Al rapporto tra Wright e l’Italia è dedicata la sezione finale della mostra, nella quale è possibile ammirare anche l’unico progetto per l’Italia, mai realizzato: il “Masieri Memorial”, un moderno edificio sul Canal Grande di Venezia, nato per commemorare uno dei suoi discepoli italiani, Angelo Masieri, morto in un incidente stradale in Arizona, dove si era recato proprio per incontrare Wright. Le altre cinque sezioni dell’esposizione indagano alcuni temi della produzione wrightiana. La prima si concentra sulle “Prairie Houses”, case unifamiliari immerse nella natura che hanno reso celebre l’architetto statunitense: a illustrarle, la selezione di litografie del portfolio Wasmuth che Wright completò durante il suo primo viaggio in Italia. La seconda sezione è dedicata alle “Textile block houses”, le case realizzate da Wright a partire da blocchi di cemento. La terza sezione pone l’accento sui rivoluzionari progetti degli anni trenta, come “Fallingwater”, “Johnson Wax Building” e “Wingspread”. A una delle ossessioni di Wright, i grattacieli, è dedicata la quarta parte della mostra: progettati a decine, riuscì a realizzarne solamente due, introducendo elementi innovativi come il “tap-root”, un sistema ispirato alle radici delle piante che costituiva il nucleo centrale dell’edificio. La quinta sezione, infine, presenta una selezione di progetti urbani di Wright.