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Linea dura di Theresa May con Mosca: tutte le misure e l’ipotesi estrema, invocare l’art. 5 Nato

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Intervenendo lunedì pomeriggio alla House of Commons, Theresa May aveva alzato i toni, senza lasciare molto spazio all’interpretazione, e mercoledì è passata dalle parole ai fatti: 23 diplomatici russi, che opererebbero come agenti segreti sul suolo britannico, hanno una settimana di tempo per lasciare l’isola o saranno espulsi. E’ l’ultimo sviluppo della guerra diplomatica esplosa tra Londra e Mosca dopo l’avvelenamento dell’ex spia e dissidente russo Sergei Skripal e di sua figlia Yulia, avvenuto la scorsa settimana a Salisbury, cittadina del Wiltshire, con una sostanza tossica, il Novichok, “del tipo sviluppata in Russia” negli ambienti militari, come aveva dichiarato tre giorni fa il primo ministro.

E se nell’occasione la May aveva aggiunto che il governo sarebbe giunto alla conclusione “che questa azione equivale ad un uso illegale della forza contro il Regno Unito”, se la Russia non avesse fornito spiegazioni sul suo eventuale coinvolgimento o meno nella vicenda, ecco che ad ultimatum scaduto “non esiste altra alternativa al fatto che lo Stato russo sia responsabile di tentato omicidio”.

I vertici di Mosca avevano avuto tempo fino alla mezzanotte di martedì per rispondere alle richieste avanzate dall’esecutivo londinese, ma nel frattempo erano giunte solo alcune dichiarazioni che hanno rafforzato l’attrito, tra le quali una minaccia non troppo velata a non mettersi contro una potenza nucleare. Così la risposta del Cremlino è stata definita dalla May come un gesto di “completo disprezzo” di fronte alla gravità degli eventi, mentre non veniva offerta alcuna spiegazione credibile.

Rapporti diplomatici interrotti, nessun rappresentante del governo o della famiglia reale in rappresentanza della nazione ai prossimi Mondiali di calcio in Russia e la minaccia di congelare tutti gli asset russi “se dovesse esserci la prova che possano essere usati per minacciare la vita e la proprietà dei cittadini britannici”. Ma l’escalation potrebbe proseguire tornando al precedente intervento del primo ministro ai Comuni, nel quale veniva fatto riferimento all’impegno da parte dei membri NATO alla difesa e alla sicurezza comune.

Così tra le ipotesi estreme prese in considerazione c’è quella che il Regno Unito possa invocare l’Articolo 5 del Trattato Atlantico, secondo il quale un attacco ad un membro dell’alleanza in Europa o Nord America debba essere considerato un attacco contro tutti gli alleati. Soffermandosi sull’origine militare del gas nervino utilizzato ai danni di Skripal, la May sin dall’inizio aveva escluso che potesse trattarsi di una sorta di regolamento di conti “privato”, in cui è rimasto coinvolto, occorre ricordarlo, anche un agente di polizia, il detective Nick Bailey, contagiato dopo aver ispezionato l’abitazione di Sprikal.

L’Articolo 5 fino ad ora è stato invocato solo in un’occasione, da parte degli Stati Uniti: era l’11 settembre 2001.
Prima le parole del presidente americano Donald Trump, che aveva fatto sapere che sulla base delle informazioni in possesso agli Stati Uniti, dietro l’attacco ci fosse lo Stato russo; poi il comunicato della stessa NATO dove si legge che l’Alleanza chiede a Mosca di “rispondere alle richieste” della Gran Bretagna, tra cui quella di “fornire una spiegazione piena e completa sul programma Novichok (la serie di agenti nervini usati nell’attacco, ndr) all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac)”. Ciò che è successo a Salisbury è “una chiara violazione delle norme e degli accordi internazionali”, prosegue la nota, e i membri del patto nordatlantico non hanno nascosto la “profonda preoccupazione per l’uso offensivo di un agente nervino per la prima volta sul territorio dell’Alleanza dall’istituzione della Nato”, nel 1949. Ieri la seduta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dove alla Gran Bretagna è arrivata la “piena solidarietà” della rappresentante degli Stati Uniti, Nikky Haley: “Crediamo che la Russia sia responsabile dell’attacco contro due persone nel Regno Unito con l’uso di un agente nervino di tipo militare”.

Nel discorso di mercoledì, la May ha menzionato solo una volta il nome di Vladimir Putin, non optando per termini diplomatici nemmeno in questo passaggio: “Molti di noi hanno guardato ad una Russia post sovietica con speranza. Desideravamo una relazione migliore ed è tragico che il presidente Putin abbia agito in questo modo”.

Per dare l’idea di come gli animi si siano inaspriti, basta fare riferimento alle dichiarazioni dell’ex Home Secretary John Reid nel novembre 2006, in seguito alla eclatante morte dell’ex agente del KGB Alexander Litvinenko e agli accertamenti sull’utilizzo del polonio come arma fumante in un ristorante londinese. Reid, per conto dell’allora governo laburista di Tony Blair, si era limitato a descrivere i fatti e sottolineare le procedure di emergenza intraprese dagli inquirenti, aggiungendo in coda che l’ambasciatore russo era stato convocato al Foreign Office per chiedere al suo governo massima disponibilità nelle indagini, chiedendo in seguito l’estradizione di Andrej Lugovoj, considerato autore dell’avvelenamento, per essere processato in una corte britannica. Estradizione mai concessa.

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