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“L’integrazione alla francese non funziona, necessaria l’assimilazione repubblicana”. Intervista esclusiva a Lydia Guirous

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Minacciata di morte sui social per le sue posizioni contro l’Islam radicale e la difesa dei valori repubblicani, Lydia Guirous, scrittrice e saggista franco-algerina, nel suo ultimo libro, “Assimilation. En finir avec ce tabou français” (Éditions de l’Observatoire) ritiene che le istituzioni repubblicane francesi debbano essere più ferme nei confronti del comunitarismo e dell’Islam politico. La soluzione è quella che lei stessa definisce “assimilazione repubblicana”, in un’intervista esclusiva ad Atlantico Quotidiano.

MARCO CESARIO: Nel suo ultimo libro, “Assimilation. En finir avec ce tabou français”, lei sostiene che di fronte al separatismo e al comunitarismo ci debba essere una risposta politica più forte, una risposta che lei definisce “assimilazione repubblicana”. Può spiegarci in cosa consiste?

LYDIA GUIROUS: Quello che dobbiamo capire è che il dibattito assimilazione/integrazione non è solo un dibattito semantico o un muro divisorio tra conservatori e progressisti. È invece una questione importante per la stabilità delle nostre democrazie e la durata del modello repubblicano. In Francia, non viviamo gli uni accanto agli altri, o peggio ancora, gli uni contro gli altri, ma “con” gli altri. È questo desiderio di unità il cemento del nostro modello repubblicano e, più in generale, il principio filosofico che ha animato la nazione francese nel corso della sua storia. Ebbene, solo una rigorosa politica di assimilazione repubblicana può raggiungere questo obiettivo, cioè una politica di trasmissione e di adesione incondizionata ai valori del nostro Paese, tra i più giovani o i nuovi arrivati dall’immigrazione. È semplice: un’integrazione riuscita può essere definita assimilazione, un’integrazione fallita invece sfocia nel comunitarismo. Quest’ultimo è il peggior nemico della democrazia e della Repubblica, in particolare a causa dell’incessante proselitismo dell’Islam politico.

MC: In una rubrica, lei ha criticato da un lato la sinistra “identitaria” perché ha introdotto un nuovo concetto, il “racialisme” nella società francese, dall’altro ha criticato anche il RN (Rassemblement National) per aver rafforzato il comunitarismo per ragioni elettorali.

LG: Per quanto riguarda le mie critiche alla sinistra “identitaria”, è vero che oggi una parte della sinistra si nutre di movimenti di pensiero tipicamente anglosassoni, che sono l’opposto del nostro modello repubblicano e dei nostri valori umanisti, perché in sostanza, questi movimenti sono profondamente razzisti. Questa sinistra “identitaria”, contro la quale occorre insorgere, ad esempio organizza riunioni “non miste” chiudendole ai bianchi, è come se volesse cercare un nuovo proletariato attraverso le minoranze, anche se ciò significa sfociare nel razzismo o in quello che viene chiamato islamo-gauchisme, cioè una forma di tacita complicità di una parte della sinistra con l’Islam politico. Per quanto concerne il RN (partito di Marine Le Pen, ndr) non è esattamente quello che affermo. Io dico che il miglior alleato del RN è da un lato l’ascesa dell’islamismo e dall’altro la codardia di deputati e parlamentari di fronte al proselitismo dell’Islam politico, specialmente sulla questione del velo. Hanno preferito chiudere gli occhi, il che ha naturalmente diviso la società e offerto un viatico d’eccezione al RN.

MC: Perché pensa che “l’integrazione alla francese” non abbia funzionato?

LG: Per due motivi: il senso di colpa post-coloniale e la mancanza di coraggio. La Francia si è lasciata progressivamente rinchiudere per 50 anni, sotto la pressione della sinistra in particolare, in un incredibile complesso di colpa. Bisognava a tutti i costi accogliere, estendere all’infinito il ricongiungimento familiare, ottenere il paradiso mediatico dei benpensanti… anche se ciò significava parcheggiare persone già povere in miserabili ghetti nelle città. Cosa importa, l’importante era avere l’ebbrezza di uno pseudo-umanesimo e la sensazione di essere dalla parte dei buoni. Li accogliamo, ma li mettiamo in ghetti lontani da noi… tutto ciò era deplorevole qualunque fosse l’angolo di analisi ma per clientelismo elettorale tutto era permesso.

MC: Lei è diventata un bersaglio per gli islamisti dopo la pubblicazione del suo libro “Allah est grand, la République aussi” ed ha ricevuto minacce di morte. C’è ancora speranza nella battaglia civile per la difesa della laicità?

LG: Sono spesso minacciata di morte, sia sui social network, sia all’uscita delle riunioni o a volte persino per strada a Parigi, in qualunque quartiere sono in pericolo. A volte, di fronte a tali minacce, ottengo persino giustizia in tribunale. Ma tutto questo non mi spaventa affatto, mi sento in guerra contro l’islamismo ed in difesa dei valori della Repubblica. Di fronte all’Islam politico, non bisogna aver paura, non bisogna mai abbassare la testa.

MC: Centinaia di donne e bambini francesi evacuati dallo Stato Islamico sono ancora sotto la custodia delle forze curde nel nord-est della Siria. In quanto esperta di Islam radicale, come pensa che dovrebbero essere trattate queste famiglie di nazionalità francese?

LG: Con discernimento sia per i bambini che per le donne minorenni in custodia al momento della loro partenza. Per il resto delle persone però ci vuole la massima fermezza. Queste famiglie sono andate a fare il jihad per uccidere noi e i nostri valori. Ci avrebbero massacrato se ne avessero avuto la possibilità. Non dobbiamo quindi avere nessuna pietà e nessun buonismo di facciata.

MC: La filosofa Elisabeth Badinter l’ha citata tra le donne più coraggiose di cultura musulmana che resistono alla propaganda islamista. Nel suo libro “Ça n’a rien à voir avec l’islam!” lei critica duramente coloro che banalizzano l’influenza del Corano sugli atti terroristici che hanno insanguinato l’Europa e la Francia. Pensa che l’Islam sia compatibile con la democrazia e con i valori della Repubblica e se sì, cosa dovrebbe essere riformato secondo lei?

LG: L’Islam è senza dubbio compatibile con i valori della Repubblica, l’islamismo no. Ma l’Islam, come religione, resterà compatibile con la Repubblica soltanto se resterà al suo posto, cioè nella sfera privata e senza il minimo proselitismo e volontà politica ed effettivamente questo richiede una riscrittura e una modernizzazione di certi passi del Corano, che in una lettura radicale dà soltanto sostegno ai fanatici dell’islamismo, che invece dovrebbero essere neutralizzati.