Così vanno le cose, così devono andare. Azzurra Barbuto è una giornalista, assai brava e sensibile, una delle ultime esemplari, e va inteso in ogni senso, che la notte, lockdown permettendo, si infagottano per bene ed escono per infilarsi nei meandri della città addormentata, frugando, a loro rischio e periglio, negli spiragli che non dormono mai. Sale su ambulanze, su auto di polizia, s’inoltra accanto agli ultimi, i barboni, i dimenticati, e ne denuncia e ne racconta l’impossibile vivere con lo sconcerto di chi soffre davvero. Ma tutto questo non conta, perché Azzurra scrive su Libero e quindi merita lo stigma, la lettera scarlatta di cialtrona, fascista, infame; o di quella “che non la conosce nessuno”, come l’hanno apostrofata quei campioni del varietà che rispondono ai nomi di Andrea Scanzi e Selvaggia Lucarelli, due chiaramente ossessionati dalla fama, dai follower, quella fuffa lì. Con la stessa umanità arrabbiata, Azzurra ha scritto un tweet in cui si addolora, perché si addolora, per la morte di Yusuf, l’infante affogato nel Canale di Sicilia sotto gli occhi della madre. Si addolora, ma non offre ipocrisie un tanto al chilo, consolazioni avariate.
Che ha detto Azzurra? Semplicemente che partire su un gommone con un neonato equivale a condannarlo a morte quasi certa. Tanto è bastato per vedersi scaricare addosso l’odio umanitario di chi ha solo certezze. Un cafarnao di fraintendimenti, di farisei stracciavesti, di posseduti dal demone dell’indignazione. Tra questi, il citato Scanzi che, in una curiosa convinzione di impunità che forse non durerà a lungo, non ha esitato a segnalarsi col solito profluvio di insulti, “sadismo destrorso più becero, qualunquista e schifoso, viviamo in un’epoca vomitevole”, s’intende rappresentata da quelli come Azzurra, conditi dall’immancabile, e a questo punto preoccupante, “non la conosce nessuno”. Sotto, un invito grottesco: “il mio nuovo libro lo trovi qui”, con tanto di link. Si stupisca chi può.
Barbuto da giorni non dorme più – è lei stessa ad ammetterlo. I solidali, i facciamo rete, i restiamo umani, i nessuno tocchi una donna le riservano ogni genere di insulti da trivio, minacce fisiche, auguri di cancro e altre malattie terminali. L’odio degli amorevoli, che, come al solito, ci mette niente a prendere fuoco e ad incendiare le praterie dei social – che, sia detto di passata, una tantum non intervengono, non trovano violazioni alla “policy”, osservano e assecondano tutto. Azzurra Barbuto ha espresso una opinione discutibile, cioè meritevole di essere discussa. Non approvata per forza, ma neppure maledetta. Discussa. E la sua opinione non è isolata: chi la attacca, dovrebbe come minimo assumersi la responsabilità morale di esporre un figlio, neonato, ad una traversata su un gommone che è, piaccia o non piaccia, una scelta segnata, una opzione senza scampo. Tanto è vero che i piccoli affogati sono una costante nell’abominio di questo traffico umano, questa tratta di disperati, a volte reali a volte millantati; ma la Grande Narrazione progressista, fingendo di sconvolgersi, li accoglie di buon grado. Quei minuscoli cadaveri le servono a rilanciare la inevitabilità di uno stato di cose viceversa inaccettabile: si prende la piccola salma, la si rende totem, si diffonde ovunque (in sprezzo della pietas e delle normative), si conclude: colpa dei sovranisti, degli egoisti, niente porti chiusi, niente muri, niente barriere, niente nazioni, solo una grande madre terra. Come se bastasse a scongiurare le migrazioni indotte dalla fame, dalla guerra oppure dall’opportunismo. Come se il girotondo degli struzzi risolvesse tutto.
In altre parole, la morale è quella solita: muore un neonato? Avanti con lo stesso sistema, anzi di più ancora; serve a ricompattare sotto uno straccio di ideale la fatidica sinistra, a rilanciare gli affari dei trafficanti, gli interessi delle ong, a demonizzare chi si oppone. Aberrante, delirante, una dismorale che fa acqua da tutte le parti, ma tant’è. Vietato porsi il problema, chiedersi se quei bambini potevano sopravvivere, se potevano scampare un esito così segnato. Mettiamoci pure che il Paese di provenienza di Yusuf, il Ghana, risulta, almeno secondo Wikipedia, che essendo enciclopedia in profumo di collettivismo diventa l’oracolo santo, “una repubblica democratica guidata da un presidente che è sia capo di Stato che capo del governo. Il paese è membro di molte organizzazioni internazionali (…) [e] vanta una delle economie più stabili e prospere del continente ed è il secondo maggior produttore mondiale di cacao. Sul suo territorio è stato realizzato il lago Volta, il più grande lago artificiale del mondo.”
Allora, come la mettiamo? La mettiamo che, appunto, occorrerebbe discutere. Confrontarsi. Anche litigare, ma civilmente e rendendo l’onore della buona fede vicendevole. Invece Azzurra Barbuto è diventata la strega che vuole i bambini morti, il mostro, la vergogna dei giusti. Tra chi non la tollera, la cantante Fiorella Mannoia che ha preso a molestarla: “Signora lei si dovrebbe vergognare”; “Ripeto lei dovrebbe vergognarsi”; e via così. Il profilo Twitter di Fiorella lascia un po’ interdetti, le invettive verso Barbuto si alternano alla pubblicità del nuovo disco appena uscito: mah, sarà il concetto comunista di mercato equo e solidale.
Ma vergognarsi perché, Mannoia? Perché una non la pensa come te? Io però non ho mai sentito Mannoia affliggersi per tutti i mali del mondo, dolersi per altri bambini sterminati, per esempio in Cina, in Corea del Nord; non l’ho mai sentita proporre soluzioni, alternative a questa tratta che avvantaggia solo i trafficanti umani. No, meglio non avventurarsi su quei sentieri minati, si risolve tutto fremendo di umanità sconvolta, additando la impresentabile giornalista di Libero, Azzurra, la infame. Non è solo questa cantante militante, che si produce in furori ostinatamente adolescenziali; è tutta una classe, a spanne, artistica, culturale abituata al doppiopesismo, alla faciloneria ideologizzata: vano sarebbe attendersi ancora quel minimo sindacale di profondità analitica e di lealtà intellettuale. Menestrelli e scribacchini pariolini, figli di un cognome o di una eredità sfoggiano mascherine politiche, insultano chi non cede al terrorismo sanitario di regime, si dolgono chirurgicamente per le tragedie opportune, poi passano a scaldarsi sui temi eterni, e per loro comprensibilmente decisivi, dei destini della sinistra, degli equilibri del Politburo, “dove va il Piddì?”. Fosse affogato sotto la gestione Salvini, il neonato Yusuf, non ci sarebbero problemi: invece c’è il regime organico e allora che resta se non puntare il dito armato contro la giornalista sadica, destrorsa, becera, che nessuno conosce ma tutti vogliono morta?
Così vanno le cose, così devono andare.