Berlusconi e Renzi pensavano di accaparrarsi la gestione del caos inevitabilmente prodotto dal Rosatellum, ma le cose sono andate in maniera diversa, perlomeno in buona parte. La perversa legge elettorale ha in effetti svolto il proprio lavoro, generando caos politico e negando a tutti gli schieramenti in campo una maggioranza valida per governare, però gli attori principali sono altri adesso, sebbene l’intramontabile Cav conservi ancora, nonostante il sorpasso di Salvini, un ruolo nel centrodestra. Non esiste più la Forza Italia di un tempo alla quale tutti gli “alternativi alla sinistra” erano costretti ad accodarsi, ma gli azzurri non sono nemmeno spariti e la loro percentuale elettorale non è lontanissima da quella della Lega. Tuttavia lo smacco, ancor prima psicologico che politico, del sorpasso salviniano c’è, ed oggi i protagonisti della politica italiana, usciti vincitori dal voto del 4 marzo scorso, sono soprattutto Matteo Salvini e Luigi Di Maio con il M5S. Tocca a loro muovere i primi passi per l’elezione delle presidenze di Camera e Senato e per la formazione del Governo.
I contatti hanno già avuto inizio fra Lega e Cinque stelle e fra queste due formazioni e il resto del panorama politico. Qualcuno ipotizza, oltre alle doverose mosse per le presidenze dei due rami del Parlamento, un possibile esecutivo targato Lega-M5S, sebbene sia Salvini che Di Maio e gli altri grillini non abbiano ancora espresso parole chiare in merito, in un senso o nell’altro. Le titubanze soprattutto di Matteo Salvini sono abbastanza comprensibili perché in un ipotetico governo leghista-pentastellato la Lega rischierebbe molto di più rispetto a Di Maio e ai suoi. Salterebbe subito l’alleanza con Berlusconi e forse anche con Giorgia Meloni e molti elettori della Lega, ancora fedeli ad un’impostazione di centrodestra, pur se diffidenti verso Forza Italia, non sarebbero felici di abbracciare i “ragazzi meravigliosi” di Beppe Grillo.
In ogni caso, per quanto sarebbe una soluzione horror agli occhi di numerosi italiani, fra i quali chi scrive, un’eventuale maggioranza Lega-M5S rappresenterebbe ciò che il popolo ha deciso il 4 marzo scorso e metterebbe finalmente alla prova personaggi che finora si sono basati a livello nazionale su una facile protesta, ma non hanno mai governato. La Lega che governò il Paese con Silvio Berlusconi era un’altra Lega, con una differente leadership. Quella del nuovo corso salviniano deve ancora dimostrare le proprie capacità, se ne ha. Se la vogliamo vedere da un punto di vista meramente cinico di chi magari non stravede per Salvini e detesta i grillini, potrebbe essere utile che leghisti e pentastellati si sporchino le mani in un esecutivo nazionale con la probabilità altissima, viste alcune promesse irrealizzabili ed una certa improvvisazione in particolare del M5S, di deludere gli italiani in tempi tutto sommato rapidi. Non abbiamo certo la sfera di cristallo per indovinare il futuro, ma negli ultimi anni l’elettorato ha mandato segnali precisi alla politica nuova e vecchia. Anzitutto ha smesso da un bel po’ di essere fedele ai partiti-chiesa e si sposta da uno schieramento all’altro con notevole velocità. Il Paese è stanco di essere preso in giro dalla politica, quindi se arriva qualcosa o qualcuno di nuovo, gli elettori sono disponibili in maggioranza ad offrire il loro consenso, ma fanno anche in fretta a ritirarlo se questo qualcosa o qualcuno delude le aspettative. E’ sufficiente vedere come si sia accorciata la vita, naturalmente politica, dei leader di passaggio più importanti. Berlusconi ha impiegato vent’anni prima di perdere il feeling con gli elettori, mentre Renzi è riuscito a rendersi insopportabile ed impopolare nel giro di due anni. I vincitori del 4 marzo potrebbero disperdere il loro bottino elettorale ancor più rapidamente del “Bomba” fiorentino e il bluff grillino si sgonfierebbe. Rimanere all’opposizione farebbe invece aumentare ancora i voti per il M5S.
Nonostante le incertezze che ci accompagneranno ancora per diversi giorni, un dato è sicuro. Gli italiani, nauseati e frustrati dallo status-quo nazionale ed europeo, hanno inviato un incontrovertibile messaggio di malcontento attraverso i mezzi passati dal convento tricolore, ovvero Lega e M5S. Come il Regno Unito e gli USA tramite rispettivamente Brexit e Trump, anche l’Italia ha detto di volere una forte discontinuità rispetto al presente. Il “nuovo” a Londra e a Washington sta però esprimendo progetti e una rinnovata stabilità, mentre a Roma le idee rimangono poco chiare. L’Italia necessita di una leadership con poche, ma ben delineate caratteristiche che francamente paiono assenti nella Lega ed ancor di più nel M5S, pur con tutto il rispetto per il sentimento generale degli elettori.
Per tirare fuori questo Paese dalla sua debolezza ormai cronica e strutturale a livello economico e sociale, solo una classe dirigente profondamente liberale può produrre qualche risultato tangibile. Una classe dirigente davvero intenzionata a porre uno stop definitivo allo statalismo, all’assistenzialismo peloso e al paternalismo che tutt’oggi sopravvivono e continuano a soffocare l’economia e, di conseguenza, le opportunità di lavoro e il futuro dei giovani che non a caso cercano sempre più sistemazione all’estero, dove le imprese possono essere più dinamiche. Una leadership che individui un percorso riformatore e lo mantenga attraverso fatti concreti e non si limiti semplicemente ad urlarlo nei comizi o in televisione, coltivando quel realismo della sincerità verso gli italiani che è cosa diversa dal realismo usato come scusa per non fare nulla.
Diciamola tutta, governare l’Italia nel 2018, con i tanti problemi interni e la gabbia europea, non è certo cosa facile, ma un leader serio e appunto, realista, anziché rifugiarsi nell’immobilismo o dare comodamente la colpa ad altri per i propri fallimenti, deve mantenere la linea che si è dato, dicendo però tutto ai cittadini e rendendoli consapevoli della realtà in cui vivono. Non basta dire al Paese solo ciò che fa comodo e pertanto, per fare alcuni esempi, non si può promettere il reddito di cittadinanza senza essere precisi sulle coperture, come non si può nemmeno promettere la Flat Tax senza prima aver tagliato la spesa pubblica improduttiva ed aver ridimensionato il welfare. Dare addosso all’UE e all’Euro anima i comizi e i talk-show, ma fino a quando non vi sarà un governo determinato a rivedere i Trattati europei, potremo solo abbaiare alla luna. Una classe politica capace di parlare chiaro e di non nascondersi dietro agli alibi, anche se non potesse fare tutto e subito, molto probabilmente non verrebbe scaricata dagli italiani nel giro di poco tempo. Infine, il fu Belpaese ha bisogno di attributi che consentano di affrontare in patria le sacche di privilegio e le incrostazioni stataliste senza timore alcuno e fuori quell’Europa che dirige l’Italietta dimenticando quella solidarietà immaginata dai padri fondatori dell’UE. Non serve a nulla fare i bulli in Italia e poi nei fatti inginocchiarsi di fronte a Juncker e Merkel. Gli attributi servono anche a determinare la politica estera italiana senza paura di irritare qualche regime illiberale. Al momento non c’è nulla di tutto ciò in Italia, ma occorre confidare che coloro i quali oggi non sono in prima fila, inizino da subito a costruire un qualcosa che non lasci il Paese solo nelle mani di Salvini, Di Maio e ciò che resta di FI e PD. Atlantico può e deve contribuire anche a questo.