Alcuni amici (per fortuna, pochi: le cose hanno un’autoevidenza che non richiede ulteriori spiegazioni…) mi invitano, dopo il mio annuncio di non candidatura di ormai un mese fa, a esprimere un’opinione sulla curvatura e sul profilo assunti dalla lista Noi con l’Italia-Udc.
Lo faccio per puro spirito di fredda analisi – tra il giornalistico e il politologico -, non avendo più quella lista alcuna relazione ideale e culturale, neanche di parentela alla lontana, con il tentativo di semina liberalconservatrice al quale io stesso ho cercato a lungo di contribuire, offrendo proposte, parole, opportunità.
Purtroppo, siamo dinanzi a un doppio elemento negativo. Il primo è ciò che quella lista è: un’operazione vetero-democristiana senza respiro, politicamente gregaria, una specie di versione politica della “zattera della Medusa” di Gericault. Il secondo elemento negativo è invece ciò che fa mancare al centrodestra, che ne avrebbe avuto maledettamente bisogno: una componente seriamente euroscettica, thatcheriana, liberale, sintonizzata con i grandi cambiamenti (da Trump a Brexit) che attraversano l’Occidente, e che le élites italiane faticano a capire.
A onor del vero, sono anche i veti e gli ostracismi dei maggiori attori di centrodestra ad aver facilitato questo esito infausto. Una seria componente liberalconservatrice sarebbe stata vista come una sfida, e in prospettiva magari come un’insidia. Si è quindi preferita questa “quarta gamba” con tanto di scudocrociato, di fatto una pattuglia di “responsabili” manovrabili con un cenno del capo, da usare come voti automaticamente aggiuntivi in caso di pareggio, o come ruota di scorta (forse un ministero di seconda fascia e tre-quattro sottosegretariati, con relative risse e accaparramenti…) in caso di vittoria della coalizione. Politicamente triste e culturalmente grave la responsabilità di chi ha accettato, o forse contribuito a volere, questo deludente finale di partita.