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Lo scontro Salvini-Juncker è solo l’antipasto di ciò che ci attende alle Europee

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Gli scontri tra Italia e Unione europea sono ormai quotidiani, non si limitano più a questioni politiche. Tutt’altro. Sono veri e propri insulti, anche personali, tra i membri della Commissione e il Governo italiano. Mentre Salvini consiglia di cercare su Google le immagini di Juncker barcollante o afferma di parlare solo con persone sobrie, il secondo dichiara che i populisti sono “stupidi e ottusi”. Alla luce di queste parole sorge spontaneo chiedersi il perché di questi toni, mai utilizzati nei rapporti tra il nostro Paese e l’Europa. La risposta è nota: le elezioni europee del maggio 2019.

Questa scadenza è troppo importante e permette grandi margini di manovra soprattutto a chi, come Salvini, ha la sensazione di poter ottenere un ottimo risultato in grado di scardinare gli equilibri del Parlamento europeo. D’altra parte, vi è invece la consapevolezza della difficoltà di arginare le forze che vogliono modificare radicalmente l’Europa e così ci si mette sulla difensiva, provando a contenere la crescente delegittimazione. Gli autori della lettera sul Def indirizzata all’Italia, Moscovici e Dombrovskis, ad esempio, militano in formazioni politiche in caduta libera. Il partito del vicepresidente lettone nelle ultime elezioni è passato dal 22 per cento al 6,7 per cento; il partito del commissario agli affari economici e monetari nelle presidenziali francesi del 2017 ha raggiunto il suo minimo storico.

Un grande potere, dunque, che però si basa su un consenso sempre più fragile.

Proprio questa condizione di debolezza chiarisce il piano del Governo italiano che vuole ottenere il massimo da questa crisi di legittimità. La strategia dei due vicepremier, pur declinata in modo diverso, consiste nel voler rovesciare l’ordine europeo dall’interno, evitando scontri frontali in una condizione di debolezza. In altre parole, l’Italia a trazione giallo-blu non vuole trovarsi a trattare con l’Ue in posizione di assoluta inferiorità, come accadde alla Grecia di Tsipras. Le tensioni sul Def rientrano in questa strategia. Quello che si è aperto con l’Ue è uno scontro, il cui obiettivo ultimo, però, è far passare una manovra che avrebbe un enorme potenziale elettorale in grado di modificare gli equilibri europei e nazionali. Infatti, una vittoria dei partiti euroscettici permetterebbe di far saltare l’alleanza tra popolari e socialisti che da lungo tempo controlla l’Unione.

Va sottolineato, però, che le differenze tra Lega e 5 Stelle sono notevoli anche sullo scacchiere europeo. Il Carroccio ha dato vita ad una rete di alleanze che, in caso di vittoria elettorale, renderebbe più semplice il rovesciamento dell’attuale Ue. Il partito guidato da Salvini, infatti, ha stipulato vari accordi con diverse forze euroscettiche e conta sull’importante appoggio strategico, forse anche economico, di Steve Bannon, l’ex chief strategist di Trump. Questo aspetto deve essere tenuto a mente perché sarà importante per capire le dimensioni e l’impatto della futura campagna elettorale leghista. Il Movimento 5 Stelle, invece, si trova in una posizione scomoda perché non è inserito in nessuna delle famiglie politiche europee, e probabilmente non vi entrerà. Questo lo isola e rende più effimere le dichiarazioni di Di Maio contro l’Unione. Ancora una volta i pentastellati scontano una carenza strategica dettata probabilmente dalla poca esperienza politica.

Resta poi da capire se queste elezioni avranno delle ripercussioni sul governo italiano. La Lega, in effetti, potrebbe far saltare il banco e andare ad elezioni anticipate forte del clima favorevole in cui si voterà alle Europee. Questa sarebbe una preziosa occasione per rimuovere i tecnici (Tria e Moavero su tutti) che spesso frenano i piani di Salvini.

In questo caso quali sarebbero le alleanze? La Lega tornerebbe con il centrodestra per egemonizzarlo o continuerebbe il suo anomalo rapporto con il Movimento 5 Stelle?

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