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Lo spazio nuovo teatro della competizione geopolitica: come gli Usa rispondono alle sfide di Mosca e Pechino

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Le più grandi minacce alla sicurezza internazionale vanno dai conflitti mediorientali alle tensioni nel Pacifico, ma in pochi sembrano parlare dello spazio.

Oggi più che mai, le grandi potenze percepiscono lo spazio come il nuovo teatro della competizione geopolitica. È proprio la rinvigorita competizione spaziale che sta evidenziando le gravi vulnerabilità di interi apparati militari e civili. Oggi, nelle sale del Pentagono, si parla infatti del controllo militare delle risorse strategiche spaziali, una priorità non solo per Washington, ma anche per Mosca e Pechino, che hanno accelerato notevolmente gli investimenti nelle tecnologie astro-militari. Un tentativo più che dichiarato di sfidare la percepita egemonia tecnologica statunitense.

Nella nuova corsa spaziale, le tre potenze si schierano in un classico gioco a somma zero, la supremazia di una traducendosi in una tangibile subordinazione delle altre. A riguardo, per gli Stati Uniti, come per Mosca e Pechino, la difesa dei satelliti e lo sviluppo di capacità strategiche-offensive, dai sistemi di cyberjamming ai programmi missilistici anti-satellitari sta diventando una priorità. La difesa delle proprie posizioni spaziali rimane infatti una questione esistenziale, in quanto un attacco ai satelliti militari comporterebbe danni sproporzionati ed inestimabili alla capacità di coordinare le forze sulla terra. Detta semplicemente, più moderno è il corpo militare nazionale e più dipende dai segnali satellitari per qualsiasi operazione, dal contrattacco alle logistiche di base. Difatti, nel 2017, il comandante della 1st US Space Brigade, il colonnello Richard Zellmann stimò che “l’esercito americano dipende dai segnali satellitari per circa il 70 per cento del suo apparato operativo”. Insomma, i satelliti svolgono un ruolo cruciale per le operazioni militari, che secondo uno studio della Heritage Foundation, “conferiscono vantaggi ineguagliati agli Stati Uniti dalla prima guerra del golfo, Operation Desert Storm”. Considerando l’indiscussa preminenza spaziale di Washington, non sorprende che la Russia e la Cina stiano investendo pesantemente nelle loro capacità astronautiche-militari.

Nondimeno, la sicurezza nazionale nello spazio non è solo un obiettivo militare. È, infatti, una cruciale necessità per la società civile. Parte integrante del quotidiano, gli Stati Uniti e l’Europa dipendono dai segnali GPS e GNSS per il loro intero sistema finanziario, la navigazione e le telecomunicazioni, giusto per citare alcuni settori. I satelliti, peraltro, ci permettono di prelevare contanti, telefonare, o di usare servizi come Google Maps. In fondo, per quanto gli Stati Uniti e l’intero Occidente dipendano dai satelliti per le più fondamentali operazioni militari e civili, è giunta l’ora di aggiustare il tiro per un nuovo calcolo geopolitico, quello della protratta competizione cosmica.

Gli strateghi militari russi e cinesi non stanno di certo perdendo tempo. Ad oggi, Mosca e Pechino hanno un programma spaziale completamente militarizzato. Secondo un studio recente della Defense Intelligence Agency (DIA), stanno consolidando la loro visione astro-militare nello sviluppo di varie nuove tecnologie cyber-spaziali, dal jamming satellitare, alle armi anti-satellitari, terrestri ed orbitali.

La Cina ruppe il silenzio nel 2007, lanciando nello spazio il primo missile anti-satellitare (ASAT) della storia. Ad oggi, lo Space Dream della Cina è descritto dalla US – China Economic and Security Review Commission come “una serie di piani mirati non solo all’esplorazione spaziale, ma alla dominazione industriale dello spazio nell’area che comprende l’orbita lunare della terra”. Tuttavia, secondo uno studio del medesimo ente, l’ambizione astro-militare cinese si basa sull’idea che lo spazio sia “una cruciale vulnerabilità militare ed economica per gli Stati Uniti”. Lo studio conclude che la Cina sta sviluppando “armi capaci di colpire quasi ogni tipo di risorsa spaziale degli Stati Uniti”. La Russia mostra simili ambizioni, con il test a marzo del 2018 di una nuova arma ad ascesa diretta, il PL-19. In fase di elaborazione, il PL-19 è stato definito come “uno dei vari sistemi anti-satellitari sviluppati dal Cremlino per colpire gli  obiettivi nell’orbita terrestre bassa (LEO)”.

Verosimilmente, la nuova postura offensiva russo-cinese segnala una netta percezione dello spazio come teatro militare, una visione evolutasi in una strategia revisionista mirata allo sviluppo di un’aggressiva posizione militare-spaziale, a scapito del diritto spaziale internazionale. Minacciando i principi fondanti della giurisprudenza spaziale, come il diritto alla pacifica esplorazione e il principio di non-appropriazione dei corpi celesti, le ambizioni russo-cinesi stanno accelerando il ritorno alla competizione tra grandi potenze, e grosso modo al realismo difensivo della Guerra Fredda. Dati questi sviluppi, gli strateghi statunitensi sono sempre più convinti che la sicurezza spaziale sia quindi un gioco a somma zero. Considerando il costo del compiacimento geopolitico, tale valutazione non sembra infondata.

Per fortuna, le basi della space strategy statunitense sono state gettate da tempo, una procedura pratica e teorica che si è evoluta in tre fasi. Nel 1985, il presidente Reagan intuisce la debolezza economica dell’Unione Sovietica, ed innesca una strategica competizione di spesa militare, che prende forma nella sua Strategic Defense Initiative, un programma difensivo che creò la US Space Command, lo storico comando militare-satellitare Usa. Con la decommissione del US Space Command nel 2002, la space strategy entra nella sua seconda fase, incentrata maggiormente sullo sviluppo teorico-strategico, la cui massima espressione si trova nelle conclusioni della Commissione Rumsfeld, che definì i satelliti il tallone d’Achille della difesa statunitense, la loro vulnerabilità una possibilità per gli avversari di assestare agli Stati Uniti uno “Space Pearl Harbor”. Le conclusioni della commissione definivano l’inizio del XXI secolo per gli strateghi di Bush, che nel 2002 e quattro anni dopo, nel 2006, pubblicavano la prima National Security Space Strategy.

Oggi si apre la terza fase, con la creazione della Space Force, un corpo consolidato sotto l’ala della US Air Force. È così che Washington risponde alle sfide del nuovo decennio spaziale. Il mondo accelera, e i rischi del compiacimento strategico si intensificano. L’America è pronta. E l’Europa?

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