Quello dei competenti è ormai diventato un ritornello stantio. Vale per opporsi al governo gialloblu, serve, almeno teoricamente, per recuperare consensi (citofonare Pd) e viene anche utilizzato per descrivere la frattura che definisce gli equilibri politici sorti in seguito alle elezioni del 4 marzo. La competenza, dunque, come discrimine per capire la politica italiana: da una parte, chi sa o dice di saper governare; dall’altra, una mandria di ignoranti e analfabeti funzionali giunti al potere per una strana congiunzione astrale. Cioè un contratto di governo sottoscritto dopo libere elezioni in cui nessuna forza politica aveva ottenuto la maggioranza assoluta. Nemmeno il Pd, che nonostante la schiera dei competenti, aveva subito una batosta clamorosa.
La dicotomia tra competenti e incompetenti, in realtà, non è del tutto fuori luogo se si osservano le gaffe di alcuni esponenti del governo. La coppia Castelli-Toninelli, in effetti, si presta a questa generalizzazione. Anche la preparazione di alcuni parlamentari grillini lascia a desiderare. Tuttavia, è bene ricordare che nella maggioranza ci sono dei politici discreti, la cui esperienza e capacità non si discosta dagli standard sbandierati dal Pd. Basti pensare all’intelligenza politica di Giancarlo Giorgetti o anche al decisionismo di Matteo Salvini. Il ministro degli interni non sarà un intellettuale ma ha un gran fiuto politico (la svolta sovranista andrà pur studiata…). Anche in casa 5 Stelle ci sono persone serie come Vincenzo Spadafora (ex collaboratore di Rutelli) o Stefano Buffagni.
Accusare tutta la compagine governativa di incompetenza è dunque una banalizzazione eccessiva che non fotografa le differenze e la complessità di un esecutivo di coalizione. Il Pd, autore della crociata della competenza, sembra essersi dimenticato gli strafalcioni di Valeria Fedeli (ministro dell’istruzione del Governo Gentiloni), o delle uscite a vuoto della renzianissima Alessia Morani. Insomma, per quanto concerne la cultura politica dei personaggi della Seconda e della Terza Repubblica, dovrebbe valere il detto evangelico del chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Anche a livello teorico quello dei competenti non è uno strumento interpretativo utile per capire l’Italia a trazione populista. Giocare la carta dell’ignoranza contro eletti ed elettori è una strategia comoda ma alquanto rischiosa. Il berlusconismo ne è la testimonianza più evidente: quante volte durante il suo ventennio la sinistra postcomunista ha tacciato il Cavaliere e il suo elettorato di ignoranza senza capirne nulla? Il Partito democratico e a volte anche Forza Italia (ironia della politica) stanno facendo lo stesso errore con i gialloblu. Non riuscendo ad interpretare le ragioni profonde del malcontento che ha portato Lega e 5 Stelle al successo elettorale, continuano a sventolare lo spauracchio dell’incompetenza e ad insultare i membri del governo.
Nel Pd questa tendenza è talmente accentuata che si potrebbe parlare del Pdpc: il Partito dei presunti competenti. Peccato che i dem in cinque anni di governo, nonostante la loro supposta superiorità politica e culturale, non siano riusciti a cambiare le sorti del Paese. Ed ora, di fronte alla ridefinizione delle fratture sociali che hanno disegnato i sistemi politici per lunghi anni, giocano il jolly della competenza, nell’illusione che tale semplificazione li aiuti a riconquistare voti e ad evitare il lungo processo necessario per comprendere e governare fenomeni complessi. Una scorciatoia pericolosa che ignora cambiamenti di portata mondiale quali il ridimensionamento dell’asse destra/sinistra a vantaggio della frattura globalisti/antiglobalisti, e la crisi della stragrande maggioranza dei partiti mainstream. Mettere la testa sotto la sabbia provando a rieducare l’elettorato è una scelta poco lungimirante. Pensare di cambiare la mente degli elettori senza dubitare della propria identità è sintomo di un’inguaribile spocchia. Se poi si pensa all’idea di un abbraccio mortifero con Forza Italia il quadro si fa ancor più fosco. Uno scoglio non può arginare il mare. L’hashtag #incompetenti nemmeno.