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Lo stato di emergenza in Costituzione? No, grazie. Sarebbe uno stato di eccezione

Zuppa di Porro: rassegna stampa del 3 settembre 2020

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Il tema è il potere di reagire ad una “emergenza”, come è stato considerato il Covid. Ma, per Carl Schmitt, “emergenza” non è solo un evento non prevedibile, bensì pure l’impossibilità di conciliare interessi non conciliabili sostenuti da gruppi antagonisti al punto che l’unica alternativa è l’anarchia.

Può qualcuno reagire ad una “emergenza” con “misure emergenziali”, che comportino la sospensione di parte o dell’intero ordine giuridico vigente? Chi dice che può, invoca, da Cicerone: il “salus populi suprema lex esto”, cioè il diritto di auto-conservazione, ovvero la necessitudo. Nel qual caso, qualcuno (lo Stato o la Rivoluzione), con un atto di volontà politica, assume o conquista la plenitudo potestatis, cioè impone la propria volontà al di fuori dell’ordinamento giuridico. In tal modo, dall’emergenza si giunge allo stato di eccezione: sospeso l’ordinamento giuridico, quel qualcuno è affrancato dal rispetto delle regole preordinate e sancite. Perciò, è sovrano: “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”.

Tale esito può apparire temporaneo: una pausa del diritto, uno spazio temporale di vuoto giuridico. Ma è più probabile che, uscito dall’ordinamento giuridico, il sovrano ne costruisca un altro, asseritamente atto a fronteggiare la situazione eccezionale: un nuovo diritto. Che permane oltre l’emergenza. E del quale lo stato d’emergenza rappresenterà la scaturigine (la sorgente, l’origine remota): “ex facto ius oritur”, il diritto sorge dal fatto.

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In Parlamento sono stati depositati due progetti di legge costituzionale, volti ad inserire lo “stato di emergenza” in Costituzione. Il primo del Pd a prima firma Ceccanti e a modifica dell’articolo 55, il secondo della Lega a prima firma Tomasi e Molinari e a modifica dell’articolo 78.

Una novità rivoluzionaria visto che, sinora, la Costituzione prevede una unica disciplina di “stato di emergenza”: quella specifica per lo stato di guerra. Deve essere deliberato dalle Camere (78) e dichiarato dal presidente della Repubblica (87). Nel qual caso, le Camere “conferiscono al Governo i poteri necessari” (78), la durata di ciascuna Camera può essere prorogata (60), i tribunali militari hanno la giurisdizione stabilita per il tempo di guerra (103), eventualmente senza ricorso in Cassazione per violazione di legge (111).

Quali siano tali “poteri necessari” non è specificato, ma includono il potere legislativo. Con conseguenze in definitiva non controllabili, a causa della tendenza della Corte costituzionale a rendere la lettera come pare a lei, ignorando l’intenzione espressa dei padri costituenti ex-tunc espressa nei lavori preparatori.

Taluni hanno persino sostenuto una lettura evolutiva che estendesse il concetto di guerra (11) al Covid. Contra, l’assenza in Costituzione dell’espressione “stato di emergenza” o “stato d’urgenza”, a beneficio dell’espressione “casi straordinari di necessità e d’urgenza”, regolati dal successivo articolo sui decreti legge (77).

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Il decreto legge: (•) adottato dal governo e un singolo ministro non può deliberarne uno, neppure il presidente del Consiglio da solo; (•) emanabile con efficacia provvisoria e comunque non superiore a 60 giorni. (•) Promulgabile dal presidente della Repubblica (87) e non sono mancati casi di rinvio; (•) il giorno stesso dell’emanazione, deve essere presentato per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro 5 giorni; (•) non convertito in legge entro 60 giorni dalla pubblicazione perde efficacia e le disposizioni in esso contenute sono considerate come mai sorte; (•) nel qual caso, il governo è responsabile (una responsabilità giuridica, assoluta ed immediata, attenuata dal potere delle Camere di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti).

La rigida disciplina formale e il meccanismo di riconduzione al circuito parlamentare attraverso la legge di conversione, sono concepiti per accogliere l’emergenza e riportarla alla legalità costituzionale e al sistema di garanzie che la assiste. Non consentendo la Costituzione deroghe alla centralità del Parlamento nell’assunzione delle decisioni.

Alcuni sostengono che il decreto legge consenta al governo di decretare di urgenza in materia costituzionale: secondo loro, come esso deroga provvisoriamente alla separazione dei poteri, così può derogare provvisoriamente alla Costituzione … la sospende. Contra, la comune opinione dell’Assemblea costituente; l’esistenza di un apposito procedimento aggravato di revisione costituzionale; l’evidenza legislativa della riforma del 41 Cost, che descriveremo.

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Così, dopo la prima proclamazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale da Codice di protezione civile, il 31 gennaio 2020, fu subito evidente che tale strumento era del tutto incapace di intervenire in materia di diritti costituzionali. Tant’è che, per le successive misure, il governo ricorse a separati decreti legge. Mentre lo stato di emergenza di protezione civile sopravvisse come un orpello (198/2021).

Primo il DL 6/2020L 13/2020, elencava possibili misure ed ambiti di limitazione delle libertà costituzionali, in forma né puntuale né esaustiva; e rimandava l’attuazione in misura e modalità delle limitazioni a successivi Dpcm, che si intendevano ipso facto autorizzati. Qui sorse il problema della natura aperta di quel decreto legge: sorta di carta bianca concessa al governo perché lo attuasse a piacer suo, definendo esso stesso la limitazione anche totale di molteplici diritti costituzionali e financo la sua imposizione forzosa. Oltretutto attraverso uno strumento non disciplinato dalla Costituzione (dunque atipico), monocratico, nemmeno in ipotesi remota capace di intervenire in materia costituzionale. Tale problema venne affrontato con il DL 19/2020L 35/2020, che rendeva esaustivo l’elenco delle limitazioni ai diritti costituzionali, pur allargandolo. Sicché, da lì in avanti, non fu più possibile affermare che la Costituzione non offra strumenti adeguati all’emergenza: i decreti legge.

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Il problema divenivano i decreti legge stessi, nel limite in cui superavano le riserve di legge previste dalla Costituzione. (•) Ad esempio, se la Costituzione consente che la libertà di circolazione sia limitata per “motivi di sanità” dalla legge (16), lo stesso non si può dire per la libertà di impresa (“non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” recitava il 41-vecchio testo e la sicurezza non è la salute, perché sono due parole diverse e in Costituzione ci sono entrambe). Eppure è accaduto. (•) Altro esempio, quanto alla libertà di riunione (17) ed alla libertà di culto (19), la Costituzione non concede eccezione per “motivi di sanità” alla libertà di riunirsi in luogo non pubblico e ad esercitare in pubblico il culto. Eppure è accaduto. (•) Terzo esempio, milioni di italiani sono stati sospesi dal lavoro e dalla retribuzione, in nome del diritto alla salute parte TSO (“nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, 32), benché il diritto al lavoro (4) e il diritto alla giusta retribuzione (36) non concedano alcuna eccezione per “motivi di sanità”. Eppure è accaduto.

Insomma, i decreti legge Covid sono intervenuti ben oltre i limiti costituzionali e sono, quindi, illegittimi.

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A fronte di ciò, da anni si assiste ad uno sforzo di riconciliazione delle avvenute violazioni della Costituzione con la stessa. In cinque modi.

Anzitutto, facendo un gran parlare di bilanciamento, fra libertà sociali ed economiche e diritto alla salute (“la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”, 32). Chi sostiene che tale tutela debba essere perseguita a prezzo del sacrificio di qualsivoglia altro diritto costituzionale, invoca il veramente troppo generico obbligo di solidarietà (“la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo … e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, 2). Ma tale strada è impraticabile, dal momento che è la Costituzione a stabilire in dettaglio quali siano tali diritti inviolabili e doveri inderogabili, attraverso le riserve di legge, come abbiamo visto.

In secondo luogo, reinterpretando la Corte costituzionale il testo esistente. Così, la espansione del concetto di “profilassi internazionale”. La Costituzione definisce la “tutela della salute” come materia di legislazione concorrente fra Stato e Regioni e riserva allo Stato la legislazione in materia di “dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale” (117, come riformato nel 2001). Orbene, per profilassi internazionale normalmente si intendevano le procedure mediche per prevenire l’insorgere e la diffusione di malattie (per esempio, il “Certificato internazionale di vaccinazione o profilassi”, richiesto a chi si sposta in determinati Paesi). Sinché la Corte estese tale concetto a qualunque malattia “tale da dover essere reputata internazionale, sulla base della diffusività che la connota” e, quindi, ne assegnò la potestà alla legislazione esclusiva dello Stato (37/2021, 198/2021).

In terzo luogo, cambiando diritti e doveri dei cittadini in Costituzione. Come abbiamo visto, il vecchio testo del 41 Cost non consentiva che la libertà d’impresa fosse limitata per “motivi di sanità” dalla legge. Perciò, è intervenuta una riforma della Costituzione (GU 22 feb 2022) a sanare ex-post l’evidente difetto: “non può svolgersi … in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (41-nuovo testo). Manifestamente, il legislatore non si sarebbe preso la briga di sanare, se avesse ritenuto che il decreto legge consenta al governo di decretare di urgenza in materia costituzionale; e i danni illecitamente inferti erano troppo gravi perché, prima o poi, lo Stato non dovesse renderne conto.

In quarto luogo, dichiarando la Corte costituzionale inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, promossi prima dai deputati Sgarbi e Cunial, poi dal senatore Paragone e dai deputati Cabras e altri. Particolarmente istruttivi gli ultimi due, in quanto relativi alla esclusione dai lavori parlamentari dei parlamentari non in possesso di Green Pass rafforzato: il fatto che ai predetti venisse impedito l’accesso al Parlamento nel quale erano stati eletti, non costituiva per la Corte “adeguata dimostrazione di effettivo impedimento all’esercizio delle attribuzioni proprie” del senatore e dei deputati (67, 71). Una interpretazione manifestamente insensata che, però, ha permesso alla Corte di non esprimersi nel merito. Comunque, l’attuale suo presidente Amato ha fatto conoscere il proprio parere personale relativamente al tema più ampio del Green Pass rafforzato per l’intera popolazione, quando lo ha ascritto alla categoria delle “distinzioni tra soggetti vaccinati e soggetti non vaccinati” … mentre invero si tratta di discriminazioni (3).

In quinto luogo, consentendo la stessa Corte costituzionale continui cedimenti sul limite dei principi fondamentali. Di essi si era sempre detto che non sono soggetti a revisione. Così, in passato, la Corte ha affermato che essi, inclusi quelli “non espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione”, “non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali”, sicché “la legge di esecuzione del Trattato della CEE può essere assoggettata al sindacato di questa Corte” (1146/1988). Concetto ribadito, addirittura con maggiore forza, nel 2014: “non v’è dubbio … che i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale … operino quali controlimiti all’ingresso delle norme dell’Unione europea … Essi rappresentano, in altri termini, gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale” (238/2014), quest’ultima sentenza con giudici, fra gli altri, Mattarella, Cartabia, Amato.

Eppure, alla enunciazione retorica della teoria dei controlimiti la Corte non ha mai dato attuazione, con un atteggiamento teorizzato lo scorso aprile da Amato già presidente, quando è riuscito persino a dire di dover far rispettare la Costituzione perché lo prevede il 4 Tue. Sicché, siamo ridotti ad assistere alla tacita abrogazione di tanti principi fondamentali (quelli cosiddetti economici come la tutela del risparmio, incompatibile col bailin 47, il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali 11, …), ormai trattati come un orpello nonostante siano un fatto giuridico supremo e legittimamente ancora operativo, e oggi sopravvivono solo in sonno. Di più, questo Parlamento ha appena riformato, insieme al citato 41, pure il 9, con legge promulgata Mattarella visto Cartabia … mentre Amato sedeva alla presidenza della Corte. L’immodificabile è stato modificato.

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Epperò, tale sforzo di riconciliazione evidentemente non basta, se ancora si vuole inserire in Costituzione un autonomo “stato di emergenza”, accanto allo “stato di guerra”. Tale intenzione non può derivare da un asettico desiderio di riordinamento: l’ordine c’è già. Bensì, le avvenute violazioni della Costituzione sono troppo grandi … oppure lo sono quelle che si progettano. Per ottenere il risultato, non sarebbe nemmeno necessario che si giunga alla formulazione più esplicita possibile, quella dello “stato di guerra” (78). Bensì, è sufficiente inserire la semplice menzione di “stato di emergenza”: elevandolo, così, a rango costituzionale uguale a quello dei diritti e delle libertà tutelate dall’assenza di riserva di legge. In modo da poterle legittimamente conculcare, non più legge-contro-costituzione, ma costituzione-contro-costituzione.

Così, se la Costituzione non concede alcuna eccezione alla libertà di riunirsi in luogo non pubblico (17), il prossimo governo che vorrà conculcarla non agirà più illecitamente con legge di rango inferiore … bensì legittimamente brandendo il pari rango costituzionale dello stato di emergenza. Di più, lo stato d’emergenza avrebbe legittimamente ragione del diritto al lavoro (4) visto che tanto i principi fondamentali dal 2022 non sono più immutabili … figurarsi sospendibili. E così via … perché, la mera presenza dello stato d’emergenza in Costituzione ha il potere di travolgere costituzione-contro-costituzione qualsivoglia disposizione lì presente. Al limite, lo stato d’emergenza potrebbe travolgere pure la procedura di revisione (138), sospendendola a beneficio di una procedura, magari autocratica, che di Costituzione ne produrrebbe una nuova. Vabbè, “la forma repubblicana dello Stato non può essere oggetto di revisione costituzionale” (139) … ma per avere Sua Competenza presidente a vita basterà non chiamarlo “re”.

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Ed ecco lo “stato di emergenza” in Costituzione farsi lo stato di eccezione di Carl Schmitt. Su due cose si era sbagliato quel vecchio tedesco. La prima, è aver scritto che “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione” … mentre, qui da noi, l’eventualità più plausibile è che ad agire non sia un sovrano, ma un viceré: un proconsole, un agente di interessi magari esteri. Come intravedeva nel 1950 Calamandrei: “può avvenire che, in uno Stato che si afferma indipendente, gli organi che lo governano si trovino senz’accorgersene … a esprimere non la volontà del proprio popolo, ma una volontà che viene dettata dall’esterno, e di fronte alla quale il popolo cosiddetto sovrano si trova in realtà in condizione di sudditanza”. Senz’accorgersene … figurarsi oggigiorno che se ne accorgono benissimo.

Il secondo errore di Carl Schmitt è aver definito l’emergenza come un evento non prevedibile … mentre qui da noi è prevedibilissimo. Non ci vuole fantasia ad immaginare che la prossima crisi del Btp, oppure del gas, verrà definita un’emergenza e che Bruxelles risponderà reiterando le proprie annose pretese di riforme. Basta leggere Bonomi. Riforme cui si opporrebbe la Costituzione… ma non sarebbe più un problema, una volta dichiarato lo stato d’emergenza costituzionale. Contro le sinistre, lo stato d’emergenza avrebbe legittimamente ragione del diritto alla retribuzione proporzionata e sufficiente (36) … consentendo la svalutazione salariale che Draghi brama; del diritto alla salute (32), del diritto alla istruzione gratuita (34) e del diritto alla previdenza (38) … consentendo i tagli alla spesa pubblica per i quali Leuropa spasima. Contro le destre, lo stato d’emergenza avrebbe legittimamente ragione di ciò che resta della libertà di impresa (41), del riconoscimento della proprietà privata (42), del diritto all’indennizzo in caso di esproprio (43) e della tutela del risparmio (47) … consentendo la ristrutturazione del Btp o la mega-patrimoniale sui conti correnti, seguite dall’inevitabile bailin di massa. Contro tutti, lo stato d’emergenza avrebbe legittimamente ragione: del diritto di culto (1920) … riconsegnando i cristiani alle Catacombe; del ripudio della guerra come strumento di offesa (11) … consentendo a Sua Competenza di dichiarare guerra a chi gli parrà.

Prevedendosi un naturale malcontento ai limiti dell’insurrezione, il tutto sarebbe servito con parallela sospensione potenzialmente di tutti i diritti e libertà: personale (13), inviolabilità di domicilio (14), corrispondenza e comunicazione (15), sindacali (3940), …. Perché, di tutte loro l’emergenza avrebbe legittimamente ragione.

Al limite, lo stato d’emergenza avrebbe legittimamente ragione della durata delle Camere: elette per 5 anni e prorogabili “soltanto in caso di guerra” (60). Offrendo in cambio, ai parlamentari compiacenti, di poter finire di pagare le rate del mutuo ma, soprattutto, eliminando l’ultima remora: il costo elettorale delle riforme pretese da Bruxelles, costo a quel punto irrilevante. E vivremo finalmente in uno Stato come lo sogna Bruxelles: con le riforme e senza democrazia nazionale. Una colonia di tipo cinese, diciamo.

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Insomma, i progetti di legge costituzionale Ceccanti e Tomasi-Molinari meritano solo di essere consegnati all’oblio. Meglio se accompagnati dall’idea stessa di inserire lo “stato di emergenza” in Costituzione.