In Italia la politica della cosiddetta Prima Repubblica, cioè dal Dopoguerra a Tangentopoli, ha sempre visto una forte contrapposizione tra sinistra, più o meno comunista, schieramenti che si rifacevano al Patto Atlantico, e destra relegata in un angolo in quanto considerata erede del fascismo. Questo ha funzionato fino alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso. Il crollo del Muro di Berlino e di tutto il blocco di regimi comunisti dell’Europa dell’Est, compresa l’Unione Sovietica, ha messo in crisi questo sistema e questa visione politica, mettendo in grande difficoltà il Partito Comunista Italiano e di fatto sdoganando la destra e il Movimento Sociale, che da lì a pochi anni avrebbero cambiato nome diventando altra cosa.
Le vicende di inizio anni Novanta, lo scoppio di Tangentopoli e la cosiddetta “questione morale” hanno dato la spallata definitiva alla Prima Repubblica e ai partiti che ne hanno contraddistinto la storia. Nascono così nuovi partiti o movimenti, altri cambiano nome, piattaforma politica e ideali, ma rimane questa anomalia: anziché parlare di destra e sinistra in senso moderno, e riferito a politiche più aperte al mercato oppure più votate al welfare, come avviene in tutto il mondo, per esempio Repubblicani e Democratici negli Stati Uniti, Conservatori e Laburisti nel Regno Unito, si è continuato a parlare di comunisti e fascisti.
Questa anomalia, anacronistica e tutta italiana, continua ancora ai giorni nostri, nonostante le ultime elezioni politiche abbiano relegato i partiti che in qualche modo si rifanno ancora a ispirazioni ideali di desta e di sinistra a numeri marginali e abbiano rinnovato decisamente il quadro politico, tanto è vero che più di un leader di partito e di un notista politico hanno parlato di Terza Repubblica e la nascita del Governo gialloverde ha evidenziato il netto taglio con il passato sia per metodo che nel merito. Eppure, appena Salvini ha fatto dichiarazioni nette contro l’immigrazione si è subito parlato di fascismo.
La vicenda della via di Roma da intitolare ad Almirante e altre ancora di questi giorni dicono che in Italia la grande stampa e gli opinionisti in genere sono scollegati dalla realtà e ragionano ancora con stereotipi del passato. Lo dimostra la difficoltà con cui tutti gli ultimi cambiamenti epocali vengono analizzati, a partire dalla Brexit, a Trump, fino ad arrivare alle vicende italiane dei giorni nostri. Con una mentalità più adatta ai tempi della Guerra Fredda.
Matteo Salvini, comunque la si pensi, favorevoli o contrari alle sue politiche, è certamente stato abilissimo a leggere la volontà popolare e ad interpretarla, cosa che altri non sono riusciti a fare. Sta semplicemente dicendo in Europa quello che la maggioranza degli italiani voleva che si dicesse ed è inutile cercare di danneggiarlo dandogli del fascista, perché la gente comune non bada a denominazioni legate al passato, ma ai fatti legati al presente ed è evidente che l’immigrazione incontrollata di questi ultimi anni è percepita come un problema. Il fatto che finalmente qualcuno abbia alzato il coperchio sull’ipocrisia e sulla doppia morale dei partner europei, che da un lato predicano buonismo e accoglienza e dall’altro chiudono le frontiere lasciando tutti i problemi all’Italia, è visto di buon occhio e non sarà certamente dandogli del fascista che si diminuirà il suo consenso in costante rialzo. I ballottaggi di domenica scorsa hanno ulteriormente dimostrato questa tesi.
La politica e i media devono smettere di ragionare come nel ’45 e collegarsi con il presente, solo così questo Paese potrà crescere e avere una maggioranza e un’opposizione che si confrontano sui veri problemi e su come risolverli.