Chi critica l’Unione europea è spesso visto da molti come poco credibile, destinato a mandare in rovina il proprio Paese con le sue velleità euroscettiche. Il grande problema sta forse nell’aver unito erroneamente l’eurocritica sovranista a quella liberale. Posto che entrambi gli atteggiamenti sono legittimi, spesso è il primo a prevalere e a racchiudere automaticamente anche il secondo. Qualcuno potrebbe inoltre obiettare che, in fin dei conti, libertà e sovranità non siano poi così distanti. Concretamente però, si tratta di due valutazioni differenti dell’impianto europeo e che diffidano delle intenzioni dei poteri continentali per ragioni diverse.
Per chi, sul versante liberale, ritiene che l’Unione sia troppo burocratizzata e sempre più incline al centralismo, questo periodo sta offrendo un assist meraviglioso per sostenere le proprie ragioni.
Ci siamo ormai resi conto che l’Ue non vuole rimanere inerme davanti alle nuove religioni ambientaliste e identitarie che, purtroppo, arrivano da un’America in preda all’isteria culturale.
Alla luce delle ultime uscite a dir poco illuminanti della Commissione europea, è inevitabile che da molti fronti arrivino critiche risentite all’indirizzo di Bruxelles.
Già nelle scorse settimane, la reazione dell’opinione pubblica di fronte alla proposta di ridiscutere i termini adeguati alle festività natalizie, declinando alcuni riferimenti religiosi o simbolici in nome dell’ormai abusata “inclusività”, ha costretto i vertici dell’Ue ad un necessario dietrofront rispetto ad una spinta “riformatrice” non richiesta e altamente ridicola.
A questa farsa si è da poco aggiunta una bozza di direttiva che sa di pianificazione socialista e andrebbe ad impattare profondamente la condizione di milioni di famiglie in tutta Europa. Il titolo che la riassume al meglio è quello di Carlo Lottieri su il Giornale: “Se Bruxelles impoverisce i più deboli”. Come riporta Lottieri, “dal 2027 non sarà possibile vendere né affittare gli immobili che consumano più energia: quelli inferiori alla classe E; e dal 2030 finiranno nella stessa situazione pure gli immobili in una classe inferiore alla C”.
I principali europeisti, spesso fintamente liberali, direbbero che non c’è alcun motivo di allarmarsi, visto che si parla di adeguamenti che verranno compiuti in futuro, ma che sono necessari al fine di garantire quella transizione ecologica imprescindibile per l’avvenire. Nessuno nega tale esigenza, ma siamo veramente sicuri che i luminari della transizione tengano conto delle difficoltà delle famiglie e delle imprese nell’adeguarsi ai paletti da loro imposti? Perché di imposizione si tratta, senza girarci troppo intorno. Se dunque elencassimo tutte le altre brillanti trovate, risulterebbe evidente che questa Europa ha sempre meno connotati liberali e sempre più un’impostazione pianificatrice e socialista. Per non parlare poi del Pnrr che, per l’appunto, è un vero e proprio piano quinquennale, con obiettivi e impegni precisi.
Più si va avanti e più si delinea la sagoma di un Superstato etico che vorrebbe indirizzare il cambiamento, attuando misure che nel breve e nel lungo periodo avrebbero conseguenze non indifferenti sul tessuto sociale ed economico di molti Stati membri.
Ai tanti che, anche da destra, criticano l’Unione europea additandola come emblema del “liberismo selvaggio” e del “turbocapitalismo”, dovremmo perciò ricordare che nell’eccesso normativo e vessatorio dell’Unione non vi è nulla di liberista, bensì il suo contrario.
A chi invece pensa di confermare la propria matrice liberale nell’appoggio incondizionato a Bruxelles, è giunta l’ora di essere chiari: essere liberali non significa diventare automaticamente europeisti dagli occhi bendati. Anzi, la critica più costruttiva all’Ue è sempre giunta da chi, con lungimiranza, ha cercato di concepire una comunità che tutelasse le libertà nella diversità, preferendola ad un’Unione armonizzatrice dall’inevitabile deriva statalista.
Del resto, se avessimo considerato i suggerimenti di Margaret Thatcher o di altri autorevoli liberali come il prof. Antonio Martino, il Continente sarebbe ben diverso da come si presenta oggi e la fiducia verso le istituzioni europee non sarebbe così vacillante. Proprio l’economista allievo di Milton Friedman ha chiarito che, di questo passo, sarà la stessa Ue ad auto indebolirsi e a rafforzare le velleità antieuropee per definizione, se non proverà ad imboccare una prospettiva diversa:
“Quanti credono nell’Europa devono avversare l’Ue e quanto ha fatto per screditare l’Europa. L’alternativa, niente affatto remota, è che gli antieuropeisti stravincano, spazzando via anche quello che di buono c’è nella costruzione europea”.