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L’ultimo rapporto Aiea sul nucleare iraniano, mentre si avvicina la scadenza dell’embargo sulle armi a Teheran

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L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha diffuso il 5 giugno scorso il suo ultimo report relativo al programma nucleare iraniano. L’esito delle verifiche è allarmante: non solo Teheran ha aumentato di quasi otto volte il quantitativo di uranio (a basso arricchimento) in suo possesso, arrivato a 1.571,6 chilogrammi, ma ha anche negato agli ispettori dell’agenzia delle Nazioni Unite di accedere agli impianti nucleari per verificare quanto sta accadendo all’interno. Questa nuova limitazione si aggiunge al solito divieto imposto da Teheran all’accesso ad alcuni siti militari, come Parchin, dove è noto che sono stati svolti test per verificare gli effetti di una esplosione atomica.

Come noto, dopo il ritiro Usa dal Jcpoa, la Repubblica Islamica ha annunciato la decisione di ridurre i suoi impegni nel rispetto dell’accordo firmato a Vienna nel 2015. Piccolo particolare, Teheran non ha però mai annunciato, come la Casa Bianca, la volontà di ritirarsi dall’accordo, ed è quindi formalmente ancora totalmente vincolata alla risoluzione Onu 2231. Risoluzione che, per la cronaca, Teheran non ha mai completamente rispettato, visto che ha liberamente continuato a testare missili in grado di trasportare un ordigno nucleare, contrariamente  a quanto previsto dall’allegato B della risoluzione 2231.

Allora perché l’Iran non ha completamente abbandonato l’accordo sul suo programma nucleare, come fatto dagli Stati Uniti? La risposta è semplice, perché ha piena convenienza a restarne dentro, soprattutto considerando che, secondo quanto previsto dall’accordo voluto da Obama, scadrà il 18 ottobre del 2020 il bando Onu sulla vendita delle armi alla Repubblica Islamica. Il segretario di Stato Usa Pompeo ha lanciato quindi una campagna diplomatica, affinché l’embargo verso Teheran venga rinnovato e recentemente si è detto fiducioso che questo accadrà.

Washington sta cercando di far rinnovare il bando all’export di armi verso Teheran, per mezzo di una clausola del Jcpoa che prevede, in caso di non rispetto dei patti da parte di Teheran, che possano essere re-inserite le sanzioni nei confronti della Repubblica Islamica. Cina e Russia però non sembrano per ora intenzionate a seguire sul tema gli Stati Uniti, mentre l’Ue è ancora titubante sul da farsi. 

Detto questo, proprio l’Ue dovrebbe ragionare sulla scelta più saggia per il futuro dei suoi rapporti con l’Iran. Una pace duratura è impossibile con l’attuale struttura del Jcpoa. Se l’embargo delle armi fosse esteso, probabilmente sarebbe l’Iran a dichiarare definitivamente morto l’accordo nucleare, aprendo così la strada ad un maggiore realismo, e a nuovi negoziati con gli Stati Uniti, che includano non solo qualche aspetto nucleare, ma anche temi caldi come la postura regionale iraniana, il terrorismo, Israele e il programma missilistico. Come riportato già da Atlantico Quotidiano, è già in corso un dialogo indiretto tra Washington e Teheran su diversi temi, che potrebbe trasformarsi in negoziato vero se Trump rivincesse le elezioni a novembre. La domanda da porsi quindi resta solo una: da che parte vuole stare l’Ue?

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