“Renzi? Ma lui fa parte del governo”. Punto. Così risponde secco Matteo Salvini durante la conferenza stampa di giovedì 27 febbraio sull’emergenza coronavirus, prima di salire al Quirinale. Apprezzabile certamente quel messaggio WhatsApp, mostrato in un tweet, in cui Renzi esprime la sua solidarietà ad Attilio Fontana, governatore leghista della Lombardia, vero epicentro degli attacchi del premier Giuseppe Conte 2 – o, forse “Casalino 1”, ovvero “sputtanati nel mondo”, come mi ha detto il numero due leghista Giancarlo Giorgetti per Formiche.net.
Salvini dice chiaramente: via Conte, breve percorso per “uscire dal pantano e andare al voto”. Parole che suonano come quel “breve percorso ordinato prima del voto”, di cui ha più volte scritto Atlantico. Nessun governissimo, dunque. Come scriveranno i cosiddetti giornaloni. È comunque un fatto che Salvini sia salito al Quirinale e si sia rotto il gelo che c’era dall’estate scorsa tra il capo dello Stato Sergio Mattarella (“che attento e gentile ha ascoltato le mie proposte per industrie e imprese”, ha riferito Salvini) e il leader leghista.
Tornando a Renzi, il punto politico, non suoni cinico ma le leggi della politica lo sono, è che l’emergenza coronavirus ha tolto oggettivamente all’ex premier, ex leader Pd, a capo ora di Iv, la golden share che avrebbe potuto far valere su Conte. E di fatto ha rilanciato il vero capo dell’opposizione, ovvero il senatore ed ex ministro dell’interno Salvini, segretario della Lega nazionale, primo partito italiano. Comunque finirà, è questo che ha messo in luce la sua salita al Colle di giovedì 27 febbraio. Salvini, forte del fatto che i governatori del Nord presi di mira dal premier siano leghisti per la gran parte, ha rappresentato l’Italia in carne e ossa, quella vera che cozza ormai in modo vistoso con quella rappresentata da un governo di fatto minoritario nel Paese. Mentre Renzi, con radici nella sinistra Dc, forse non ricorda quel che accadde ai cosiddetti “miglioristi” filo-craxiani del PCI: rimasero irrisolti e presi in mezzo. Detto con grandissimo rispetto per la storia di personaggi come Gerardo Chiaromonte.