L’emergenza Coronavirus sta sottoponendo i governi dei Paesi occidentali e le istituzioni stesse a una pressione che fino a pochi mesi fa non avremmo immaginato: la classe politica si trova a dover dare risposte chiare, forti ed efficaci e al tempo stesso a conciliare le misure prese con i concetti importantissimi di libertà e democrazia. In Gran Bretagna, la più antica democrazia liberale, le misure restrittive imposte dal governo per arginare i contagi hanno sollevato polemiche molto più che altrove, dato che i britannici sono storicamente abituati a un governo più limitato nel suo campo d’azione rispetto a quelli degli altri Paesi europei. Il National Health Service, il glorioso NHS, rischia veramente il collasso e Charles Moore, biografo ufficiale della Thatcher e opinionista sul Telegraph, arriva a ritenere il NHS stesso responsabile, per la sua inefficienza, del blocco della nazione. Moore, in particolare, fa notare come un sistema pubblico fortemente centralizzato come, appunto, il NHS, sia generalmente meno efficiente di sistemi decentralizzati e aperti al privato come quello tedesco.
“Perché stiamo applaudendo il NHS? È buono e giusto applaudire i lavoratori del NHS, ma non si tratta della stessa cosa.”
Il sistema sanitario britannico non è immune da difetti, come lo sono tutti i sistemi centralizzati (con buona pace di chi, in Italia, vorrebbe che la competenza in materia sanitaria tornasse a Roma), ma in questa situazione di crisi stanno emergendo due figure valide nella loro capacità di affrontare le crisi: Rishi Sunak e Matt Hancock.
Il primo, Cancelliere dello Scacchiere di fresca nomina, si è trovato subito a dover affrontare la patata bollente del virus e delle sue ricadute sull’economia. In pochi giorni ha dovuto presentare un primo budget di 30 miliardi (quando ancora l’Italia parlava di 4 o 5) fatto di esenzioni fiscali e assunzioni nel NHS. A questo sono seguite, come abbiamo potuto vedere, misure ancora più incisive, fino al whatever it takes che ha calmato almeno temporaneamente le acque dell’economia britannica.
Matt Hancock, segretario per la salute, sta insistendo nel difendere le misure di sicurezza adottate contro una parte del suo stesso governo, che sostiene che ci si sia spinti troppo oltre in nome di una sicurezza della quale non si vedono i risultati. Hancock ha promesso che entro fine mese lo Stato riuscirà a garantire 100.000 test al giorno, ridimensionando notevolmente la promessa di 250.000 tamponi fatta da Boris Johnson, ma si attiene alla linea condivisa riguardo ai test diffusi che sia il premier che il suo ex sfidante alla leadership del Partito Conservatore Jeremy Hunt hanno fatto propria.
Come afferma James Kirkup dalle colonne dello Spectator, “chiunque tenga d’occhio i briefing giornalieri di Downing Street avrà notato che il Cancelliere dello Scacchiere e, più recentemente, il Segretario alla Salute, spiccano come i ministri più abili nel rendere i propri resoconti e nel dimostrare di avere la crisi sotto controllo.”
A emergere è la figura di due uomini politici relativamente giovani che, al netto dei risultati che le loro politiche saranno in grado di ottenere, hanno dimostrato una notevole capacità di reazione e padronanza della propria area di intervento. “Danno l’idea di aver capito la situazione, di avere un piano per affrontarla e di essere capaci di supervisionarne l’attuazione” afferma sempre Kirkup. Noi in Italia sappiamo quanto l’incompetenza e il cronico ritardo di reazione rispetto agli eventi possano essere dannosi in termini economici e di vite umane.
Un fatto solo deve farci riflettere: mentre in Gran Bretagna l’attenzione gravita intorno al Governo e ai suoi ministri, in Italia la conferenza stampa più seguita è quella della Protezione Civile con Borrelli e i suoi “ospiti”, segno della poca fiducia che abbiamo nella nostra classe politica e di quanto poco questa stessa classe abbia fatto per essere meritevole di fiducia.
Sunak e Hancock hanno un passato molto simile: entrambi infatti provengono dal mondo della finanza (il primo da Goldman Sachs e il secondo dalla Bank of England) e hanno fatto carriera nell’establishment conservatore. Sunak si è fatto strada nel think tank conservatore Policy Exchange e ha collaborato con il thatcheriano Centre for Policy Studies: è sua una delle prime proposte per l’istituzione di zone franche per attrarre investimenti in territorio britannico. Hancock invece è stato consigliere del Cancelliere dello Scacchiere Osborne durante i governi di Cameron ed è uno dei volti moderati del partito sin da quando si schierò per il Remain nel 2016.
Non stiamo parlando di due estremisti ma di due uomini politici pragmatici che si stanno prendendo delle responsabilità davanti al proprio Paese; esattamente ciò che in Italia non succede mai per la natura stessa del nostro sistema elettorale, che crea maggioranze confuse e non permette una reale accountability dell’operato di chi viene eletto.
Il 21 aprile, intanto, il Parlamento inglese riaprirà i battenti (anche se in questi giorni si è discusso molto sulle testate britanniche della possibilità di fare la seduta in videoconferenza): lì nasceranno i problemi più grossi per il Governo. I MP (Member of Parliament) porteranno le esperienze dei propri constituents (gli elettori nei rispettivi collegi), che vedono minacciato il proprio lavoro e il proprio benessere a causa del lockdown messo in atto per arginare il contagio.
Hancock e Sunak saranno, anche in quella situazione, i due uomini da tenere d’occhio.