Le Olimpiadi di Parigi sono la fotografia di questo mondo. Pur avendo l’impressione che la foto sia stata scattata da un fotografo dilettante e con un apparecchio modesto (magari un telefonino), resta il fatto che questa fase del nostro tempo è caratterizzata dalla confusione tra informatori e informati, con parziale o totale sovrapposizione dei due ruoli, che stentano ormai a differenziarsi.
Oggi la (o il) pugile algerina/o è uomo, per tornare miracolosamente donna poche ore dopo, sulle ali dei tweet e dei post che costituiscono la quasi totalità dei flussi informativi globali. Allo stesso modo, apprendiamo che il saltatore italiano Tamberi (e qui mi scuso per averlo indicato semplicemente come “saltatore” invece che “campione divino” o qualcosa di simile) è ricoverato in preoccupanti condizioni all’ospedale (sentita al tg Rai), per poi vederlo gareggiare poche ore dopo. Va bene, non siamo nati ieri, sappiamo che gli scoop giornalistici sono arma d’assalto nella guerra dell’informazione, ma qui si sta esagerando.
Facendo leva sull’orrendo paradosso della censura, in osservanza del quale ogni limite alla libera propalazione di emerite e pericolose cretinate sia censura, siamo arrivati al punto in cui letteralmente chiunque si può inventare una notizia e pubblicarla su uno dei tanti social media, per poi vederla convalidata e diffusa da agenzie di stampa, quotidiani e telegiornali.
Incuranti del vecchio adagio che raccomandava prudenza nella possibile distorsione lessicale tra Roma e toma, tale è la fretta di dirla subito e per primi che, continuando di questo passo, rischieremo di leggere che è scoppiata la guerra mondiale soltanto perché così ha capito una rivalutata casalinga di Voghera (termine probabilmente non più ammissibile per manifesta scorrettezza politica) avendolo scritto su Facebook.
Quale sia il vero sesso di un atleta o quale sia la salubrità (anche se ci accontenteremmo della non pericolosità) delle acque della Senna basterebbe appurarlo, senza tanto battere di grancassa, tramite un accertamento tecnico effettuato da ente terzo e di rilevante attendibilità. Ma potrebbe essere che si faccia fatica a individuare terzietà e attendibilità, caratteristiche che certamente verrebbero contestate sui social da parte di Fragolina97 o da Terminator, col risultato di costringere alla pubblica esibizione di titoli e accrediti persino per il CNR.
Benché tutti adepti di San Tommaso e, quindi, troppo intenti a mettere il dito nelle piaghe altrui, finiamo per non accorgerci che, mentre facciamo le nostre verifiche sul web, nostro imprescindibile sussidiario globale, ce la stanno raccontando in modo smaccato e non necessariamente standoci di fronte.
A proposito di paradossi, verrebbe da chiedersi se tante notizie a caratteri cubitali e tante breaking news non stiano perdendo d’efficacia proprio per il sovraffollamento dei titoloni sugli organi di stampa. Mitridatizzati dall’assunzione quotidiana di dosi crescenti di scoop, stremati da indicazioni clownesche del tipo “secondo un’autorevole fonte informata”, rischiamo di credere persino al cane che parla sui social.
V’è poi un altro aspetto. Benché sia passato davvero tanto tempo da quel 30 ottobre 1938, quando un poco più che ventenne Orson Welles scatenò il panico negli States, leggendo alla radio CBS un brano di fantascienza nel quale si annunciava che gli alieni erano scesi sulla Terra, la Guerra dei Mondi sembra oggi tutt’altro che un retaggio del passato. Essendo sempre più diffuso il timore di un utilizzo mirato e criminale dell’Intelligenza Artificiale per diffondere notizie del tutto false a carattere destabilizzante, non possiamo affidarci unicamente alla sorveglianza (nemmeno a titolo di mera verifica dell’integrità di sistema) degli enti proposti alla tutela delle comunicazioni ufficiali.
Ogni giorno vediamo sui social (la cui frequentazione quotidiana è indispensabile per chi scriva su un quotidiano) filmati artefatti ma sempre più perfezionati, nei quali leader mondiali dicono e fanno cose bizzarre e potenzialmente pericolosissime. Che farci, nella pratica? Nulla, signori miei: in concreto non possiamo farci assolutamente nulla; perlomeno nei brevissimi tempi intercorrenti tra il recepimento di una notizia artefatta e la sua più o meno inconscia ri-trasmissione ad altri, con il prevedibile “effetto domino” che ne deriverà.
Spingendoci al limite estremo del ragionamento, si potrebbe addirittura affermare che fosse un mondo più sicuro quando dall’estero ci giungeva relativamente poco, quando altrettanto poche e talvolta persino controllate erano le fonti d’informazione e quando il parere da bar non oltrepassava quella porta.
Nulla a che spartire con le perniciose ipotesi della “decrescita felice” che piacciono ai poveracci sobillati da personaggetti (cit. De Luca) certamente migliori conoscitori della decrescita più che di crescita (almeno elettorale), tutti accomunati da facce che tutto possono ispirare tranne che felicità. Ciò nondimeno, questo modello di crescita preoccupa, sempre ammesso che di vera crescita si possa parlare, in quanto basato sul bombardamento di notizie che non ci lascia tregua né scampo, perché il maledetto e sempre più indispensabile telefonino non ci lascia più tranquilli nemmeno al cesso.
Resta, comunque, l’assioma che il gran sole arroventi le teste. Se poco pensanti, con ancor più danno.