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La svolta mediatica di Gino Cecchettin: dal lutto alla cura dell’immagine

Il padre di Giulia si affida ad un’agenzia di comunicazione. Stiamo assistendo a qualcosa di nuovo, spregiudicato, forse comunicativamente innovativo ma terribile

Gino Cecchettin Manager © annatodica tramite Canva.com

“Il signor Cecchettin ha bisogno di riposare”, “in questi giorni Gino Cecchettin si è preso una vacanza e non se la sente di rilasciare interviste e dichiarazioni”. Ormai lo sappiamo più o meno tutti chi è il signor Gino Cecchettin, è il papà di quella povera ragazza uccisa a coltellate e gettata in un dirupo la cui scomparsa ha tenuto con il fiato sospeso l’Italia, la dolce Giulia Cecchettin trucidata dall’ex fidanzato, di cui non faremo il nome perché merita l’oblio, anzi per l’orrore del gesto che ha compiuto e per come lo ha compiuto merita proprio la damnatio memoriae.

La prendo da lontano, ma ci arrivo al punto: certe persone, certi avvenimenti, certi comportamenti non andrebbero premiati dalla copertura mediatica, perlomeno non in modo da far diventare protagonisti i carnefici, gli assassini, tutti quelli che hanno compiuto gesta contrarie al pubblico senso della decenza e ovviamente anche contro la legge.

E invece si assiste ormai da decenni, sull’onda del sensazionalismo giornalistico di stampo statunitense, al mostro che diventa vip, che all’inizio è il male puro in prima pagina e poi è a firmare copie del suo bestseller in libreria, milioni di copie del suo memoir confezionato sulla pelle di qualche povera vittima, di qualche morto ammazzato.

Ma qui stiamo assistendo a qualcosa di nuovo, spregiudicato, forse anche comunicativamente innovativo ma terribile: stiamo assistendo alla fama per connessione, all’intervista per parentela, al saprofitismo del fatto brutto personale, allo sfruttamento dell’onda criminale sulla pelle di una vita spezzata.

Se lo fa un padre, poi, non dovrebbe darci un po’ fastidio? Nessuno si indigna più, tutto è lecito, tutto è concesso, rilasciare interviste come un divo, conferenze stampa e adesso persino ingaggiare un agente per parlare con i media. Questo ha fatto il padre di Giulia, si è affidato ad un’agenzia londinese. Per smettere di parlare però, in attesa di… ?

Non era bastata la nonna che aveva dato a molti l’impressione di aver archiviato la disgrazia in quattro e quattr’otto e approfittato delle telecamere per proporre una sua creazione letteraria, così, come nulla fosse. Ma d’altronde, la mela non cade mai troppo lontano dall’albero, però questa… questa il signor Cecchettin se la poteva, doveva, risparmiare.

Perché guardate che la gente pensa, la gente giudica, la gente prova empatia, pensare di farla franca e non essere condivisi può non interessare, ma è sempre un’arma a doppio taglio.

L’ottima agenzia di comunicazione Andrew Nurberg, ingaggiata dal familiare di turno – perché non è il primo e purtroppo non sarà l’ultimo – è anche un’agenzia letteraria, rappresenta autori di tutto il mondo nella narrativa per ragazzi e nella fiction. Dopo settimane di sovraesposizione mediatica, ha fatto sapere l’agente, “in questi giorni la famiglia si è chiusa nella riservatezza”.

Avrà ceduto i diritti per un romanzo? Per una storia vera? Per un soggetto cinematografico? Una fiction? Possiamo essere un po’ schifati? Abbiamo diritto di respingere al mittente questa “cosa”?

Possiamo dire a queste persone che cavalcare un lutto e andare a parlare dovunque non è solo un modo di ricordare la vittima o accendere un focus, ma è, sempre più spesso purtroppo, un comportamento disdicevole, difficile da digerire per chi sente il pudore della sofferenza come qualcosa da vivere in privato e non qualcosa su cui lucrare o tentare di lucrare? Di solito sono gli avvocati a parlare con i media, non c’è alcun bisogno di un agente.

È ora di dire al pubblico, a chi guarda la televisione, a chi legge i giornali e anche a chi li scrive in verità, che alcuni comportamenti non vanno incoraggiati, certe interviste non sono scoop, sono schifezze che non tutti vorrebbero vedere, sono notorietà costruita su dettagli morbosi di crimini che andrebbero solo puniti severamente e dimenticati. Se mia figlia fosse stata uccisa in quel modo, mai e poi mai mi metterei nella condizione di dover magari un domani persino ringraziare l’assassino perché magari mi farà guadagnare del denaro.

Poi, ovviamente, ci saranno quelli che diranno che ha fatto bene perché chi non è avvezzo al mondo dei media deve tutelarsi quando ci viene catapultato dentro. O ci si catapulta?

La prossima volta i media ci racconteranno che Gino Cecchettin ha fatto la spesa dal salumiere, è uscito col cane, ha preso la macchina per andare al mare e tutti “o-oh grande puffo!”. La vacanza dovremmo prendercela noi, da queste persone e dai media che premiano con la visibilità questo mercimonio sulla morte. La coscienza di molti milioni di noi sa esattamente da che parte stare.