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Par condicio alla francese: chiuso il canale C8 per troppe voci di destra

L’autorità di regolamentazione dei media francesi, Arcom, revoca l’autorizzazione alla tv. Il free speech vera seccatura per i guardiani delle democrazie

Cyril Hanouna (C8)

L’autorità di regolamentazione dei media francesi, Arcom, ha revocato l’autorizzazione a trasmettere sul digitale terrestre al canale C8, parte di Canal+ e di proprietà di Vincent Bolloré. Un fatto marginale, che interessa solo i francesi? 

Neppure tanto. Potrebbe infatti essere un precedente pericoloso, se i “democratici” cacciatori di fake news italiani se ne accorgessero: potrebbero essere tentati di ricordarsi dei tempi di Retequattro e del suo tg sgradito (e forse sgradevole), quando per anni hanno cercato di farla “andare sul satellite”.

Cos’è C8?

Si tratta di un canale tv importante: si trova alla posizione “8” del telecomando e vanta secondo il presidente dei Repubblicani Eric Ciotti “la maggior share di audience in determinati orari”. Non in tutti gli orari in realtà: nella media della giornata si pone agli stessi livelli della italiana Tv8.

Ma la cosa che la contraddistingue è la programmazione, dove troviamo titoli quali “Indagine ad alta tensione Risse, traffico di stupefacenti, aggressioni: 100 giorni con la polizia di Nizza” e soprattutto il programma di Cyril Hanouna, “Touche pas à mon poste”. Trasmissione che aveva a suo tempo ospitato i Gilets jaunes (gilet gialli) e che invita sistematicamente voci di destra: evidentemente una cosa non accettabile.

Le motivazioni

Nella sua motivazione, Arcom ha affermato di aver fondato la propria decisione sull’“l‘intérêt de chaque projet pour le public au regard de l’impératif prioritaire de pluralisme des courants d’expression socio-culturels”, “l’importanza di ogni progetto per il pubblico in relazione all’imperativo prioritario del pluralismo delle correnti di espressione socio-culturale”. 

Un bel jargon politically correct per dire che ciascun canale dovrebbe avere al suo interno una pluralità di opinioni, senza tener presente che la stessa pluralità si può raggiungere invece con la presenza di svariate reti con differenti orientamenti. Come negli Usa, dove alla “democrat” Cnn si oppone la “conservative” Fox News.

Tempi di parola

Tante belle parole da parte di Arcom. Ma proprio lunedì sono stati diffusi i dati relativi ai tempi di parola garantiti dalle reti pubbliche ai vari partiti prima delle elezioni, cioè per quanti minuti i francesi hanno potuto ascoltare le opinioni dei diversi partiti. Sono interessanti in quanto l’indicazione della stessa Arcom era “equità tra le formazioni politiche”. E questi sono i dati: 

tempi parola Fr2

Capite? Equità non significa “dare il medesimo tempo a ciascun partito” ma “dare a ciascun partito un tempo proporzionale al suo risultato alle elezioni precedenti”. Ed ecco che magicamente il movimento del presidente Macron ha avuto il 31.14 per cento di video, l’RN il 24,1 e – ad esempio – i socialisti il 9.11 per cento.  

Ironici i risultati: la troppa esposizione mediatica di Macron e i suoi ministri ha avuto l’effetto di esasperare i francesi, che infatti lo hanno relegato all’ultimo posto tra i tre partiti che contano.  Qualcosa su cui speriamo riflettano i lottizzatori italiani (quelli da sempre impegnati nelle “nomine” Rai).

Il bavaglio

In ogni caso C8 perderà la licenza. Le destre hanno protestato, con affermazioni quali “Siamo ancora un Paese di libertà? Gli amici del potere vengono premiati, gli altri puniti. La rete gratuita con il maggior successo popolare è imbavagliata, una deriva mortale per la nostra democrazia” – come twittato da Eric Ciotti – o, più sinteticamente ed efficacemente “Per il potere il pluralismo è insopportabile” (affermazioni di Le Pen e Bardella in svariate interviste).

Ma se l’autorità può cancellare una rete non può fortunatamente cancellare una voce. L’ultimo messaggio del presentatore, datato 28 luglio (e con 2,5 milioni di views sul solo X) termina con “Rdv le 2 sept “, appuntamento al 2 settembre. Come dire: su un’altra rete. Niente da fare, il free speech resta una vera seccatura per i guardiani delle democrazie