Polymarket ci ha preso: ed ecco che arriva l’FBI

Colpa grave: mostrava un’alta probabilità di vittoria di Trump, in contrasto con la maggior parte dei sondaggisti tradizionali, da Ipsos a Nate Silver

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Contro ogni opinione, Polymarket ha previsto correttamente la vittoria del presidente Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi, mentre i migliori sondaggisti hanno toppato. 

Inaccettabile: ecco che allora l’FBI si mette in azione, perquisisce la casa e sequestra il telefono del fondatore e ceo, Shayne Coplan. La colpa è grave: il sito mostrava – come da noi spesso raccontato – un’alta probabilità di vittoria di Trump prima delle elezioni, attribuendo a Kamala Harris una possibilità minima, in contrasto con la maggior parte dei sondaggi tradizionali.

La ritorsione

Polymarket ha affermato che il raid del 13 novembre è una ritorsione per il fatto che i suoi utenti avevano scommesso in modo schiacciante sulla vittoria di Donald Trump, mentre la tesi dell’FBI è che sia necessario sapere se cittadini americani hanno utilizzato il servizio, cosa che – stranamente in un Paese di libertà – è interdetta a chi risiede negli Usa. 

Non c’è molto altro da commentare per il momento, anche se immaginiamo che a questo punto Christopher Wray (l’attuale direttore dell’FBI) rischi la fine di James Comey, “fired” senza tante cerimonie da Trump durante il suo primo mandato. Anche se – occorre ricordarlo – la nomina di Wray era stata fatta da Trump stesso, poco dopo il licenziamento di Comey.

Tin Bullettin 

Tin Bullet(tin), proiettile di latta e non più “silver” bullet: così potremmo chiamare il sito del più famoso meta-sondaggista d’America, Nate Silver. Pur con infiniti giri di parole, Silver non ha mai smesso di pubblicare grafici che vedevano Harris in testa, avanzando il sospetto che i sondaggisti che ottenevano risultati differenti avessero una sorta di remora ad andare contro corrente (fenomeno da lui definito “herding”).

La notte prima delle elezioni aveva perfino eseguito 80.000 differenti simulazioni, arrivando ad affermare che il risultato era “close”, molto vicino. Ma il grafico mostrava sempre il blu sopra il rosso

E il punto è ovviamente che la vittoria di Trump è stata netta, tutt’altro che “close”

Ipsos e il sondaggio Panoncelli 

C’è da dire che anche Ipsos, da noi intervistata a settembre, aveva affermato che “il valore centrale di una stima campionaria rimane il valore che ha più probabilità di essere corretto, per cui uno scostamento di diversi decimali o addirittura superiore ad un punto è comunque un segnale”.

Ebbene, proprio questa specie di “buon senso”, questa indicazione basata sull’intuito – e che a nostro avviso è contraria alla definizione di come leggere le statistiche e il loro margine di errore – è quella che ci irrita ogni volta che sentiamo i commenti al consueto sondaggio del Corriere

Frasi come “FdI mostra un decremento di poco meno di un punto percentuale rispetto ad ottobre, collocandosi al 26,8%” (sondaggio del 11 novembre) a noi sembrano aria fritta e non capiamo come – anche dopo la chiara dimostrazione delle elezioni Usa – si continui a citarle nelle rassegne stampa e magari a commentarle nei vari dibattiti.

No: i sondaggi non sono più in grado di dirci nulla e pensiamo sia il caso di prenderne atto. 

Il segreto di Polymarket

Piuttosto, come mai Polymarket è riuscita a prevedere correttamente i risultati che ormai conosciamo? La spiegazione prevalente, anche quella di Musk, ci è sempre sembrata semplicistica: “Polymarket è più accurata in quanti ci sono soldi in ballo” (money is on the table). 

Sì, ma perché dovrebbe esserlo? Una spiegazione che ci pare convincente è arrivata dal podcast di BBC Radio 4, “The Media Show”, che ha dedicato quasi un’intera edizione alla questione. Ebbene, le bet, le scommesse di chi opera su quel mercato non sono la risposta alla domanda “quale è la sua intenzione di voto” ma la risposta alla domanda implicita “cosa pensa che voteranno le persone che lei conosce?” Semplice e geniale. Ogni opinione vale tante opinioni, quante quelle degli amici con cui si è parlato di elezioni.

Considerando anche che mentre è ovvio (?) che chiunque volesse votare per Trump potesse aver avuto vergogna ad affermarlo (come accadeva da noi ai tempi di Berlusconi: “votare Berlusconi io? Ma si figuri!”) è altrettanto ovvio che non c’è alcun motivo di considerare frottole le opinioni scambiate con i colleghi alla pausa caffè.

Quindi sì, Polymarket (e le piattaforme simili) è oggi il miglior predittore dei risultati elettorali. E quindi, manco a dirlo, è il caso che le democrazie lo indaghino, come appunto accade oggi negli Usa o come sta per accadere qui in Francia

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