X sotto attacco Ue. E Musk rivela: ci chiedono di censurare

La rivelazione dopo le accuse dei commissari Breton e Vestager. “Offerto un accordo segreto illegale: se censurassimo gli utenti in silenzio, non ci multerebbero”

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Elon Musk non ci sta e contrattacca. Ieri i commissari europei al mercato interno Thierry Breton e alla concorrenza Margrethe Vestager sono tornati a prendere di mira X, l’ex Twitter ora di proprietà di Musk.

La Commissione ha formulato la sua accusa: la piattaforma social non è conforme in aree chiave al Digital services act (DSA), la normativa Ue sui servizi digitali di cui abbiamo già parlato su Atlantico Quotidiano.

Le accuse

Uno dei capi d’accusa, di tutta evidenza pretestuoso per chiunque conosca X, è che le spunte blu ingannino gli utenti inducendoli a credere che indichino fonti di informazione affidabili, mentre come tutti sanno si tratta solo di account premium, con funzioni avanzate a pagamento e le cui identità sono state accertate. Come ha spiegato l’amministratore delegato di X, Linda Yaccarino, “un sistema democratizzato, che consenta a tutti in tutta Europa di accedere alla verifica, è meglio della verifica solo per pochi privilegiati. Siamo al fianco di tutti coloro che su X e in Europa credono nel flusso aperto di informazioni e sostengono l’innovazione”.

Inoltre, secondo Vestager, X non rispetterebbe gli obblighi di trasparenza sugli annunci pubblicitari e bloccherebbe l’accesso ai dati da parte dei “ricercatori”.

Un’altra mistificazione giocando con le parole. Quelli che Vestager chiama “ricercatori” sono infatti agenti di censura. Con l’arma in pugno del DSA, il vero obiettivo della Commissione è costringere X a “moderare” i contenuti, ripristinando la squadra di censura del vecchio Twitter, di cui ora conosciamo le nefandezze durante la pandemia e le presidenziali Usa del 2020, e licenziata da Elon dopo l’acquisizione del social. La battaglia contro le fake news è in realtà una battaglia per il controllo della narrazione.

L’accordo segreto

Il fondatore di Tesla però ha ribaltato l’accusa: “Il DSA è disinformazione!”, scrive in un messaggio su X citando direttamente il post della vicepresidente della Commissione. Ma non si è fermato qui. Musk ha infatti rivelato un retroscena delle “trattative” tra X e Bruxelles: “La Commissione europea ha offerto a X un accordo segreto illegale: se censurassimo in silenzio i messaggi” degli utenti, “senza dirlo a nessuno, non ci multerebbero. Le altre piattaforme hanno accettato l’accordo. X no”.

Sarebbe quindi una rappresaglia al suo rifiuto la mossa della Commissione. “Attendiamo con ansia una battaglia pubblica in tribunale, affinché i cittadini europei possano conoscere la verità”, ha aggiunto Musk.

La smentita di Breton è in realtà una conferma con un giro di parole edulcorate. Nessun “accordo segreto”, replica: “Il DSA fornisce a X (e a qualsiasi piattaforma di grandi dimensioni) la possibilità di offrire impegni per risolvere un caso”. “È il tuo team che ha chiesto alla Commissione di spiegare il processo di risoluzione e di chiarire le nostre preoccupazioni. Lo abbiamo fatto in linea con le procedure normative stabilite. Sta a te decidere se offrire impegni oppure no”.

“Accordo segreto” lo chiama Musk, “offrire impegni” Breton, ma la sostanza non cambia: la Commissione accusa Musk di lasciar correre la disinformazione sulla sua piattaforma, di non dotarsi di strumenti per contrastarla, quindi gli chiede di ripristinare le squadre della censura che facevano il bello e il cattivo tempo nell’ex Twitter. L’Ue vuole un sistema che “somministra” le informazioni.

Insomma, il DSA si conferma un’arma carica contro il free speech che dà poteri di censura praticamente illimitati, mostrando tutto il potenziale di minaccia totalitaria dell’Ue.

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