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Modello Riace: la doppia morale della sinistra che si risciacqua la coscienza con la sovversione a fin di bene

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La legge con gli amici si interpreta, o si dimentica. Un concetto della legalità che ha del sindacale e del clericale: trattabile, aggirabile, mera funzione di buone intenzioni reali o presunte. Come tale incrollabile nella morale gesuitica italiana che privilegia il ribaltamento strategico, opportunistico delle convinzioni, i giudici da infallibili e inflessibili a fallaci o faziosi secondo convenienza ideologica o del momento. Per questo scomodare, come fanno alcuni, la disobbedienza civile di Pannella, se si vuole confusionaria ma non calcolatrice, pare proprio un ragliare in chiesa.

Di fronte alla notizia degli arresti domiciliari per il sindaco di Riace Mimmo Lucano gli integralisti dell’integrazione a tout prix non hanno dubbi: è regime, è il primo passo del fascismo come dice quel mediocre personaggio mediatico che è Saviano. Parlano di magistratura asservita e sono gli stessi che invocano il sacro rispetto della magistratura quando fa i conti in tasca a un avversario politico. Prevedibile anche il ricorso alle lamentazioni, sul melodrammatico infantile: scatta la mistica del santo eversore, del Robin Hood istituzionale costretto a violare leggi, regolamenti infami per motivi egualitari, cristiani. Ovviamente la misura cautelare è subito messa in correlazione con il famigerato Salvini, ma una misura non si applica da un momento all’altro e infatti l’indagine è in corso da due anni. Al limite, si può dire che venendo meno la copertura del potere di sinistra, che in Lucano vedeva un suo paladino senza macchia né paura di venire fermato, possono essere caduti certi riguardi, certe esitazioni.

Ma nessuno si prende la briga (o se se la prendono glissano con disinvoltura somma) di sbirciare gli estremi di una indagine che non contesta la nobiltà degli intenti ma la reiterazione sistematica di comportamenti fuori dalla legalità. Negli atti dell’operazione Xenia, riassunti dall’agenzia Agi, si trova tutto il disprezzo verso il sistema legale di Lucano, sindaco che organizzava matrimoni di convenienza tra paesani e donne straniere al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime su patrio suolo. Le indagini ricostruiscono gli “espedienti criminosi, tanto semplici quanto efficaci” escogitati da Lucano e dalla sua compagna per aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali al fine dell’ingresso in Italia. “Particolarmente allarmanti non solo la lunga serie di irregolarità amministrative e di illeciti penalmente rilevanti che costellavano la realizzazione del progetto, ma anche e soprattutto l’estrema naturalezza con la quale Lucano e la sua compagna si risolvevano a trasgredire norme civili, amministrative e penali”.

Ma i profili più gravi, se si vuole, contestati dalla Guardia di Finanza riguardano i presunti illeciti nella gestione dei rifiuti, affidata a due cooperative sprovviste dei requisiti; e l’opaca gestione di fondi pubblici e comunitari. Un modello di trasparenza amministrativa così rivendicato da Lucano: “Io la carta d’identità gliela faccio … io sono un fuorilegge, sono un fuorilegge, perché per fare la carta d’identità io dovrei avere un permesso di soggiorno in corso di validità… in più lei deve dimostrare che abita a Riace, che ha una dimora a Riace, allora io dico così, non mando neanche i vigili, mi assumo io la responsabilità e gli dico va bene, sono responsabile dei vigili … la carta d’identità tre fotografie, all’ufficio anagrafe, la iscriviamo subito”.

Sono un fuorilegge e me ne vanto: torna fuori la vecchia ambigua seduzione per l’illegale continuo, sistematico o di massa, contagioso, che si gridava ai cortei dell’extrasinistra, tornano a cantare le sirene degli espropri, delle autoriduzioni e delle contorsioni autoassolutorie, “Il popolo non si processa, l’unico criminale è lo Stato”. Qualcosa di simile diceva anche il nostro sindaco di Riace, esaltato dalla nuova sinistra che non sa decidersi, sta con le banche, con il potere costituito e grumoso, con l’euroburocrazia ma si risciacqua la coscienza con i modelli della sovversione virtuosa, col cattocomunismo “scandaloso” a fin di bene. Il modo di difendere Lucano non è granché: il solito disprezzo razzistico verso chi non condivide le certezze innocentiste, i soliti slogan apodittici, suggestivi che nascondono un totale vuoto di concretezza e di coerenza: “la speranza non si processa”, “non esistono esseri umani illegali”. Gli esseri umani forse no, ma i loro comportamenti, le loro collocazioni possono esistere benissimo tanto è vero che ogni Stato moderno in qualsiasi frangente ha stabilito delle leggi a protezione della propria integrità; memore delle antiche invasioni che hanno insegnato come un Paese che rinunci a sorvegliare chi entra, ad una legislazione organica in materia di ingressi e di accoglienze, sia destinato a farsi travolgere o fagocitare. In questo caso non è “la speranza” ad essere processata ma comportamenti considerati del tutto fuori dalla trama di vincoli e di facoltà che un sindaco, specialmente un sindaco, dovrebbe tenere come stella polare del proprio operato.

Ma la retorica urlata non si pone problemi di coerenza, vive su questa sublime contraddizione: tu devi osservare le prudenze, le cautele della Costituzione, della stessa legge che io o chi per me posso travolgere se appena mi comoda. Così si spiega l’eterno successo dei cori “Salvini fascista”, “Salvini – assassini”, comprensibili ma irritanti nei “migranti” subito spediti in piazza. Altri preferiscono guardare non la luna del modello perfetto di integrazione che finisce nei frantumi del sospetto, ma il dito del cinismo del ministro dell’interno che li sfotte su Twitter: d’accordo, Salvini perde spesso occasione per far migliore figura tacendo, ma veniva anche da settimane, mesi di insulti, contrapposto in fama di farabutto al santo laico che non badava a spese e a regolamenti per dimostrare che un altro mondo è possibile: alzi la mano chi avrebbe resistito al meschino piacere della ripicca.

A sostenere Lucano, inquisito per violazioni plurime, concussione, truffa, politici di sinistra come Grasso, ex giudice, a conferma che la legge con gli amici si interpreta o si dimentica, o come Fratoianni che trova una fatidica sintesi nel “diritto all’illegalità”, per dire trasgredire con la comprensione dei carabinieri, una disobbedienza civile molto comoda ma altrettanto pretestuosa, tirata per i capelli. Non da meno quel curioso, sedicente esemplare della destra liberale e montanelliana che risponde al nome di Marco Travaglio il quale trova accenti lottacontinuisti leggendo in Lucano il perfetto esemplare di “fuorilegge onesto”; per non dire dell’apostolo della legalità navale, il don Ciotti di “Libera” che lo assolve in quanto colpevole solo di “qualche scorciatoia” sul sentiero della carità. Un concetto della legalità che ha del sindacale e del clericale: trattabile, aggirabile, risolto come mera funzione di buone intenzioni reali o presunte. Come tale incrollabile nella morale gesuitica italiana che privilegia il ribaltamento strategico, opportunistico delle convinzioni, i giudici da infallibili e inflessibili a fallaci o faziosi secondo convenienza ideologica o del momento. Per questo scomodare, come fanno alcuni, la disobbedienza civile di Pannella, se si vuole confusionaria ma non calcolatrice, pare proprio un ragliare in chiesa.

Un perseguitato il sindaco Lucano? Oppure uno, forse invasato, forse fin troppo lucido, che non andava per il sottile, che metteva in connessione prostitute con tre fogli di via con vecchi infoiati e potenzialmente brutali, salvo poi tirarsi indietro al momento di unirli in matrimonio, in un bailamme etico e amministrativo allucinante. Un simile modello di integrazione alla sinistra umanitaria e legalmente alternativa sembra normale anzi esemplare: siamo al machiavellismo opportunistico, al fine sociale che giustifica tutto, al piede di porco solidale usato per scardinare il formalismo borghese nell’ottica della rivoluzione moralistica, della lotta di classe traslata sul proletariato globale secondo reimpostazione del professor Negri. Ma a questo punto anche una magistratura comprensiva, possibilista non può più fare finta di niente, deve bene o male intervenire con grande scandalo degli esaltati o interessati come l’attore di fiction Beppe Fiorello che addirittura chiede, come un bambino viziato, di intervenire al papa, sapendone l’attitudine. Si può capire, ha impersonato l’amaro Lucano, si gioca la faccia. “Beppe Fiorello” si legge “guida la rivolta sui social con l’hasthag “arrestateci tutti”. Che potrebbe anche essere un’idea.

Ci son di quelli che, di fronte al clamore della notizia, si salvano restando alla finestra: “Rimaniamo garantisti” dicono “lasciamo che la Giustizia faccia il suo corso”. Il che male non sarebbe, non fosse che quello loro è garantismo peloso, quando è un avversario a venire messo sotto scacco hanno molti meno scrupoli e molte più certezze. Poi, intendiamoci, può benissimo finire tutto in una bolla di sapone, le accuse possono tranquillamente sgonfiarsi o uscirne ridimensionate. Resta però l’ennesimo esempio di doppia misura, di doppia morale dalla partigianeria cattocomunista, che a questo punto deve solo pregare il suo Dio di una cosa: che non escano ulteriori elementi a sostegno dell’accusa, che il santino dell’accoglienza fuorilegge non venga raggiunto da odori aspri, più grevi. A quel punto non sarebbe più un uovo ad abbattersi sulle loro certezze, ma un meteorite.