Il genio italiano per eccellenza, Leonardo, richiama il pubblico internazionale in tutte le mostre che vengono dedicate alle sue creazioni. Ora è la Fortezza di Montepulciano a ospitare l’esposizione “Leonardo da Vinci. Anatomie: macchine, uomo, natura”, curata da Paolo Galluzzi, promossa dal Comune di Montepulciano e dalla Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, su progetto del Museo Galileo di Firenze, con l’organizzazione di Opera Civita.
Leonardo (1453-1519) è celebrato anche come inventore di macchine e dispositivi meccanici straordinari, divenuti patrimonio comune della cultura tecnica solo alcuni secoli dopo la sua morte. E la rassegna mette in luce proprio uno degli aspetti più innovativi dell’opera di Leonardo, per il quale macchine, corpo umano e natura sono governati dalle medesime leggi universali: idea che trova espressione in una serie di disegni che segnano la nascita della moderna illustrazione scientifica. Un percorso, visibile fino al prossimo 7 ottobre, che si chiude con i disegni che illustrano il dispositivo ideato da Leonardo per l’allestimento teatrale dell’Orfeo del Poliziano, affiancati dal modello tridimensionale della macchina scenica.
Ma la mostra permette anche di ammirare, nella stessa Montepulciano, il tempio di San Biagio, uno dei più celebri capolavori dell’architettura rinascimentale italiana realizzato su progetto di Antonio da Sangallo il vecchio (1455-1534). Una rassegna promossa e organizzata dall’ente proprietario, Opere Ecclesiastiche Riunite di Montepulciano, dalla Diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza, dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Province di Siena, Grosseto e Arezzo, dal Comune di Montepulciano, dalla Biblioteca Archivio Piero Calamandrei, con il contributo del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, prodotta da Opera Civita.
L’evento espositivo, visibile fino al 4 novembre, intende porre l’attenzione su un capitolo poco conosciuto delle vicende di San Biagio: la storia dimenticata dell’arredo interno del tempio, realizzato tra la fine del Cinquecento, al tempo della Controriforma, e il pieno Seicento, con l’affermazione del barocco. L’attuale, classica, configurazione interna risale, infatti, al recupero ‘purista’ di fine Ottocento con gli altari ricostruiti in stile cinquecentesco sull’esempio dell’unico che è stato ritenuto eseguito su disegno originale del Sangallo nella prima metà del Cinquecento (il primo del braccio sinistro con il dipinto dell’Annunciazione). Il progetto di rinnovamento interno coinvolse i sei altari laterali con un ornato esuberante di volute, stemmi e putti in stucco dipinto e dorato, racchiusi entro l’arcata a rosoni e le tele in essi ospitate. A questo intervento, che modificava in modo radicale gli spazi rinascimentali, contribuirono in maniera determinante alcune celebri casate (Cervini, Contucci, Nobili, Ricci e Lupacci), cui fu assegnato il patrocinio delle cappelle e degli altari. Nobili famiglie poliziane legate in prevalenza all’ambiente artistico romano e fiorentino, come dimostrano le tele degli altari e i dipinti murali che campeggiano nella zona presbiteriale. Un classico esempio di come la stessa chiesa cattolica ha creato e poi distrutto opere d’arte e arredi, anche di grandi firme, per colpa dei cambiamenti liturgici, ideologici, politici ed economici. A volte la furia iconoclasta nasce nelle stesse stanze che professano la religione.