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Il Movimento Cinque Stelle detta l’agenda: gli altri partiti, in affanno, rincorrono

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Dal primo vero e impressionante risultato elettorale del Movimento Cinque Stelle e dalla conseguente, inaspettata, sua comparsa nel racconto politico italiano, c’è stata una frattura ideologica e indentitaria nelle formazioni di centro-destra e di centro-sinistra. Si sono perse idee e identità per far posto alla rincorsa: un continuo arrancare all’inseguimento di Grillo e dei programmi del suo movimento. In questa campagna elettorale il risultato di questo percorso è balzato all’occhio in quasi tutti, aggiungerei pochissimi, i contenuti presentati.

Il Movimento Cinque Stelle lancia una propaganda selvaggia a sostegno di un reddito di cittadinanza e il Pd, dall’alto della sua posizione di governo rilancia subito approvando il REI (reddito minimo di inclusione). Berlusconi non da meno propone una ricetta simile, da Vespa, qualche settimana dopo.

I pentastellati parlano di tagli delle tasse alle imprese, senza spiegare come e quando, e tempo qualche settimana, il Pd rilancia con l’estensione degli ottanta euro anche ai lavoratori indipendenti. Di Maio annuncia una volontà di abolizione della legge Fornero e Salvini lo cavalca, il Pd si dimostra improvvisamento scettico verso “mamma Elsa”, e rilancia manovre, inutili e inutilizzate, quali APE social o anticipo pensionistico, con la erronea presunzione di dare un colpo alla botte e tranquillizzare il popolo minuto, e non solo. Tutto ciò viene amplificato dal punto di vista puramente politico. Gli accordi anti-Grillo, o meglio ora anti-Di Maio sono all’ordine del giorno. Meglio una maggioranza per governare che va da Damiano, che utilizza retoriche e contenuti di una sinistra di fine ottocento, insieme a Denis Verdini, banchiere e lobbista di esperienza, piuttosto che accettare il suffragio e attendere l’opera dei grillini.

Tutto questo ha provocato e provoca tuttora un completo scollamento con la vita reale della maggior parte dei cittadini, che ha come naturale conseguenza un deciso aumento delle percentuali di ultras a Cinque Stelle, un deciso aumento di voglia di cambiamento, e soprattutto una decisa volontà di rivalsa dei cittadini che vanno in massa a votare per i grillini, dato che la scarsa affluenza sembra ormai un problema lontano. E’ per tutti questi motivi che è da ritenersi quasi assurdo e surreale che ci sia una volontà di stringere ancora grandi accordi tra realtà politiche che si sono combattute per tutta la Seconda Repubblica – Lega, metonimia del nuovo centro-destra uscito dalle urne, e centro-sinistra, pur di non far governare la band in giallo.

Nel fare politica uno dei dati più rilevanti è sicuramente il tempo, ormai scandito da Luigi Di Maio. Quasi un metronomo. Il resto sta almeno una quartina indietro, sempre asincrona e in ritardo rispetto alla melodia principale. Urge perciò lasciar fare. Non c’è miglior modo per invertire il trend che lasciar governare: dimostrare competenza, se c’è, o certificare incompetenza.

Altrimenti si rischia la parabola renziana, così travolgente e così poco durevole. La rischia Salvini ma anche Calenda o colui che per esso pretende di ricostruire un’area che non ha più confini, o forse non ne ha mai avuti.

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