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Musica e violenza. Stessa lagna da cinquant’anni. Adesso tocca alla Trap e a Sfera

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La vicenda del concerto di Sfera Ebbasta, rapper milanese idolo dei teenager, sfociato nella tragedia di Corinaldo nelle Marche, con sei morti e diversi feriti nella calca del locale “Lanterna Azzurra”, ha fatto rivenir fuori l’annoso dilemma legato alla musica e alla violenza. Non è bastata la tragedia dei 5 ragazzini e di una madre di quattro figli deceduti nella calca per un po’ di buon senso. No. È stato necessario trovare immediatamente un capro espiatorio. A scatenare i social e i soloni del moralismo imperante c’hanno pensato la musica Trap, il look di Sfera e soprattutto i suoi presunti testi: sguaiati, violenti, maschilisti, al limite del ‘penale’ avrebbe detto qualcuno. Ergo, con una musica così orribile, vuoi che ai suoi concerti la gente non si ammazzi? Il minimo che possano fare è spruzzarsi addosso lo spray al peperoncino. E poi: come fanno i genitori ad accettare che i loro figli vadano a un concerto simile, o addirittura come fanno ad accompagnarceli? Cambiano gli attori, cambia la musica.

Il ritornello, da anni ormai, è però sempre lo stesso. Un ritornello inutile, infruttuoso. Volete una prova? Facciamo un passo indietro. Riavvolgiamo il nastro.
1977. Teatro Tenda a Strisce, Eur, Roma. Renato Zero presenta “Zerofobia”, il suo ultimo album. Il personaggio è dissacrante. Cavolo, si veste da donna. Si trucca. Un frocio, quindi? E li avete sentiti i testi? Parlano di prostitute, di sgualdrine, sul palco dice le parolacce, dice stronza, puttana, e zoccola e le sue canzoni parlano di amore a tre, di passioni ambigue. E poi viene dalla Montagnola, un postaccio malfamato. Dove andremo a finire, signora mia, diventeranno tutti invertiti ‘sti ragazzi?

1982. Teatro Ariston di Sanremo. Un tizio chiamato Vasco Rossi, mezzo ubriaco, sale sul palco e canta una canzonaccia da balera, “Vado al Massimo”. Che orrore dio mio, l’avete sentito il testo? Disgustoso. “Andare al massimo senza frenare, dove si va a finire, voglio proprio vedere”. Ma che fa incita al suicidio? Come si fa ad accettare una roba simile, e se i giovani lo seguono? Non bisognerebbe mettere un freno?

1986. Una folla isterica di ragazzine prende d’assalto il medesimo Teatro Ariston. Quattro personaggi plastificati e bellocci, uno con un piede rotto, salgono sul palco dell’Ariston e creano lo scompiglio vero. Fanno una musicaccia tutta sintetizzatori e chitarrine easy, e cantano una robbetta che incita a fare i ragazzi selvaggi, i “Wild Boys”, hanno il nome doppio, tipo Duran Duran e i genitori delle medesime ragazzine sono costretti a rincorrerle in capo al mondo. A spendere una follia per i biglietti e persino per gli hotel. Dove andremo a finire, cara la mia solita signora?

1994. Nella sua stanza di Seattle in Lake Washington Boulevard, viene ritrovato Kurt Cobain. Morto per overdose di eroina e farmaci. Ma chi, quel bel ragazzo biondo che aveva cantato dalla Dandini un mese prima e poi si era sentito male in albergo la sera dopo? Ma lo dicevo io, con quelle cose sulla morte e la violenza che cantava, e poi urlava, ma che musica è quella? È rumore. Eh… invece di ascoltare Bach e Mozart i nostri ragazzi si sono proprio rovinati.

1996. Las Vegas. Dopo aver assistito a un incontro di boxe di Mike Tyson, Tupac Shakur con una scorta di tre fedelissimi, fra cui il socio Suge Knight, lascia l’MGM Grand e becca un tizio della gang dei Crips di Los Angeles con cui aveva un conto in sospeso. Finisce in rissa. Tupac e Knight alla fine ripartono e, poco dopo, al semaforo vengono raggiunti da una Cadillac da cui partono quattro colpi che lo fanno secco. Questi si ammazzano così? E ti credo, cantano roba come lo spaccio di droga (“God Blessed The Dead dice!”), il consumo di cocaina, sfoggiano pistole, collane d’oro, nei testi insultano le donne, i nemici, ce l’hanno col mondo intero. E i ragazzini delle periferie che fanno? Si vestono come loro, li imitano, spacciano. Giocano ai violenti. Signora cara, non le sembra che questo tempo per mettere un freno sia scaduto?

1997. Sulle strade di San Francisco, di ritorno da un night party, l’auto dove viaggiava il grande rapper Notorius Big viene avvicinata da una Black Chevy Impala da cui scende un afro-americano che svuota la sua 9 mm blue-steel nel corpo del rapper. Gesù, e quello che cantava? Odiava tutti, e poi era un nemico acerrimo di Tupac, era invidioso di lui, si dice addirittura che l’omicidio di Shakur fosse stato architettato da lui. E se fosse stata una vendetta?

2003. Vilnius, Lituania. Bertrand Cantat, leader dei Noir Desir e di spiccate inclinazioni politiche di sinistra ha da poco iniziato una relazione con la figlia dell’attore Jean-Louis Trintignant, Maria. I due, in una stanza d’albergo, litigano, apparentemente per futili motivi. Il corpo di Maria viene ritrovato poche ore dopo privo di vita dal fratello con 19 colpi inferti. Cantat viene accusato di omicidio e al processo condannato a otto anni di prigione confermati in appello. Ma davvero? E pensare che cantava quel delizioso, innovativo, anzi rivoluzionario motivetto, com’era? “Le vent nous porterà”, un poema esistenziale, un uomo tormentato, un tipico chanteur francese bohemienne. Chi l’avrebbe mai detto?

2011, Luglio. Amy Whinehouse viene soccorsa nella sua casa di Camden, Londra. Troppo tardi quando ambulanza e paramedici arrivano però. La sua sarà una morte per intossicazione da alcol. Povera Amy; una vita fra cliniche disintossicanti, aggressioni fisiche nei confronti sia dei suoi fan che dei suoi partner che per possesso di droga. Nel 2008 il suo manager dovette annullare la partecipazione al Coachella Festival per via di nuovi guai legali; un’altra aggressione denunciata da una donna. Amy, la piccola peste romantica e piena di malinconia nel suo soul blues d’altri tempi; la sua voce nera come l’animo che la devastava. Signora mia, non vede che siamo oltre la fine?

Ritorniamo ai giorni nostri. (Vi ho evitato gli episodi dei Beatles e Rolling Stones per rimanere in anni a noi più recenti). La Trap è l’evoluzione naturale dell’Hip-Hop e del Rap. Si caratterizza dall’uso più sincopato del ritmo, da una voce meno cantilenante (tipica dell’hip hop) e più a sbalzi. Nei refrain ipnotici e nella base ripetuta, molto più spesso si cerca la melodia, un suono morbido e accattivante. Devi saper rappare, devi saper recitare, devi avere una voce cazzuta per essere un trapper. Non devi saper cantare, devi saper parlare. Sfera è uno di quelli che lo fanno meglio. Viene dalla periferia milanese, da Cinisello Balsamo, sua mamma faceva la commessa, suo papà morto quando lui era piccolo. La sua è una musica per ragazzini birbanti. Per coattelli, truzzi, per terroncelli che si vestono con le Nike ultimo modello, capello con frangia, collane e anelli, tatuaggi, tute da ginnastica. La Trap è l’hip hop meno kitsch e più bitch. Bitch come stronza. Bitch come troia. È violento? Da noi in Italia non si può dire di sì.

Negli Stati Uniti l’anno scorso è morto uno dei migliori talenti del genere. XXX Tentacion. Come Tupac e Notorius, ammazzato per questioni di gang. Chi segue la Trap è un violento? È come dire che se ascolto Heavy Metal compio in automatico un sacrificio umano al giorno o adoro Satana e ho un pentacolo disegnato in fondo al letto. Siamo seri, signora mia. Il 99 per cento dei fan di questi personaggi è milioni di anni luce diverso. E proprio perché non sarà come loro farà di tutto per seguirli, amarli, adorarli, sognarli. Senza riuscire a imitarli. Soprattutto, signora mia, nulla metterà un freno all’evoluzione della musica. Per fortuna. E nulla ci impedirà di continuare a scandalizzarci. Anche se, viva dio, il talento vero troverà sempre un modo per venir fuori e offrirci i suoi Vasco Rossi, Renato Zero, Tupac, Kurt Cobain e Sfera Ebbasta.