Il gioco di prestigio del voto per posta, che rischia di risultare decisivo, come ipotizzavamo nella nostra analisi pre-election day. Un frutto avvelenato del virus cinese, che per uno strano scherzo del destino modifica il sistema di voto della superpotenza rivale della Cina nell’elezione più importante, facendo fuori proprio l’avversario più temuto, l’unico leader occidentale che aveva avuto il coraggio di sfidare le ambizioni egemoniche di Pechino
La lunga notte elettorale delle presidenziali 2020 rischia di trasformarsi anche in una lunga notte per la democrazia americana.
Il conteggio dei voti sta portando verso lo scenario più temuto, quello di una lunga e sanguinosa disputa legale sulla validità dei voti espressi per posta in alcuni stati in bilico decisivi. Lo spoglio in Pennsylvania, Michigan, Wisconsin e Georgia rischia di durare giorni e gettare un’ombra su chi ne uscirà vincitore, al momento Biden. E con una massa di centinaia di migliaia di voti per posta annunciati, comparsi nella notte, è chiaro che ciò sia destinato a sollevare preoccupazioni, sospetti, polemiche, per la possibilità di brogli.
Ovviamente sentirete dare al presidente Trump dell’incendiario per aver dichiarato in conferenza stampa di aver vinto e di essere pronto ad andare davanti alla Corte Suprema per difendere la sua vittoria dai brogli dei Democratici. Ma la vera dichiarazione incendiaria, in precedenza, era arrivata da Biden, che ancora di parecchi punti indietro in diversi stati dichiarava “vinceremo tutte le partite ancora aperte”, dobbiamo avere “pazienza” nel conteggio. Come a dire, i voti arriveranno, fidatevi… Ovvio che dopo una dichiarazione del genere, a spoglio lontano dall’essere completato, e con Trump in netto vantaggio, il presidente non poteva fare altro che rispondere. Non poteva lasciare senza risposta la sfida lanciata dal suo avversario, sarebbe stato come concedergli la vittoria.
Ma ripercorriamo i passaggi cruciali di questa strana nottata. Diciamo subito che Trump ha retto, si era portato avanti in quasi tutti gli stati che gli servivano per essere rieletto alla Casa Bianca, e dove ora è indietro, lo è di pochissimo, smentendo così i pronostici della vigilia di sondaggisti e media mainstream, i veri sconfitti – per ora – della notte scorsa.
Che non si stava manifestando quella “onda blu” che molti pronosticavano lo si è capito quasi subito, quando la Florida ha cominciato troppo facilmente a colorarsi di rosso, fino a raggiungere un margine del 3,5 per cento con oltre il 90 per cento dei voti scrutinati (nel 2016 Trump vinse dell’1,2 per cento). Un caso isolato, non una tendenza, si sbrigavano a mettere le mani avanti dal quartier generale di Biden. Ma i principali network, Cnn e Fox, tardavano ad assegnare il Sunshine State a Trump, mentre assegnavano sollecitamente a Biden stati anche con margini inferiori. Questo ha dato per quasi tutta la notte la sensazione che il presidente fosse indietro.
Mentre ormai era sempre più evidente che Trump aveva conquistato la Florida, l’attenzione si è spostata sull’Ohio, lo stato in cui dal 1964 vince il candidato che poi viene eletto presidente. Anche qui un’affermazione di Trump con ampio margine rispetto ai pronostici (l’8 per cento). Molto importante per altri due motivi: perché confinante con altri due stati altrettanto decisivi – Pennsylvania e Michigan – e perché confermava che l’errore dei sondaggi in Florida non era un caso isolato.
Più incerti i vantaggi di Trump in Georgia e North Carolina, altri due stati in bilico in cui i sondaggi vedevano come probabile l’affermazione di Biden. Alla fine dovrebbero andare anch’essi al presidente uscente.
Ma chi ha seguito la notte elettorale sui diversi network Usa non può non aver notato alcune anomalie. Proprio quando il vantaggio di Trump si andava consolidando in Pennsylvania e negli stati del midwest, Michigan e Wisconsin, in piena notte, lo spoglio è stato inspiegabilmente interrotto, hanno smesso di contare i voti, annunciando che l’avrebbero ripreso la mattina. Per ore, nessun nuovo dato da quegli stati e i grandi centri urbani come Philadelphia, Detroit e Milwaukee, molto indietro nello scrutinio rispetto alle altre contee.
Poi, è ripreso lo spoglio in Wisconsin, con una improvvisa impennata di voti per Biden da Milwaukee. Stesso copione in Michigan. Pennsylvania, invece, ancora ferma. Ma le autorità avevano annunciato che si sarebbero prese fino a venerdì per accettare nuovi voti per posta (violando la legge dello stato). Ripreso lo scrutinio, misteriosamente sospeso per ore, anche in Georgia, dove si stanno contando ora i voti per posta nella contea di Fulton (Atlanta).
Se tutti questi voti per posta c’erano già, perché non sono stati contati subito e lo scrutinio è stato sospeso? Sorge il sospetto che quelle schede siano improvvisamente “comparse” e per questo sia ripreso il conteggio. Altre anomalie: in tutti questi stati, ma anche in Nevada, non si sa precisamente quanti voti restino da scrutinare. I siti riportano un range variabile. La Commissione del Nevada fa sapere che si aspetta di ricevere altre schede “nella prossima settimana”. E poi ci sono, sia in Wisconsin che in Michigan, balzi di oltre 100 mila voti per Biden in un colpo solo, come se da qualche parte si fosse verificato un 99 o un 100 a zero su Trump.
Illazioni, per ora… Ma non ricordo sia mai accaduto che uno stato sospendesse lo scrutinio in piena notte, annunciando di riprenderlo la mattina dopo, per poi riprenderlo dopo che nel corso della notte sono state ritrovate altre schede elettorali inviate per posta. E guarda caso, proprio nel numero giusto per ribaltare il risultato.
È, purtroppo, il gioco di prestigio del voto per posta, che rischia di risultare decisivo, come ipotizzavamo nella nostra analisi pre-election day. Un frutto avvelenato del virus cinese, che per uno strano scherzo del destino modifica il sistema di voto della superpotenza rivale della Cina nell’elezione più importante, facendo fuori proprio l’avversario più temuto, l’unico leader occidentale che aveva avuto il coraggio di sfidare le ambizioni egemoniche di Pechino.
Ovviamente, i voti devono essere contati tutti. Quelli validi, però. Il problema infatti sono i pacchi di voti per posta che arrivano alla spicciolata anche ore dopo la chiusura dei seggi, magari senza timbro postale. È già accaduto, accadde anche nelle elezioni di midterm, sta accadendo anche oggi. Con la differenza che quest’anno le dimensioni del voto per posta, voluto dai Democratici, è tale da non permettere di stare tranquilli… Due i dati di fatto: sono decine di milioni i voti espressi per posta, centinaia di migliaia quelli “ritrovati” dopo la chiusura dei seggi; la Corte Suprema della Pennsylvania aveva già ordinato che fossero contate anche le schede arrivate dopo la chiusura dei seggi e senza timbro postale (!), in violazione delle leggi dello stato. Quante schede verranno fuori senza timbro postale o senza firma dell’elettore da Philadelphia, Detroit e Milwaukee? Fatto sta, altra coincidenza, che per la prima volta in sessant’anni, non arriva alla Casa Bianca il candidato che vince l’Ohio (e dal 1996 chi si è aggiudicato la Florida).
Capiremo nelle prossime ore se la Campagna Trump e i Repubblicani hanno qualcosa di concreto in mano per avviare dei ricorsi.
In ogni caso, senza arrivare a veri e propri brogli, il voto per posta che da eccezione diventa il sistema è una follia che va a minare due principi fondamentali del voto democratico: libertà e segretezza. È vulnerabile al voto di scambio e a condizionamenti anche pesanti in ambito famigliare o ambientale (non c’è alcuna garanzia che sia l’elettore a compilare la scheda e imbucarla).
Come dicevamo, gli unici a uscire certamente sconfitti, anzi umiliati dalla notte elettorale sono i sondaggisti e i media mainstream che avevano pronosticato una cavalcata trionfale per Biden che non c’è stata. Ogni giorno un nuovo sondaggio che dava un vantaggio a doppia cifra per Biden a livello nazionale o in qualche stato in bilico. Errori con margini persino superiori a quelli di quattro anni fa.
A fallire miseramente i più “quotati”, sulla base dei quali Nate Silver ha elaborato la sua stima di vittoria di Biden al 91 per cento.
Qualche esempio: Biden in Florida +4 per Reuters/Ipsos, +4 per NBC News/Marist, +5 per Quinnipiac, +3 NYTimes/Siena; Biden in Ohio +4 per Quinnipiac e +1 per NYTimes/Siena. Comici quelli sul Wisconsin, che forse andrà a Biden ma non per gli 11 punti di NYTimes/Siena, i 10 di Reuters/Ipsos, gli 8 di Cnn o i 17 punti di ABC News/WashPost. Margini di errore simili per i sondaggi sul Michigan e la Pennsylvania.
Negli ultimissimi giorni di campagna le medie calcolate dal sito RealClearPolitics sono scese – soprattutto grazie ai sondaggisti che più si sono avvicinati al dato reale, i tanto vituperati Trafalgar e Rasmussen – ma attribuivano comunque a Biden un +1 in Florida, un +6 in Wisconsin, un +4,6 in Michigan. Ma in realtà, nelle settimane precedenti il distacco è stato ancora più ampio, Trump veniva dato sconfitto persino in Ohio e Iowa.
Vedremo alla fine il voto popolare: la media di RCP ha chiuso con Biden a +7,2 per cento, ma molti sondaggisti lo hanno stimato a +10-12 per cento fino all’ultimo.
Vantaggi talmente clamorosi attribuiti ogni giorno a Biden, sia a livello nazionale che locale, che visti i risultati non si può escludere il dolo: sondaggi gonfiati appositamente per sopprimere il turnout di Trump scoraggiando il suo elettorato. A nessun elettore piace andare a votare per un candidato certamente perdente.