Non bastano gli sbarchi, in Italia ricollocati altri migranti. E in 5 anni i rifugiati sono solo l’8%

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Il 17 maggio 40 profughi sono atterrati a Fiumicino, e di lì hanno raggiunto le regioni alle quali erano stati assegnati. Altri li hanno preceduti da quando nel 2017 la Comunità di Sant’Egidio ha firmato con il governo italiano un Protocollo di intesa per l’apertura di cosiddetti corridoi umanitari: espressione impropria per indicare il progetto di portare in Italia centinaia di profughi con l’obiettivo, come spiegò all’epoca il fondatore della Comunità Andrea Riccardi, “di offrire a chi fugge dalle guerre non solo la dovuta accoglienza, ma anche un programma di integrazione”, in risposta “al desiderio di molti italiani di salvare vite umane dai viaggi della disperazione”.

Da allora, spiega adesso un comunicato della Comunità, sono più di 3.500 le persone che hanno potuto “giungere in sicurezza, al riparo dai trafficanti di esseri umani” in Italia, Francia, Belgio e Andorra. “Migranti che rischiano la vita per arrivare a Lampedusa e in Sardegna – esordiva un articolo del 17 maggio sul quotidiano Avvenire – o tornano a Tripoli intercettati dai militari libici. E migranti che grazie a un corridoio umanitario sbarcano in sicurezza a Fiumicino per un percorso di inserimento sui territori. Nelle stesse ore il fenomeno delle migrazioni forzate mostra i suoi due volti: i viaggi della disperazione che mettono a rischio vite umane e alimentano la criminalità organizzata, e la soluzione possibile di trasferimenti controllati”.

Solo che i 40 profughi non sono stati salvati nel deserto del Sahara, spersi ed esausti, o in un centro lungo le rotte dell’emigrazione clandestina, bloccati per mancanza di denaro. Arrivano da Lesbo, l’isola greca dove vengono ospitati gli emigranti illegali provenienti da Paesi asiatici e africani in attesa che le loro richieste di asilo siano esaminate. Arrivare a Lesbo è proprio come arrivare a Lampedusa e in Sardegna (o, nel caso della Spagna, alle Baleari): è la fine del viaggio, quello pagato migliaia di dollari alle organizzazioni criminali a cui gli emigranti illegali si sono affidati, vuol dire essere al sicuro, in buone mani, essersi lasciati alle spalle fatiche, rischi e pericoli.

L’Italia è uno dei tre stati, insieme a Grecia e Spagna, nei quali arriva la quasi totalità degli emigranti illegali diretti in Europa. Da anni reclamiamo, peraltro con modestissimi risultati, che una parte dei nostri richiedenti asilo e dei titolari di protezione internazionale siano riallocati in altri stati dell’Unione europea, per allentare la tensione sociale e ridurre i gravosissimi oneri economici. E invece ci viene imposto di ospitarne altri.

L’Italia dal 2015 è sommersa dalle richieste d’asilo degli emigranti illegali. Dal 2015 al 2020 ne sono state presentate 462.031 e ne sono state esaminate 476.986 (incluse quelle inoltrate prima del 2015 e non ancora giudicate). Solo a 37.579 emigranti è stato riconosciuto lo status giuridico di rifugiato. Ma 46.200 hanno ottenuto protezione sussidiaria, 1.373 protezione speciale e ben 74.927 un permesso di soggiorno per motivi umanitari. In totale 160.079 persone sono state autorizzate a vivere in Italia. Dopo essere state ospiti per mesi e spesso per anni dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas), sono state inserite nel Sai, ex Siproimi, ex Sprar, il Sistema di accoglienza e integrazione finanziato dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo.

Secondo la relazione trasmessa a fine dicembre 2020 dal Ministero dell’interno al Parlamento, la rete di prima accoglienza comprende nove centri governativi e 5.465 Cas, che provvedono agli emigranti illegali nel periodo in cui la loro richiesta di asilo viene esaminata. Complessivamente accolgono 63.960 persone. Chi ottiene di rimanere in Italia, dal Cas viene trasferito in un programma Sai. Il Ministero dell’interno nell’agosto del 2020 ha riconfermato 375 progetti di accoglienza ordinaria, 97 per minori stranieri non accompagnati (MSNA) e 27 per persone con disagio mentale o sanitario, per un totale di 499 progetti. A ottobre ne ha prorogati altri 227. In tutto i posti al loro interno sono 28.872 per un costo annuo di 475.556.781 euro. Inoltre il 22 dicembre il Ministero dell’interno ha presentato un avviso di nuovi progetti per minori stranieri non accompagnati: “Rafforzamento della capacità di accoglienza, inclusione e accompagnamento all’autonomia dei MSNA nella rete Siproimi”. La dotazione finanziaria è di 21.385.737,485 euro, la spesa massima pro die/pro capite è fissata a 68,40 euro, la durata massima dei progetti ammessi è di 12 mesi a partire dal 1° luglio 2021, salva fatta la possibilità di ulteriore finanziamento eventualmente disposto dalla Direzione Centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo.

Bisogna far posto, gli sbarchi continuano. “Mentre a Roma atterravano in sicurezza i profughi trasferiti da Lesbo, a Lampedusa approdavano altre 158 persone… in zona Sar italiana sono stati soccorsi due gruppi di migranti partiti dalla Libia, prima 61, poi oltre 81… una barca con a bordo quattro algerini è stata invece intercettata dalla Guardia di finanza in Sardegna”, elencava Avvenire il 17 maggio. Il 21 maggio è stata la volta della nave della ong tedesca Sea Eye, respinta da Malta, con a bordo 414 persone. Il Ministero dell’interno riporta 13.359 arrivi dall’inizio dell’anno all’alba del 21 maggio: circa tre volte quelli del 2020 e 10 volte quelli del 2019 nello stesso periodo di tempo.

I 40 profughi di Lesbo, spiega Sant’Egidio, “saranno invitati a seguire gratuitamente i corsi di italiano e i minori verranno subito iscritti nelle nostre scuole, potranno essere avviati per tutti alcuni percorsi di integrazione che punteranno all’autonomia grazie anche al progressivo inserimento nel mondo del lavoro”.

Integrazione, autonomia, inserimento nel mondo del lavoro: per loro, che si aggiungono ai 63.960 richiedenti asilo dei Cas e ai 28.872 titolari di protezione internazionale, permesso speciale e permesso di soggiorno per motivi umanitari dei progetti Sai… e a tutti quelli che ne sono usciti nel corso degli anni e che ancora vivono in Italia. “Tutti con storie dolorose alle spalle – concludeva il comunicato di Sant’Egidio – in fuga da Paesi dove sono in corso guerre, violenze o situazioni insostenibili, le famiglie dei quaranta nuovi arrivati – tra cui 13 minori – potranno finalmente guardare al futuro con speranza”. Da domandarsi in che Italia vivano al Ministero dell’interno e alla Comunità di Sant’Egidio, in quale universo parallelo. Nel 2020 nell’Italia reale, già provata dalla recessione del 2018, da un tasso di disoccupazione quasi del 10 per cento (e vicina al 30 per cento per la fascia giovanile), a causa della crisi Covid oltre 320.000 partite Iva hanno chiuso, quasi 450.000 persone hanno perso il lavoro, un milione di persone sono scese sotto la soglia di povertà; e il peggio, dicono tutti, deve ancora arrivare. Non si dovrebbe illudere qualcuno di trovare in Italia la Terra promessa. Si capisce che lo facciano le organizzazioni criminali dei contrabbandieri di emigranti: lo fanno per procurarsi i clienti.

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