Atlantico lo ha scritto chiaro dall’inizio e lo ha ribadito anche il direttore Federico Punzi il 9 gennaio: l’uccisione di Soleimani è un game changer.
Dopo anni di debolezza apparente, gli Stati Uniti hanno deciso di reagire duramente alle attività espansionistiche di Teheran. Lo hanno fatto come ritorsione per l’attacco del 31 dicembre all’ambasciata di Baghdad e per gli attacchi iraniani dei mesi precedenti, ma non solo. La Casa Bianca potrà anche decidere qualche ritiro nel prossimo futuro, ma nessuno deve pensare che si tratti di una fuga.
C’è di più e questo di più è emerso dallo speech di Trump di mercoledì: gli Stati Uniti, come sempre affermato dal presidente, restano disponibili non solo ad un nuovo accordo con Teheran, ma anche ad un maggiore coinvolgimento dell’Ue e della Nato nella partita mediorientale. Un messaggio che certamente non può far piacere a Putin e che può magari rilanciare l’Alleanza atlantica dopo anni di confusione.
Infine, un ultimo ma fondamentale appunto: con lo strike contro Soleimani, Trump non solo ristabilisce la deterrenza, ma colpisce anche il cuore dello stato parallelo iraniano, quello che nei fatti domina il Paese.
Già, perché coloro con cui Obama e l’Ue hanno firmato il Jcpoa, in realtà, in Iran hanno un potere marginale. Basti qui solamente ricordare che fu proprio Soleimani a portare Assad a Teheran senza coinvolgere Zarif, estromissione che portò il ministro degli esteri iraniano a rassegnare le dimissioni, poi ritirate.
Dunque, uccidendo Soleimani, Trump colpisce la parte del sistema di potere iraniano che non rispetta alcuna regola dello stato di diritto e che ha usato i soldi arrivati dalla sospensione delle sanzioni non per aiutare la popolazione, ma per finanziare la Jihad anti-occidentale nella regione e non solo.
Chissà che ora, quindi, davanti alla prospettiva di collasso economico con le nuove sanzioni e alle possibili nuove proteste popolari, qualcuno a Teheran non cominci a ragionare da Stato civile e non da Repubblica Islamica, improntando i rapporto diplomatici tra Paesi “normali”, e non tra Paesi normali e repubblica islamista. In un mondo “normale”, con meno pregiudizi, qualcuno potrebbe anche azzardare a dire che Trump “ha fatto qualcosa di sinistra…”