La Lega candida il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu come Premio Nobel per la Pace. Dopo la candidatura del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, per mezzo di un parlamentare norvegese, questa volta è stato il deputato Paolo Grimoldi, capo della delegazione italiana all’OSCE, a spingere perché il riconoscimento sia assegnato al leader del Likud, congiuntamente al presidente Usa. Secondo Grimoldi, “Netanyahu merita il Nobel per almeno tre motivazioni: la pace tra Israele ed Emirati Arabi Uniti; la pace tra Israele e Bahrein e l’apertura di un canale diplomatico per la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita, nemici storici nell’area mediorientale”.
La proposta di Grimoldi – che è finita sulle prime pagine dei quotidiani israeliani più influenti come Maariv e The Jerusalem Post – arriva il giorno dopo la storica stretta di mano a Washington tra lo stesso Netanyahu e i leader degli Emirati e del Bahrein sotto la supervisione del kingmaker degli accordi, il presidente americano Donald Trump. Accordi che determinano un nuovo assetto e nuove speranze di pace in una delle aree più conflittuali del mondo. Persino il New York Times – quotidiano liberal non certo tenero nei confronti di The Donald – ha parlato di “trionfo” per gli Usa in Medio Oriente, attraverso un editoriale del columnist Bret Stephens, che ha anche duramente criticato la politica mediorientale del predecessore di Trump, Barack Obama. Per Stephens, le ambizioni obamiane in Medio Oriente legate al celebre discorso del Cairo del 2009 e all’endorsement delle Primavere Arabe sono “fallite miseramente”.
Grimoldi si fa portavoce di una proposta che ha lo scopo di affiancare quella di Donald Trump a Premio Nobel, vinto spesso in passato da più di un candidato. Alle tre ragioni enunciate, il parlamentare leghista ha aggiunto anche il progetto energetico EastMed, di cui fa parte anche il nostro Paese sin dal 2018, e i progetti di cooperazione italo-israeliana per lo sviluppo e la stabilizzazione del Corno d’Africa.