Boris Johnson e Joe Biden hanno aperto il primo G7 in presenza tra i leader mondiali dall’inizio della pandemia con il botto: la firma della nuova Atlantic Charter, già preannunciata in precedenza dai rispettivi sherpa, tra Londra e Washington. Di fronte al mare e al vento della Cornovaglia è andato in scena il primo incontro faccia a faccia tra tra BoJo e il nuovo presidente Usa. Un incontro preparato da tempo da parte britannica. Sin dalla scorsa estate il leader Tory ha fatto dei passi decisivi per andare incontro a Biden e togliersi di dosso quella patina – seppure molto apparente – di “trumpismo” che ha contrassegnato la sua ascesa al vertice del partito e del Paese.
L’abbandono del 5G di Huawei e il piano per la “rivoluzione verde” sono stati segnali in questo senso anche alla nuova amministrazione americana. Così è stata ribadita – se mai ce ne fosse stato bisogno – la solidità dell’alleanza UK-Usa nel presente e anche nel futuro. Certo, Biden ha espresso preoccupazione per la situazione in Ulster e le diatribe tra Londra e Bruxelles, ma alla fine, mentre alla Bbc Johnson definiva l’alleanza “indistruttibile”, è stata firmata una nuova, ambiziosa, Carta Atlantica, che ricorda, anche nella definizione, quella firmata 80 anni fa dai predecessori di Johnson e Biden, ossia Churchill e Roosevelt.
Quattro i punti focali dell’impegno angloamericano: la fine della pandemia, la nuova “rivoluzione verde”, la ripresa economica e l’aumento dei posti di lavoro. Il terreno sembra fertile per la firma del grande accordo di libero scambio, per ora in fase di gestazione, tra i due Paesi? Biden ha ottenuto la conferma sulle intenzioni dell’alleato più stretto, mentre Johnson ha ottenuto il riconoscimento pubblico del presidente americano come leader affidabile. Qualcosa che ogni premier britannico ha sempre cercato da Attlee in poi, cioè da quando Londra è entrata nella sfera di influenza degli Usa dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Nella nuova Charter forte è l’impronta ideologica liberal-democratica angloamericana, così come, leggendo tra le righe, si vede che il destinatario di questa rinnovata alleanza è Pechino. Londra e Washington ribadiscono il loro legame in un momento in cui l’assertività del Dragone – e la sua contrapposizione all’Occidente – è al massimo livello. Biden segue il solco tracciato da Trump nel contrapporsi alla Cina e nel portare avanti politiche commerciali protezioniste all’interno degli Usa (Buy American), ma devia dalla linea del 45esimo presidente per quanto riguarda i mezzi della contrapposizione. Se Trump aveva incendiato le cancellerie occidentali con la sua retorica unilateralista, mettendole di fronte ad una scelta binaria – Usa o Cina – Biden ha fatto appello alla cooperazione tra le democrazie e agli strumenti del multilateralismo per frenare l’ascesa di Pechino. Funzionerà?
Sicuramente, il mondo è molto cambiato rispetto a 80 anni fa. La guerra attuale si chiama Covid, e, per quanto la Brexit e Trump abbiano marcato un importante punto di svolta nei rapporti tra l’Europa e il mondo anglosassone e angloamericano, l’Occidente non è più diviso tra regimi fascisti e liberaldemocrazie. Resta da vedere se le nuove misure di contenimento di Pechino – cybersecurity, dispiegamento dei mezzi militari nell’indo-pacifico, guerra commerciale – avranno l’effetto di ricondurre la Cina a un rapporto meno competitivo con Washington e i suoi alleati.