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Nuove provocazioni contro Taiwan e i suoi vicini. L’aggressività di Pechino minaccia anche gli scambi e le buone intenzioni italiane

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“Le opportunità si moltiplicano man mano che vengono colte”. Sun Tzu

Mentre in Europa continua l’eco delle discussioni sulla firma del Memorandum of Understanding tra la Repubblica Popolare Cinese e il nostro Paese (29 gli accordi commerciali e istituzionali che potrebbero avere un potenziale di 7 miliardi d’investimenti), nel Golfo di Taiwan e in tutta l’area circostante continua la tensione tra Pechino e Taipei. Lo scorso 31 marzo, con iniziale stupore da parte degli analisti dell’area, due aerei da caccia cinesi (molto probabilmente due J-11) hanno attraversato la linea mediana dello Stretto di Taiwan e quindi, secondo il Ministero della Difesa nazionale taiwanese, hanno violato lo spazio aereo dell’isola nella sua area sud occidentale.

I caccia cinesi sono entrati nello spazio aereo sud-occidentale di Taiwan alle 11 di mattina e si sono ritirati dopo che è stato emesso un avvertimento radio e Taipei ha fatto decollare i suoi caccia intercettori (scrumble operation). Pare che la presidente di Taiwan Tsai abbia ordinato l’utilizzo del pugno di ferro contro gli aerei di Pechino la prossima volta che attraverseranno la “linea mediana” che separa l’isola dal continente cinese. La decisa risposta della Tsai ha confermato le preoccupazioni e l’azione ha aperto un nuovo motivo di attrito nelle relazioni sempre più complesse tra Stati Uniti, Taiwan e Cina.

Se confermata come atto intenzionale, l’incursione cinese sarebbe la prima del suo genere da diversi anni, ha detto Bonnie Glaser, direttrice del China Power Project del Centro per gli studi strategici e internazionali. “Gli aerei cinesi hanno volato attraverso la linea centrale frequentemente nel 1999”, ha detto Glaser. “Da allora, ci sono state occasioni in cui caccia della PRC hanno volato verso la linea centrale per poi virare, non la avevano attraversata da molto tempo”. Ha inoltre riferito che c’è stato un caso nel 2011, quando gli aerei cinesi hanno oltrepassato casualmente la linea. Alle 11 del 31 marzo, 2 aerei J-11 avrebbero quindi violato l’accordo tacito da lungo tempo in essere. È stata un’azione intenzionale, spericolata e provocatoria. Taipei ha quindi informato i partner regionali e condannato Pechino per questo comportamento.

La Cina e Taiwan sono state governate separatamente dalla fine di una sanguinosa guerra civile nel 1949. Pechino vede l’isola autogovernata come parte del suo territorio.

Negli ultimi 12 mesi l’esercito cinese ha incrementato il numero di esercitazioni condotte intorno a Taiwan, inclusa la navigazione della portaerei Liaoning attraverso lo stretto. Per tutta risposta, mercoledì, la presidente Tsai ha affermato che il suo governo ha presentato una richiesta di acquisto di nuovi caccia F-16 e di carri armati pesanti M1 dagli Stati Uniti, mezzi di combattimento che a suo parere, “migliorerebbero notevolmente” le capacità difensive dell’isola. Il governo cinese deve ancora rispondere alle accuse rilasciate dal Giappone o da Taiwan, ma in una conferenza stampa lo scorso giovedì, il portavoce del Ministero della Difesa Wu Qian ha detto che le potenziali vendite di armi americane a Taiwan sono “pericolose”.

Ho accennato al Giappone perché sabato scorso, le forza di autodifesa giapponese ha annunciato di aver fatto alzare in volo aerei intercettori perché aerei cinesi stavano sorvolando lo spazio di mare tra le isole giapponesi di Okinawa e Miyako. Le forze di autodifesa del Giappone hanno fatto sapere che l’aviazione cinese ha inviato quattro bombardieri Xian H-6K a lungo raggio, un aereo elettronico di contromisure Shaanxi Y-8, un aereo elettronico Tupolev Tu-154 MD e almeno due aerei da caccia attraverso lo spazio aereo internazionale tra le isole giapponesi. Non è la prima volta che la Cina effettua dei sorvoli militari sullo Stretto di Miyako – nel marzo 2018 ha condotto esercitazioni con bombardieri e aerei da combattimento nella stessa zona. Tutto questo è un chiaro segnale che Pechino tende a ribadire l’intenzione di voler giocare un ruolo egemone nell’area.

Tornando all’Italia e al MoU Italia-Cina, il centro del problema sta nell’effettiva applicazione degli auspici che i due presidenti hanno espresso alla fine del loro incontro. Il presidente Mattarella ha dichiarato: “La Via della Seta è una strada a doppio senso e lungo di essa devono transitare non solo commercio ma talenti, idee, conoscenze e progetti di futuro”. Il presidente cinese Xi Jinping che detto che l’obiettivo dell’intesa tra i due Paesi è “rafforzare le sinergie tra le rispettive strategie di sviluppo nei settori infrastrutturali, portuali e logistici, e dei trasporti marittimi” e che “guardando il mondo ci ritroviamo avanti un cambiamento epocale, la Cina e l’Italia sono due importanti forze nel mondo per salvaguardare la pace e promuovere lo sviluppo”. “La Cina vuole lavorare con l’Italia per rilanciare lo spirito di equità, mutuo rispetto e giustizia”. Se buona parte di queste due dichiarazioni trova applicazione e soprattutto, sottolineo, le due frasi chiavi: “strada a doppio senso” e “salvaguardare pace e promuovere sviluppo”, c’è da ben sperare, anche se l’Italia è il primo Paese del G7 a firmare e questo lascia spazio e critiche. A oggi sono 29 gli accordi commerciali e istituzionali che sono stati firmati tra Italia e Cina, che potrebbero (ripeto: potrebbero), avere un potenziale di 7 miliardi.

E Taiwan? Nel 2018, per la prima volta, gli scambi commerciali dell’isola con l’Italia hanno raggiunto i 5 miliardi di dollari con un avanzo commerciale per l’Italia di duecento milioni (2,4 miliardi di euro out / 2,2 in). Certo, l’Italia esporta verso la Cina per 15 miliardi di dollari e a confronto i 2,2 verso Taiwan sono solo un settimo, ma bisogna considerare le dimensioni dell’isola e la popolazione taiwanese (23 milioni di abitanti) per avere una corretta dimensione del confronto.

Taiwan, che ha un tasso di crescita che sfiora il 4 per cento, investe in Italia per 700 milioni euro facendone uno dei principali partner su tale aspetto. L’ambasciatore di Taiwan a Roma, in una conferenza stampa tenuta ieri, ha voluto inoltre ricordare che Taipei attraverso sue società assicurative private detiene circa tre miliardi di euro di titoli di stato italiani e ha già acquisito sei alberghi e nove fabbriche/società di produzione di macchine utensili nel nostro paese. Nella conferenza stampa è stato poi evidenziato che la società Ansaldo – Hitachi ha avuto una commessa che ammonterebbe a trecento milioni di euro per i settanta treni della metropolitana di Taipei e che nei prossimi giorni un gruppo d’imprenditori tessili italiani saranno a Taiwan per trovare accordi nel campo della moda che, come in tutto il mondo, è molto apprezzata. L’ambasciatore ha anche sottolineato come l’economia di Taiwan si basi, a similitudine dell’Italia, sulle piccole e medie imprese (SMEs) e che questo pone le basi per un comune accrescimento economico (win / win approach).

In conclusione, sempre ricordando che in questo momento congiunturale il nostro Paese deve fare di tutto per allargare il proprio mercato internazionale, l’Italia deve tenere presente sia il fatto che le buone relazioni commerciali con Taipei devono continuare, anche a fronte di un maggiore impegno “a doppio senso di marcia” sulla nuova Via della Seta sulla rotta verso Pechino, sia la contingenza che lo “Sharp Power” applicato nell’area dalla Cina potrebbe provocare danni notevoli agli scambi commerciali qualora si prospettasse anche una pur minima escalation militare.

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