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Obbligo vaccinale per decreto? Tutti i dubbi che non sentirete dai costituzionalisti mediatici

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Tra i molti fenomeni inspiegabili che si sono verificati da quando imperversa il Covid l’atteggiamento dei costituzionalisti italiani mi è apparso nelle ultime settimane particolarmente degno di nota.

È capitato spesso negli ultimi due anni che televisioni e giornali abbiano intervistato docenti di diritto costituzionale per conoscere il loro giudizio circa la legittimità dei provvedimenti adottati di volta in volta da Governo e Parlamento per contrastare la diffusione della pandemia.

Non mi è mai accaduto, ma posso avere trascurato qualche caso, di avere letto critiche della dottrina costituzionale, almeno di quella più in vista sui media, all’operato delle istituzioni statali o regionali che hanno ristretto, compresso, alcune volte annullato del tutto, le più elementari libertà fondamentali dei cittadini.

Una giustificazione si è sempre trovata per sorreggere la legittimità di quasi tutto ciò che è stato fatto: l’urgenza, la necessità, la straordinarietà, l’eccezionalità come fonte del diritto. L’arsenale, sebbene modesto e abbastanza ripetitivo, è valso a puntellare l’esercizio del potere statale da parte di coloro che agli occhi di milioni di impauriti lettori/telespettatori sono stati presentati come gli esperti del diritto. “E se lo dicono loro”, era il sottinteso, chi saranno mai questi gradassi che gridano al regime?

Qualche fugace accenno alla necessità di non dimenticarsi della tutela delle libertà costituzionali è stato fatto, ma più per esercizio di stile che per coscienziosa convinzione del costituzionalista mediatico.

A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, ci ha insegnato a ripetere un signore che di esercizio del potere ai massimi livelli se ne intendeva, e così mi sono chiesto se la posizione dei costituzionalisti italiani, di quelli che ho avuto modo di sentire e leggere su televisioni e giornali, non sia stata frutto anche di una non del tutto disinteressata necessità di difendere la loro consolidata presenza dentro le stanze del potere.

Una delle caratteristiche del costituzionalista mediatico, infatti, è quella di essere docente universitario e allo tesso tempo incline a ritagliarsi il ruolo di esperto al servizio delle più alte cariche della pubblica amministrazione.

Coloro che nelle aule universitarie dovrebbero discutere della natura e della latitudine delle libertà fondamentali e dell’azione del potere statale dovrebbero esercitare anche la funzione di cani da guardia del potere politico; allo steso tempo, però, si trovano a condividere le stesse preoccupazioni e i medesimi punti di vista di quanti adottano atti e provvedimenti limitativi delle libertà individuali e ciò perché si pongono non di rado al servizio di questi ultimi.

Forse si dovrebbe trovare un modo per evitare questa perniciosa commistione; così probabilmente, l’attività di insegnamento e divulgazione del diritto costituzionale sarebbe posta al riparo da interessi che potrebbero inquinarne l’obiettività.

Mi sono chiesto, ad esempio, come sia possibile per un docente di diritto costituzionale non battere ciglio davanti all’utilizzo dello strumento del decreto legge che introduce un obbligo vaccinale.

So anche io che la Corte costituzionale non ha censurato tale modus operandi ma credo che il ruolo della dottrina costituzionale non possa esaurirsi nel prendere atto “con devozione” di ciò che prescrive la Consulta.

Basterebbe riflettere sulle reale sussistenza del requisito della straordinaria necessità e urgenza dopo due anni di pandemia per dubitare della legittimità dell’uso dello strumento della decretazione d’urgenza.

L’occasione potrebbe essere poi propizia per andare oltre il luogo comune secondo il quale la Costituzione repubblicana equiparerebbe la forza del decreto legge a quella della legge ordinaria.

La lettura di “Legge. Legislazione e Libertà” di Friedrich von Hayek aiuterebbe a comprendere come la legislazione sia uno strumento di organizzazione di un apparato o un mezzo per il raggiungimento di uno scopo, mentre la legge rappresenti, in realtà, un regola generale e astratta che serve a rendere stabili e sicuri i comportamenti degli individui che possono aspettarsi sempre la medesima risposta dell’ordinamento a determinate loro condotte.

Il decreto legge non dovrebbe essere altro che una specie di ordinanza contingibile e urgente adottata dall’esecutivo con capacità di imporsi su altre norme dello stesso rango, ma con l’unico obiettivo di alterare l’ordinamento giuridico quando lo richiedono la modifica di una sua componente organizzativa o l’approntamento di una risorsa materiale per il raggiungimento di uno scopo.

Allorché invece si tratti di modificare lo status giuridico del cittadino non può che essere la legge ordinaria, quella discussa e approvata in Parlamento, l’unica fonte legittima sotto il profilo costituzionale.

La dottrina costituzionale dovrebbe inorridire davanti all’intervento del governo che modifica lo statuto della cittadinanza e impone sanzioni sulle libertà individuali; ma i costituzionalisti sono concordi, quindi il problema sarebbe già risolto alla radice. O no?

Del resto pare che nessuno voglia porsi il seguente quesito: se il governo introducesse obbligo vaccinale con decorrenza immediata, l’effetto irreversibile su coloro che si sottoporrebbero all’obbligo come sarebbe ripristinato per l’ipotesi che le Camere non convertissero in legge il decreto? Passerebbe in cavalleria la violazione dell’autonomia e della libertà dell’individuo perché così ha deciso il governo? O la dottrina costituzionale riproporrebbe il suo famosissimo ritornello: il governo risponderebbe politicamente alle Camere?

Il governo risponderebbe politicamente davanti alle Camere dopo avere impedito a milioni di cittadini di lavorare senza la previa deliberazione del Parlamento, e dopo avere costretto un numero indefinito di persone a vaccinarsi, però.

Dettagli, a quanto pare.

Mi sono interrogato, infine, sul silenzio dei docenti di diritto costituzionale davanti a quella che a me sembra una palese violazione del principio di proporzionalità.

Piccola premessa al tema: le biblioteche delle facoltà di giurisprudenza traboccano di libri e articoli di riviste sulla importanza del principio di proporzionalità. Milioni di pagine per spiegare un cardine assolutamente condivisibile e necessario in uno Stato liberal democratico e cioè che quando il potere agisce e colpisce diritti e libertà dei cittadini ciò può accadere purché lo strumento utilizzato sia adeguato a raggiungere lo scopo prefissato, lo stesso mezzo sia il meno invasivo nella sfera individuale e gli altri beni intaccati dal potere non siano sacrificati oltre misura.

Nel linguaggio pomposo del diritto costituzionale si dice che il principio di proporzionalità si declina nella adeguatezza, nella stretta necessarietà e nella proporzionalità in senso stretto.

Questo insegnamento della scienza costituzionale è ritenuto un cardine fondamentale della materia e dal suo corretto utilizzo dipende la legittimità dell’azione dell’amministrazione e del legislatore.

Ebbene, quali evidenze ha il governo sulla validità dei nessi causali che consentirebbero di giudicare strettamente necessaria la vaccinazione per una determinata categoria di cittadini? Il 90 per cento della popolazione è vaccinata e ciononostante si registrano circa da 150-200 mila contagi giornalieri.

Possiamo dire che l’intervento del legislatore abbia rispettato la proporzionalità sotto i tre profili della adeguatezza, necessarietà e stretta proporzionalità?

Possiamo dire, ancora, che l’obbligo vaccinale per gli over 50 rispetti l’insegnamento che la Corte costituzionale ha dato con la sentenza n. 5/2018, laddove ha precisato che la vaccinazione obbligatoria è legittima solo se non si limita a essere utile solo per la cura del soggetto al quale viene imposta ma deve essere indispensabile per salvaguardare la salute altrui?

Anche su questo aspetto ancora nessun costituzionalista mediatico ha fatto osservazioni degne di nota. Magari non se ne ravvisano le ragioni, oppure a pensar male…