A chi la danno a bere, oggi, i partiti politici? Per capire meglio dove sta andando l’Italia, una buona indicazione è quella di tentare di identificare i movimenti con una bevanda. Cominciamo la lista con la Lega di Salvini: è diventata un energy drink, ovvero quelle popolarissime bevande non alcoliche che contengono sostanze stimolanti, come la caffeina e la taurina. L’effetto è dirompente, e consente di stare svegli per tre notti senza dormire: e chi si trova ad avere a che fare con i disturbi del sonno, rischia di pregiudicare le prestazioni durante il giorno, inducendo ad un ulteriore consumo di queste bibite per combattere lo stato di sonnolenza. Matteo Salvini comunque ha compiuto un miracolo: trasformare la Lega Nord di una volta, quella di Umberto Bossi e che somigliava a una gazzosa, in un prodotto amato anche dai consumatori più giovani, che apprezzano tutti i brand che evocano energia e velocità. Ma la Lega, è bene ricordarlo, ha corso le ultime elezioni insieme a Forza Italia: il partito di Silvio Berlusconi, visto dagli esperti di marketing, somiglia a uno yogurt scaduto. Però, grazie all’abilità del suo venditore, nonostante tutto, c’è sempre qualcuno disposto a comprarlo, specie nella confezione famiglia: in realtà qui il problema, oltre che di contenuto, è di packaging, visto che anche la grafica non è mai stata cambiata ed è rimasta sempre la stessa, fin dalla fondazione. Un cambio del brand è consigliato vivamente, prima del passaggio del camion della nettezza urbana. Chi invece viene visto come una birra, bionda, è il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia: spumeggiante a ogni partenza, poi si spegne fino alla prossima riapertura di una campagna elettorale. Nel frattempo si mette in frigorifero, e da quella posizione, ben nascosta, non riesce mai a farsi vedere. Riflettendo sulle possibilità che il mercato ha offerto alle birre a zero gradi, forse non è indispensabile continuare a usare le bottiglie ad alta gradazione alcolica.
Altri fronti. Il M5S di Beppe Grillo è la classica bevanda no logo: è il tipico contenitore che, non avendo etichette, può confondere il pubblico intero che all’interno cerca qualcosa che non troverà mai. E’ come la boccia che viene consegnata dal contadino di turno, appena tornato da una giornata di lavoro in campagna, condita dalla fatidica promessa, che a volte può apparire come una minaccia: “Non le dico cosa c’è ma la prenda, è buonissima, altrimenti mi offendo”. Timoroso, l’inurbato accoglie il regalo pur di non sembrare scortese. Alcuni vogliono l’alcol, ma lì dentro non se ne trovano tracce; altri la bevanda salutista, ma appena la assaggiano se ne allontanano. Alla fine quel contenitore scontenterà tutti, ma intanto tutti si saranno sottoposti a una degustazione, per vedere l’effetto che fa. Magari chiedendo pure un passaggio, grazie all’ambulanza, al più vicino pronto soccorso, per una lavanda gastrica.
Il Pd, che era nato come un partito ad alto tasso alcolico, adatto a un pubblico adulto, dopo Matteo Renzi si è trasformato in una camomilla: nei dibattiti che hanno protagonisti gli eletti del Partito democratico la gente si addormenta. Il problema è nato con Renzi, che non ha capito la funzione dell’alcol, il classico “non nutriente”: progettato per essere metabolizzato in piccole quantità, il vino della politica del Pd è stato invece distribuito da Matteo in dosi massicce, specie in occasione del referendum. Il passaggio del governo nelle mani di Paolo Gentiloni ha assecondato la trasformazione nella bevanda ideale per le sue proprietà sedative e calmanti: la camomilla è perfetta in caso di tensione nervosa e stress, perché provoca una sensazione di piacevole rilassamento con effetto calmante sul nervosismo e l’ansia. Purtroppo gli elettori chiedono altro, e in tempi brevi. Nell’elenco dei partiti, a sinistra ora manca solo Leu: visto che siamo alla fine delle degustazioni, il suo nome fa pensare a un lassativo, in un partito di chi ancora ama le purghe, in questo caso staliniane. Forse il paragone più adatto è quello con la dolce Euchessina. Già, Leu-chessina.