Molti tra analisti, giornalisti e osservatori hanno posto attenzione alla nomina del nuovo comandante della Forza Qods, ovvero di colui che formalmente ha preso il posto di Qassem Soleimani. Il nuovo comandante è Ismail Qaani, ex vice di Soleimani, nominato da Khamenei il 9 gennaio 2020.
Ghaani è nato a Mashhad, ha 63 anni ed è entrato nelle Guardie Rivoluzionarie nel 1980. Nella sua carriera, è stato più volte impiegato ad est, soprattutto in Afghanistan, Pakistan e Turkmenistan. In Afghanistan, in particolare, Ghaani ha contribuito ad estendere l’influenza iraniana soprattutto alle locali comunità sciite degli Hazara e nel dialogo con i Talebani. Ancora nel 2018, Ghaani veniva fotografato al fianco del governatore della provincia afghana di Bamiyan, provincia a maggioranza sciita. Ricordiamo che il regime iraniano usa i rifugiati afghani (e pakistani) come carne da macello per la sua jihad: questi rifugiati, inquadrati nella Divisione Fatemiyoun, vengono spediti a morire per Assad nella guerra siriana, in cambio di uno stipendio e della promessa di un passaporto iraniano. Ovviamente, quasi tutti tornano all’interno di bare e vengono seppelliti anonimamente in cimiteri sperduti in Iran…
Se Ghaani ha attirato l’attenzione dei più, è praticamente passata inosservata la nomina del suo nuovo vice comandante: si tratta del generale Mohammad Hejazi. È un peccato che su di lui non si stia ponendo la stessa attenzione, perché è probabilmente proprio Hejazi il vero erede di Qassem Soleimani. Ed è probabilmente a lui che Khamenei ha pensato quando ha detto che la Forza Quds è una forza di “combattenti senza frontiere” (su questo torneremo dopo).
Il generale Hejazi ha 63 anni e anche lui ha iniziato la sua carriera nei Basij negli anni ’80, condividendo con Qassem Soleimani la repressione delle manifestazioni nel Kurdistan iraniano. Negli anni successivi, quindi, Hejazi ha orientato buona parte della sua carriera all’estero ad ovest, in particolare a sostegno del gruppo terroristico libanese Hezbollah. Secondo l’intelligence israeliana, era proprio Hejazi il comandante del personale iraniano in Libano e fu lui che, nell’agosto del 2019, coordinò il trasferimento di missili di precisione ad Hezbollah.
Non solo politica esterna: Hejazi è conosciuto anche per le sue posizioni idelogiche fortemente conservatrici. Posizioni che lo hanno portato ad influenzare non solo l’elezione di Ahmadinejad a presidente nel 2005, ma anche a guidare la repressione delle proteste dell’Onda Verde nel 2009 (in quel periodo Hejazi era a capo della Sarallah Base, la base dei Pasdaran a Teheran). Proprio per le violazioni dei diritti umani da lui commesse, dopo il Dipartimento di Stato Usa nel 2007 anche la stessa Unione europea nel 2011 ha inserito il generale Hejazi nella lista delle personalità del regime soggette alle sanzioni internazionali. Anche questo aspetto unisce Hejazi a Soleimani: le posizioni politiche interne di Soleimani, infatti, erano fortemente conservatrici, tanto che fu uno dei generali Pasdaran che, nel 1999, mandò una lettera a Khatami chiedendo di reprimere nel sangue la protesta degli studenti di Teheran.
Un’ultima annotazione, tornando ad un tema affrontato poco fa: così come si è posta poca attenzione alla nomina di Hejazi, ancora meno alla definizione data dalla Guida Suprema Khamenei della Forza Quds come “combattenti senza frontiere”. È uno slogan coniato per la prima volta da Khamenei nel dicembre del 2019 e ripetuto durante il sermone dello scorso venerdi 17 gennaio 2020. Questo slogan è quindi diventato un hasthag in Farsi, diffuso sui social dai sostenitori del regime. Si tratta di uno slogan ben pensato, sia a livello di propaganda che come indicazione politica. Per quanto concerne la propaganda, “Combattenti Senza Frontiere” trae diretta ispirazione da gruppi come Reporters Senza Frontiere e Medici Senza Frontiere. Nei fatti, quindi, Khamenei ha attinto a concetti umanitari partoriti in Occidente, per provare a definire una cornice di legittimità ideologica alle operazioni di sostegno al terrorismo internazionale da parte della Repubblica Islamica.
Per quanto concerne l’aspetto politico, per mezzo di questa definizione, Khamenei sembra voler passare ufficialmente ad una seconda fase, quella in cui il regime non prova più a nascondere le azioni della Forza Quds ma, anzi, le legittima, attribuendole una maggiore libertà operativa all’interno della politica estera iraniana.
L’ennesima dimostrazione che il Ministero degli esteri a Teheran è solamente una scatola vuota, priva di potere reale, buona da usare per vendere bei sorrisi ad ingenui e creduloni ministri occidentali…