Libertà, protezione, progresso. Sono questi i tre “pilastri” del manifesto del presidente francese Macron pubblicato ieri sui principali quotidiani europei e tradotto in ben 24 lingue. Un po’ come dire destra, sinistra ma anche centro e liberali. Tre parole dense di storia e significati, nel tentativo di coprire, e coprirsi un po’ su tutti i fianchi politici ma, a ben vedere, su nessuno. Furbizie renziane, “maanche” di veltroniana memoria…
Un manifesto in cui si appella direttamente ai cittadini d’Europa in vista dell’appuntamento elettorale di maggio per il rinnovo del Parlamento europeo e li chiama a sostenere il suo “Rinascimento europeo” contro i nazionalismi. Ma, aggiunge, “anche coloro che non vorrebbero cambiare nulla sbagliano, perché negano le paure che attanagliano i nostri popoli”. Ed è da qui che parte, riconoscendo le “esigenze di protezione dei popoli” europei.
Pone l’accento sulla difesa dei confini, sulla necessità di un “rigoroso controllo delle frontiere” e di una comune politica di asilo, con le stesse regole di accoglienza ma anche di “rifiuto”. Propone “una polizia comune delle frontiere e un ufficio europeo dell’asilo”, oltre a un “Consiglio europeo di sicurezza interna”. Insiste per una difesa e sicurezza comune, da suggellare con un trattato, l’aumento delle spese militari e un Consiglio di sicurezza europeo. Protezione declinata anche in campo commerciale, per una “giusta concorrenza” (la sentite, vero, una certa eco trumpiana) bisogna “punire o proibire le aziende che ledono i nostri interessi strategici ed i nostri valori essenziali, come le norme ambientali, la protezione dei dati ed il giusto pagamento delle tasse; e assumere, nelle industrie strategiche e nei nostri appalti pubblici, una preferenza europea come fanno i nostri concorrenti americani o cinesi”.
Troviamo molta protezione anche nel paragrafo dedicato al “progresso”, dove Macron propone una “stessa retribuzione sullo stesso luogo di lavoro” e “un salario minimo europeo”. L’idea di progresso? Un’economia a zero carbonio entro il 2050, istituendo una “Banca europea per il clima” per “finanziare la transizione ecologica”; “supervisione europea delle grandi piattaforme” web; un “Consiglio europeo dell’innovazione” dotato di un budget per finanziare l’innovazione.
Di “libertà” nel paragrafo in teoria ad essa dedicato ce n’è pochina, anche qui troviamo protezione (e censura): si propone “un’Agenzia europea di protezione delle democrazie che fornirà esperti europei ad ogni Stato membro per proteggere il proprio iter elettorale contro i cyberattacchi e le manipolazioni”. E se è condivisibile un divieto di finanziamento dall’estero ai partiti politici europei, rischia invece di aprire le porte alla censura la volontà di “bandire da Internet, con regole europee, tutti i discorsi di odio e di violenza” (chi sarà il controllore?).
Insomma, la “protezione” è un po’ ovunque: su molte proposte, dal “rigoroso controllo delle frontiere” al protezionismo economico, potrebbe concordare persino l’odiato Salvini; su altre, anche Di Maio e Grillo, dal salario minimo allo zero carbonio. Qualcuno potrebbe intravedervi una brillante sintesi gialloverde… Il tutto condito da massicce dosi di programmazione e dirigismo old style: supervisione, agenzie, consigli, banche, budget, finanziamenti. Ogni politica viene accentrata a Bruxelles (o a Parigi e Berlino?): interni e difesa – e ci sta – ma anche politica industriale, salari minimi, pianificazione della “transizione ecologica” e persino l’innovazione diretta e finanziata dall’alto. Il problema è che in fondo, Macron è un sovranista, sebbene soft e ben educato. Di “Rinascimento”, della sua varietà e pluralità politica e culturale, c’è molto poco, a nostro avviso, nel suo manifesto-appello. Il titolo più appropriato sarebbe stato: “Per un Centralismo europeo”.