Perché i migranti scappano dai Centri? Hawala è la parola “magica” che spiega (quasi) tutto

4.7k 0
generica_porro_1200_5

Quando si affronta un argomento sensibile come quello dell’Hyper Immigration illegale in Italia e delle sue possibili conseguenze e motivazioni, è cosa opportuna definire i confini del ragionamento. Innanzitutto, il lettore deve sapere che i Centri di accoglienza per richiedenti asilo (C.A.R.A.) sono strutture in cui sono accolti i migranti appena giunti in Italia irregolarmente che intendono chiedere la protezione internazionale. I C.A.R.A sono stati istituiti a seguito della riforma del diritto d’asilo, conseguente al recepimento di due direttive comunitarie (Dpr 303/2004 e D.Lgs. 28/1/2008 n. 25), e sono gestiti dal Ministero degli interni. Sempre per capire di cosa stiamo parlando, si chiama Hawala il più famoso e storico sistema finanziario informale nel mondo arabo, che essenzialmente si basa su un rapporto fiduciario tra il richiedente che dispone la rimessa e il broker che la materializza. È, semplificando molto, una cambiale pagata a distanza.

Il sistema di finanziamento è molto usato, come detto, nei Paesi arabi, anche dalle organizzazioni terroristiche. È funzionale a trasferire denaro, molte volte di provenienza illecita, senza passaggi fisici. Il sistema prevede la partecipazione di quattro attori: 1) l’ordinante, cioè la persona che vuole trasferire il denaro; 2) l’hawaladar, che altro non è che il banchiere di strada che, nel Paese di origine del trasferimento di denaro raccoglie dall’ordinante i fondi da trasferire nella valuta del Paese stesso; 3) l’hawaladar in Italia o in altro Paese europeo di destinazione del trasferimento di denaro, che liquiderà la somma al beneficiario, nella moneta corrente del Paese dove si trova; 4) il beneficiario, colui al quale il denaro è destinato, nel caso dell’Italia potrebbe essere un migrante illegale.

In sostanza, il meccanismo è il seguente: l’ordinante che vuole raggiungere l’Italia consegna il denaro all’hawaladar, cioè all’intermediario che si trova nel suo Paese. L’intermediario comunica all’ordinante un codice di autenticazione che questi ricorderà una volta giunto in Italia. Una volta terminato il viaggio, l’ordinante si presenta all’altro hawaladar, cioè l’agente che risiede nel Paese di arrivo, che, una volta verificato il codice, liquiderà la somma convenuta al beneficiario. La caratteristica peculiare di tali sistemi è che non esiste alcun trasferimento fisico di denaro, bensì un apparato di trasferimenti e accordi in codice, prevalentemente telefonici, che alla fine comportano dei sistemi di compensazione.

Tale compensazione potrebbe avvenire anche per il tramite del canale bancario formale dell’hawaladar residente in un Paese di partenza dei migranti che trasferirebbe il denaro di tante rimesse da lui raccolte al suo corrispondente in Italia su un conto che non necessariamente è aperto in una banca nel Paese dove il secondo risiede fisicamente. E il gioco è fatto! I “banchieri di strada”, nel caso specifico gli hawaladar, opererebbero generalmente in attività commerciali (bazar, alimentari, compro oro, phone center, etc) che nulla hanno a che vedere con le banche o attività a norma e controllabili.

Ora, torniamo agli eventi dei nostri giorni e alla “Madre di tutti i casi” e cioè alla vicenda di Nave Diciotti, prima sbandierata e poi, scoperto che non c’erano reati, nascosta come polvere sotto il tappeto. Il motivo del cambio di facciata? Quasi tutti i migranti che si trovavano sulla Nave Diciotti sono scappati dai centri nei quali erano in affido. Si sono dileguati nel nulla. Scomparsi! Si sono dati alla clandestinità tutti gli immigrati maggiorenni sbarcati dalla Nave Diciotti e affidati alla Conferenza Episcopale Italiana o al C.A.R.A. di Messina. Corre l’obbligo ricordare che, per la legge, queste persone hanno libertà di movimento e quindi non sono sottoposte alla sorveglianza dello Stato. Ma erano comunque persone così “disperate” che hanno preferito rinunciare a vitto e alloggio garantiti per andare chissà dove. L’ennesima prova che chi sbarca in Italia, nella stragrande maggioranza dei casi, non scappa né dalla fame né dalla guerra, e dispone sia di appoggio/collaborazione in Italia, sia di denaro nel Paese di origine.

Per fortuna, finalmente, tutte le persone sbarcate – hanno riferito fonti del Viminale – sono state identificate con rilievi foto dattiloscopici e inserite in un sistema digitale europeo. Questo sembrerebbe molto importante quando messo in sistema con l’Hawala. Infatti, notizie di stampa hanno evidenziato che lo scorso autunno a Napoli nella moschea di via Torino, invece di pregare si raccoglievano “ordinativi” di passaporti. Pare che un ghanese invece di incontrare i “fratelli”, accontentasse clienti da tutta Italia. Seguendo le tracce del cittadino ghanese, e le voci che giravano nel rione, è finita sotto sequestro in pieno centro storico un’efficiente centrale di produzione di documenti contraffatti per stranieri. Fonti giornalistiche hanno scritto di ingenti quantitativi di passaporti falsi disponibili e pronti a essere venduti a migranti nel caso specifico di religione islamica.

Mettendo insieme queste notizie si potrebbe quindi formulare un’ipotesi che sicuramente le forze di polizia e antiterrorismo in Italia stanno studiato e analizzando. Prima di partire dal suo Paese l’immigrato (che non scappa e dispone di denaro) organizza con l’hawaladar del posto la possibilità di avere in Italia dei fondi “sicuri”, non potendo avere valori con sé durante i movimenti verso Turchia, Libia o Tunisia che sono, purtroppo per il nostro Paese, i principali paesi di transito e partenza. Appena giunto in Italia, e avendo comunque sia rischiato notevolmente durante il tragitto per arrivare a destinazione, sia ben pagato alla partenza chi ha gestito il suo trasferimento, il migrante non può certo permettersi di restare nel C.A.R.A.. Fino a quando fosse trattenuto, infatti, non potrebbe in alcun modo raggiungere la città dove ci sono ad attenderlo l’hawaladar e, soprattutto, i suoi soldi.

Non appare nemmeno necessario che chi parte fornisca prima del viaggio all’hawaladar di partenza il denaro. Potrebbe anche configurarsi la possibilità che un migrante appena in Italia informi del suo arrivo la famiglia (tutti i migranti vengono presto in possesso di un telefono cellulare di ultima generazione e, a quanto riportano alcuni organi di stampa, di una MasterCard), la quale poi provvede al trasferimento di denaro in sicurezza dell’arrivo a destinazione del congiunto. Avuta conferma telefonica dell’avvenuto trasferimento/accredito il migrante illegale cercherebbe di raggiungere il suo “banchiere”. Una volta in possesso del denaro, il migrante cercherebbe di trovare il modo di procurarsi un passaporto falso per uscire dal nostro Paese o circolare liberamente. Quanto citato per Napoli e la moschea di via Torino è solo un esempio di come sia possibile reperire clandestinamente il documento agognato se si ha la possibilità di pagarlo.

Compreso questo, appare assolutamente funzionale a impedire l’emissione dei passaporti falsi, la decisione del Ministero degli interni di identificare tutti i migranti in arrivo con rilievi fotodattiloscopici e inserire i dati nel sistema europeo. Un falso sarebbe individuato in un qualsiasi aeroporto, atteso che la foto nel passaporto deve essere comunque quella del portatore.

Certo, non tutti i migranti illegali scappano dai C.A.R.A. e, anzi, qualcuno potrebbe cercare di rientrarvi avendo bisogno di protezione, come uno dei possibili barbari aguzzini, e poi probabile testimone, della morte della povera Desirée, che ha pensato bene di scappare da Roma e andare al C.A.R.A. in provincia di Foggia. A molti non è passato inosservato il fatto che come “il cinghiale ferito prova a tornare nella tana”, anche questo delinquente stesse cercando rifugio e/o protezione vicino la città pugliese. In conclusione, quella del possibile utilizzo del sistema Hawala è solo un’ipotesi sul perché molti immigrati farebbero di tutto per abbandonare i C.A.R.A. o altri centri di accoglienza e poi sfuggire ai controlli. Lascio al lettore la risposta alla seguente domanda: è più conveniente aiutare a raggiungere o attraversare i confini un migrante illegale con possibilità di spesa, o uno senza denari? Come diceva il “Divin Giulio”: “Pensare male è peccato… ma qualche volta ci si azzecca”!

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version